Le vittime dell'esplosione alla mosche di Peshawar - Ansa
Un’esplosione durante la preghiera ha ucciso nella città nord-occidentale di Peshawar, in Pakistan, una sessantina di musulmani sciiti. Ad essere colpita da una potente esplosione è stata la moschea Kucha Risaldar nella parte vecchia del grande centro abitato che si trova presso il confine afghano e che rappresenta la “porta” per l’unico accesso terrestre ufficiale al Paese vicino, quello che attraversa il Passo di Khyber.
Secondo il responsabile locale della polizia è possibile che, dato l’elevato numero di feriti tra i 150 fedeli stimati nella moschea al momento dell’esplosione, il numero dei morti possa crescere ancora. Sempre secondo le autorità per la sicurezza, responsabili della carneficina sarebbero stati due uomini armati che hanno cercato di entrare nella mosche affollata di fedeli. Uno è stato ucciso dagli uomini di guardia, che pure hanno avuto una vittima, mentre l’altro è riuscito ad entrare nella principale sala di preghiera e a detonare l’esplosivo che portava con sé.
Nessuna rivendicazione al momento, anche se gli attacchi contro la comunità sciita, una consistente minoranza a cui appartiene il 20 per cento di pachistani, in maggioranza di appartenenza sunnita, non sono infrequenti e sovente letali.
Gli sciiti in particolare sono nel mirino di organizzazioni estremiste e terroristi di matrice sunnita che li considerano estranei all’ortodossia islamica, in una regione sottoposta alle azioni delle affiliazioni locali dell’autoproclamato califfato islamico, Daesh, e dei Taliban. Immediata la condanna del premier pachistano Imran Khan, che nell’area di Peshawar ha la sua roccaforte elettorale, oltre che condividere la stessa etnia Pashtun degli abitanti.