L'ospedale di Emergency a Kabul in un'immagine d'archivio - Ansa
«Possiamo accogliere solo malati in pericolo di vita, abbiamo solo quattordici letti disponibili e devono essere pronti per le urgenze che potrebbero giungere nelle prossime ore. Le terapie intensive sono piene», racconta Alberto Zanin, coordinatore medico di Emergency a Kabul.
Da domenica, 175 malati hanno bussato alle porte del Centro per le vittime di guerra dell’Ong. Di questi, 63 nelle ultime 24 ore: nove sono morti poco dopo l’arrivo. Quattro erano stati feriti da colpi di arma da fuoco durante i tafferugli all’aeroporto di lunedì. La struttura ha potuto prendere in carico solo gli otto più gravi: il resto è stato trasferito nelle altre cliniche della città. Il viavai al pronto soccorso di Emergency è intenso.
Eppure, a Kabul, si respira una calma irreale. Certo, il traffico è diminuito, c’è meno gente per strada ma non il deserto. La gran parte continua a recarsi al lavoro, incluse le donne. «Sembra perfino più tranquilla di qualche giorno fa. Accanto a noi, c’è un check-point dei taleban. I miliziani, armati, controllano i documenti dei passanti. Non abbiamo visto momenti di tensione. Durante la notte, però, abbiamo sentito numerose raffiche di Kalashnikov», prosegue Zanin.
Lunedì sera, Emergency avrebbe dovuto avere il primo colloquio con le nuove autorità sanitarie, l’appuntamento poi è slittato a ieri. «Consideriamo positivo che vogliano relazionarsi con noi. Per il resto, restiamo in attesa di capire». Nel mezzo della tormenta politica, l’organizzazione creata da Gino Strada continua ostinatamente il proprio lavoro: curare le persone, salvare vite, qualunque vita.
«Il nostro staff sta venendo al lavoro regolarmente. Tutti, uomini e donne, di qualunque etnia, inclusi gli hazara (minoranza duramente colpita dai taleban durante il precedente regime, ndr). Non c’è stata alcuna defezione – sottolinea il coordinatore medico –. Negli ultimi anni, il nostro personale femminile è aumentato, abbiamo formato e assunto varie anestesiste. Nessuna di loro si è fermata. Vengono regolarmente e fanno lo stesso lavoro di sempre».
L’unica variazione riguarda l’abbigliamento. Negli ultimi tempi, hanno ripreso a indossare i vestiti tradizionali. «Immagino a scopo cautelativo», dice Zanin. Per il momento, non c’è stata alcuna restrizione ufficiale. Anzi, i taleban vittoriosi si sforzano di mostrarsi concilianti. «Non abbiamo ricevuto alcun ordine di modificare le nostre attività, dunque proseguiamo come abbiamo fatto finora».