Un bambino su TikTok - .
Non si arresta il dibattito sui danni che provocano i social media negli Stati Uniti e, dopo la decisione di New York dello scorso febbraio di fare causa a TikTok, Facebook e YouTube per danni alla salute mentale di bambini e ragazzi (perché le piattaforme di Meta, Snap, ByteDance e Google sarebbero state «consapevolmente progettate, sviluppate, prodotte, gestite, promosse, distribuite e commercializzate per attrarre, catturare e creare dipendenza nei giovani, con una supervisione minima da parte dei genitori»), la palla passa alla Florida.
Il governatore Ron DeSantis ha infatti firmato una legge mirata a proteggere i bambini dai potenziali danni dei social media. Ai sensi della nuova legislazione, che entrerà in vigore il primo gennaio del 2025, ai bambini di età inferiore ai 14 anni è vietato l'accesso alle piattaforme di social media, mentre i ragazzi di 14 e 15 anni devono ottenere il consenso dei genitori. Questa misura, necessaria secondo i suoi sostenitori che citano preoccupazioni per i rischi per la salute mentale associati all'uso eccessivo dei social media, impone alle piattaforme di cancellare gli account di coloro che hanno meno di 14 anni e individui di età inferiore ai 16 anni privi di approvazione genitoriale. Di più: le aziende di social media sono tenute ad implementare sistemi di verifica di terze parti per escludere gli utenti minorenni, oltre che ad eliminare definitivamente i dati personali dagli account cancellati.
Meta, la casa madre di Instagram e Facebook, si è ovviamente opposta alla decisione, esprimendo preoccupazioni per la discrezionalità genitoriale e le implicazioni sulla privacy dei dati. Il disegno di legge, d'altronde, non nomina esplicitamente piattaforme specifiche, mettendo tuttavia nel mirino quelle che presentano «scrolling infinito», metriche di reazione, video in riproduzione automatica e notifiche push: come dire, esattamente quelle del colosso di Zuckerberg.
La Florida si unisce a un numero crescente di Stati, tra cui Utah, Arkansas, Louisiana, Ohio e Texas, nell'emanare legislazioni per regolare l'accesso dei bambini ai social media. La mossa riflette una tendenza più ampia negli Stati Uniti, con numerosi stati che considerano normative simili. E col dibattito che ha toccato il suo apice con la seduta al Congresso dello scorso 31 gennaio, trasformatasi in una sorta di processo ai capi dei più grandi social network di tutto il mondo accusati di «rovinare vite umane».
L'allarme delle autorità scientifiche
L'anno scorso il Surgeon General, la massima autorità di salute pubblica statunitense, ha messo ufficialmente in relazione la devastante crisi di salute mentale nel Paese con l’utilizzo dei social media. Una crisi che nasce ben prima della pandemia e che vede la curva dei sintomi depressivi nell’età 13-17 anni crescere a partire dal 2012, anno in cui Facebook acquisì Instagram e ne promosse l’enorme diffusione.
Quel rapporto rilevava che «l'uso frequente dei social media può essere associato a cambiamenti nell'amigdala (la zona del cervello che gestisce le emozioni) e nella corteccia prefrontale (importante per il controllo degli impulsi, la moderazione del comportamento sociale), e potrebbe aumentare la sensibilità alle ricompense e alle punizioni sociali». Ancora: il dossier citava una ricerca secondo cui fino al 95% degli adolescenti americani ha detto di utilizzare almeno una piattaforma di social media, mentre più di un terzo ha dichiarato di utilizzare i social media «quasi costantemente». Con il 40% rappresentato da bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, anche se l'età minima richiesta per la maggior parte dei siti è di 13.
Di lì l'avviso ufficiale in cui si sottolineava che «c'è un legame specifico tra il tempo trascorso sui social media e la depressione e l'ansia», oltre che l'appello per «un'azione urgente da parte di politici, aziende tecnologiche, ricercatori, famiglie e giovani per raggiungere una migliore comprensione del pieno impatto dell'uso dei social media, massimizzare i benefici e ridurre al minimo i danni delle piattaforme di social media e creare ambienti online più sicuri e più sani per proteggere i bambini».
La situazione in Italia
Anche in Italia troppi bambini frequentano i social prima del dovuto e vivono esperienze negative online, soprattutto su Youtube. Secondo una recente ricerca dell'Università Cattolica su tema addirittura oltre la metà (il 53%) degli adolescenti tra gli 11 e i 13 anni afferma di aver avuto esperienze negative online «gravi e ripetute». Tutti i dati continuano a confermare la necessità di sostenere e promuovere progetti di alfabetizzazione mediatica e digitale e progetti educativi a tutela dei minori, che favoriscano la realizzazione anche di programmi di comunicazione, basati sull’uso delle nuove tecnologie, lavorando in sinergia con le altre istituzioni coinvolte nel tavolo interistituzionale e coinvolgendo i fornitori di servizi di media e le piattaforme di condivisione video.