mercoledì 15 gennaio 2025
Decimati a Gaza, scacciati in Nigeria. E in Libia, nonostante gli accordi con Italia e Ue, i credenti devono nascondersi
MIgranti cristiani pregano in un campo di prigionia statale in Libia

MIgranti cristiani pregano in un campo di prigionia statale in Libia

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Diminuisce il numero di cristiani uccisi a causa della loro fede. Aumenta la composizione della “chiesa profuga”. E nell’anno del Giubileo le persecuzioni nel mondo sono una gigantesca macchia rosso sangue sul planisfero. Un martirio di massa che però lascia sperare anche laddove sembrava impossibile che le cose andassero meno peggio. «Il fenomeno della Chiesa profuga cresce anche quest’anno, dunque, cosa che non sorprende - si legge nel rapporto di “Porte Aperte” - visto l’aumento di profughi e rifugiati registrato a livello internazionale: il mix di violenze, minacce e discriminazioni rendono la fuga l’unica alternativa».
Nonostante la cronaca internazionale, «le forme più estreme di violenza contro i cristiani in Indonesia sono diminuite durante il periodo in esame». Era uno dei Paesi cerchiato in rosso per la costante pressione sui cristiani. Nella lista nera della violenza religiosa è passato da «estremamente alta» un anno fa, «mentre ora è scesa nella fascia “molto alta”. Anche se può sembrare una distinzione di poco conto, il calo - spiega “Open Doors” - è stato dovuto principalmente a un anno in cui le uccisioni documentate di cristiani per motivi religiosi e gli attacchi contro le chiese sono diminuiti. La riduzione della violenza ha fatto scendere abbastanza il punteggio totale dell’Indonesia da portare il paese fuori dai primi 50».

In Africa per la prima volta da molti anni, diminuiscono le uccisioni di cristiani da 4.998 a 4.476. Il dato più rilevante arriva dalla Nigeria, seppure il calo ne fa «l’epicentro dei massacri con 3.100 vittime, mentre aumentano nei Paesi attorno», per non dire del «costante aumento di vittime di abusi, stupri e matrimoni forzati», che in tutto il mondo sono stati 3.944. Un dato inevitabilmente sottostimato a causa di paura e omertà, non caso definito nel dossier come «la punta di un iceberg». Il Paese più vicino all’Italia tra quelli in cima al campionario di abusi e violenze contro i cristiani dista meno di 500 chilometri: è la Libia, stabilmente al quarto posto nella classifica, dove «la piccola comunità cristiana in Libia è estremamente attenta a evitare una ripetizione della repressione del marzo 2023, che ha portato all’arresto di numerosi cristiani». Violenze perpetrate soprattutto contro i migranti e profughi cristiani, spesso costretti a nascondere la propria fede alle autorità che, a loro volta, beneficiano del sostegno diretto di Italia e Unione Europea.

In tutti i continenti «diminuiscono gli attacchi contro chiese (da 14.766 a 7.679), mentre crescono le case e i negozi attaccati (da 27.171 a 28.368)». Troppo presto per fare previsioni in Siria, dove prima della caduta di Assad i saccheggi delle chiese erano leggermente calati a un anno dal terremoto del febbraio 2023. «L’aumento della criminalità, della corruzione, della discriminazione religiosa e dell’instabilità politica alimentano la paura. Questo sta spingendo un’emigrazione cristiana che altera la demografia di una delle culle del cristianesimo», si legge ancora. La guerra Israele-Hamas a Gaza sta decimando la comunità cristiana definita «sull’orlo dell’estinzione» nella Striscia e in Cisgiordania. In tutta la Palestina «le restrizioni esistenti imposte dalle autorità israeliane sono state ulteriormente rafforzate dopo l’inizio della guerra. Tutto questo ha spinto molte famiglie cristiane a emigrare alimentando il fenomeno della Chiesa profuga».
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