Un'immagine giovanile del leader di hamas Mohammad Deif ucciso in un raid israeliano - Reuters
E non rimase nessuno. Se l’obiettivo di Israele è chiaro – sterminare la governance di Hamas dentro e fuori la Striscia di Gaza –, la conta alla rovescia indica come prossimo obiettivo l’imprendibile Yahya Sinwar, il capo dell’organizzazione nell’enclave, al quale servizi segreti ed esercito dello Stato ebraico danno la caccia da quasi dieci mesi. Dopo l’eliminazione di Ismail Haniyeh, con una bomba esplosa nella notte tra martedì e mercoledì nell’edificio di Teheran dov’era ospitato, Tel Aviv ha sciolto la riserva e ha ufficializzato l’uccisione del numero due di Hamas nella Striscia, il leader dell’ala militare Mohammed Deif. Uccisione avvenuta nel raid che il 13 luglio fece strage nell’area umanitaria costiera di al-Mawasi, nell’estremo sud della Striscia. In quell’occasione il ministero della Salute di Hamas denunciò 90 vittime ma smentì che Deif fosse rimasto ucciso. Giovedì l’esercito israeliano ha comunicato che «in seguito a un rapporto di intelligence, può essere confermata l’eliminazione di Mohammed Deif». Nel mirino dei caccia era finita la villa di Rafa Salameh, un comandante della Brigata Khan Yunis di al-Qassam, braccio armato di Hamas. Fonti di intelligence davano Deif presente nella villa. «Questa operazione riflette il fatto che Hamas si sta disintegrando e che i terroristi di Hamas dovranno arrendersi o saranno eliminati» ha dichiarato il ministro della Difesa, Yoav Gallant, definendo Deif «il Bin Laden di Gaza» e la sua uccisione «un passo cruciale verso lo sradicamento di Hamas».
Un altro duro colpo all’organizzazione era stato inferto l’8 marzo con l’eliminazione di Marwan Issa, considerato il numero tre nella Striscia. Il vice capo dell’ufficio politico, Saleh al-Aouri, era stato ucciso il 2 gennaio a Beirut, nel quartiere di Dahieh roccaforte di Hezbollah.
A differenza di quant’è avvenuto per Haniyeh, manca però l’annuncio da parte di Hamas della morte di Deif. «Confermare o negare il martirio di uno qualsiasi dei leader Qassam – ha scritto su Telegram Izzat al-Rashq, membro del gruppo terroristico – è una questione che riguarda la leadership delle Brigate Qassam e quella del movimento». «Deif sta bene e ascolta le affermazioni sul suo assassinio» ha rincarato un alto funzionario di Hamas, Mahmoud Mardawi, citato dall’israeliano Yedioth Ahronoth.
A 300 giorni dal massacro del 7 ottobre che ha scatenato la guerra di Gaza, il premier israeliano Benjamin Netanyahu passa all’incasso riscuotendo anche i complimenti degli avversari politici. «Mi congratulo con l’Idf, lo Shin Bet e le forze di sicurezza per il successo nell’eliminazione di Muhammad Deif» ha dichiarato il leader dell’opposizione Yair Lapid citando esercito e servizi segreti. «È un risultato militare di importanza senza precedenti. I risultati militari dovrebbero essere tradotti in risultati politici strategici – ha incalzato – e si dovrebbe fare tutto il possibile per riportare a casa gli ostaggi ora».
In un briefing con alcuni responsabili militari, Netanyahu ha ricordato che Deif «è stato per anni l’uomo più ricercato da Israele». «La sua eliminazione – ha dichiarato – stabilisce un principio semplice che abbiamo fissato: chiunque ci faccia del male, noi facciamo del male a lui». E nella logica dell’escalation, alimentata anche dall’uccisione mercoledì del capo di Stato maggiore di Hezbollah Fuad Shukr, rientra l’avvertimento del premier: Israele «ha un livello di preparazione molto alto per qualsiasi scenario» e farà pagare «a caro prezzo qualsiasi atto di aggressione da qualsiasi fronte». La tv israeliana Canale 12 riferisce di decine di caccia sulle piste di decollo: «L’esercito e l’aviazione sono pronti alla difesa ma anche all’attacco».
Il portavoce delle forze di difesa israeliane Daniel Hagari ha confermato che l'esercito è «in stato di massima allerta»: nessuna modifica alle linee guida civili, ma «siate vigili».