Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterrez, alla Conferenza sul clima che ha riunito a Madrid i leader di 198 Paesi - Ansa
La Cop 25 si è chiusa ieri, domenica, con due giorni extra ed ha evitato il disastro. Ma non il fallimento, secondo gli ambientalisti. Quella che doveva essere la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici all'insegna dell'ambizione non ha messo a segno gli obiettivi, nonostante il severo monito della scienza e le proteste di Greta Thunberg e della società civile in tutto il mondo. Non c'è accordo e la soluzione di alcuni nodi è rinviata al 2020.
Nelle oltre due settimane di negoziati a Madrid, in quella che è stata la Conferenza delle parti (Cop) più lunga di sempre (cominciata il 2 dicembre), una vittoria c'è, seppure a metà, ed è quella dei Paesi vulnerabili, vittime degli eventi meteo estremi e di cui alcuni rischiano di sparire, come le piccole isole del Pacifico. Hanno costretto i Paesi più ricchi a indicare entro l'anno prossimo di quanto aumenteranno (quindi non è più un'opzione) gli impegni entro il 2030 per tagliare i gas serra, all'origine del riscaldamento globale e dei disastri ambientali. Era un punto non così formulato nell'Accordo di Parigi del 2015. Ora, è scritto chiaro e quindi alla Cop26 di novembre 2020 a Glasgow nessun Paese potrà più sottrarsi dall'indicare di quanto aumenterà il contributo nazionale (Ndc) sul clima. Solo così si potrà capire se c'è un gap fra gli impegni presi e quelli necessari per contenere l'aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi entro il 2100 rispetto al periodo preindustriale. Aumento che, secondo la scienza, può evitare fenomeni climatici estremi.
L'anno prossimo sarà perciò cruciale per salvare l'Accordo di Parigi. L'Italia è partner con la Scozia per la pre-Cop che avrà all'interno un evento dedicato ai giovani. Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, che aveva aperto la Conferenza dei 196 Paesi più l'Ue pronunciando tre volte la parola «ambizione» si è detto «deluso» del risultato affermando che «la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione». In un tweet ha esortato: «Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò». Dello stesso tenore il tweet di Greta, la giovane attivista svedese che aveva anche partecipato ad alcuni eventi della Cop sottolineando che i governi non sembrano percepire l'urgenza e chiedendosi come possano non avere panico: «La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo. Abbiamo appena iniziato».
Nel braccio di ferro fra i Paesi ricchi e quelli vulnerabili, il risultato a favore dei più poveri e deboli è comunque frutto di un compromesso arrivato dopo trattative estenuanti di 14 giorni (nell'ultima plenaria era chiara la stanchezza tra errori e fretta di prendere l'aereo). L'altro punto cruciale era quello della revisione degli aiuti per le perdite e i danni (Loss and damage) che subiscono i Paesi vulnerabili (peraltro i meno responsabili dei gas serra) per cui si chiede ancora uno sforzo di risorse ai Paesi ricchi. Si è deciso di rinviare al 2020 come è stata rinviata anche la definizione delle regole sul mercato globale del carbonio.
Nel rilevare che non è arrivata «alcuna risposta concreta dei governi», Legambiente dice che «l'Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990». Per il Wwf, «i Paesi più inquinanti - fra cui Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Brasile, Arabia Saudita - si sono sottratti alla responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra» continuando ad «anteporre i propri interessi alla crisi planetaria». Il 2020 «dovrà essere un anno di svolta e noi lotteremo ancora di più per le persone e la natura», ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WwfItalia.