Feriti in attesa di cure, e i loro familiari, accorsi al'ospedale al-Shifa di Gaza City dopo che colpi d'artiglieria avrebbero investito la folla in attesa di ricevere aiuti umanitari - Ansa
«Vogliamo la pace». Un centinaio di dimostranti scandiscono lo slogan, mentre altri ostentano taniche d’acqua vuote. Il video, che arriva da Khan Yunis, è stato trasmesso dalla televisione pubblica israeliana Kan. Sempre nel sud della Striscia di Gaza, a Deir al-Ballah e a Rafah, mercoledì c’erano state due manifestazioni contro il governo di Hamas. Le immagini, video e foto – dall’enclave preclusa ai giornalisti indipendenti (restano solo quelli palestinesi) –, sono finestre aperte su una guerra che i media raccontano solo da fuori. Un altro filmato, pubblicato da al-Jazeera e verificato da Reuters, mostra uomini che fuggono caoticamente, portando in spalla chi un sacco e chi uno scatolone, mentre si odono colpi di artiglieria. La scena girata in campo largo rende il luogo identificabile come la Rotonda del Kuwait nel distretto al-Zeitan di Gaza City. Il reporter di al-Jazeera accusa i soldati di avere fatto fuoco sulle centinaia di civili che premevano su un punto di distribuzione di cibo: ne avrebbero uccisi 20 e feriti 150. Le Forze israeliane stanno esaminando.
Sfollati in fuga da Khan Yunis verso la zona costiera vicino a Rafah - Reuters
Stretti all’angolo, sulla costa di Rafah, un milione e 200mila sfollati dovranno stringersi ancora di più. L’ultimatum scade venerdì pomeriggio, alle 17 locali. Per quell’ora, 30mila persone dovranno lasciare il rifugio dell’agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa) di Khan Yunis per spostarsi nell’estremo margine sudoccidentale della Striscia. Un tragitto di 15 chilometri, che i più coprono a piedi. Anche qui parlano le immagini: carretti trainati da asini, per i bagagli, disabili sulle carrozzine spinte a mano, un ammalato o ferito su un letto a rotelle ingombrano la carreggiata. Pochissime le auto. A tre mesi e mezzo dalle prime evacuazioni dal nord, e senza carburante, chi lascia Khan Yunis ha sfollato più volte. E ogni volta con qualcosa in meno. O qualcuno.
In fuga con un ammalato o un ferito - Reuters
Oltre Rafah non si può andare. Sono esauriti i 40 chilometri di lunghezza della Striscia. Il filo spinato del confine egiziano è a ridosso delle tende di plastica. Eppure quella frontiera chiusa è permeabile ai traffici illeciti. Come l’acquisto di un biglietto clandestino per uscire dall’inferno. Lo sostiene un rapporto dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project, organizzazione giornalistica non-profit, riportato dal sito egiziano SaheehMasr. Rispetto alle centinaia di dollari di prima del conflitto, il prezzo sarebbe schizzato fino a 10mila; sotto i mille invece per chi ha un passaporto egiziano.
Un carretto stracarico, trainato da un asino, sulla strada costiera nell'estremo sud-ovest della Striscia - Ansa
Nel giorno in cui è atteso il primo pronunciamento della Corte internazionale di giustizia dell'Aja in seguito alle accuse di genocidio presentate dal Sudafrica contro Israele, si è stretta la morsa militare attorno agli ospedali Nasser e al-Amal di Khan Yunis. In una giornata sarebbero state 50 le vittime, 25.900 in tre mesi e mezzo di guerra. E a Jenin, in Cisgiordania, secondo le autorità palestinesi, sarebbero saliti a 370 gli uccisi.
Mentre in Israele prosegue la protesta dei familiari dei 136 ostaggi ancora in mano ad Hamas, il Washington Post scrive che nei prossimi giorni è atteso in Europa il capo della Cia William Burns per riprendere a trattare, con i capi delle intelligence israeliana ed egiziana e il primo ministro del Qatar, il rilascio dei rapiti e due mesi di cessate il fuoco.
Evacuati da Khan Yunis si dirigono verso l'estremo sud - Reuters