Un memoriale delle vittime della tragedia di Chernobyl del 26 aprile 1986 - Ansa
A oltre 34 anni di distanza, continuano a emergere pezzi di verità sulla catastrofe di Chernobyl. E sull'impatto, non solo in termine di vite umane, che la tragedia ebbe sul sistema di potere dell'Unione Sovietica.
A testimoniarlo, una lettera-ammonimento del grande fisico e premio Nobel, Andrej Sacharov inviata nientemeno che a Mikhail Gorbaciov in data 4 novembre 1988. «Stimatissimo Mikhail Sergheevic! Sono convinto – si legge nel testo della misisva - che il pubblico non solo è in grado ma è obbligato a conoscere tutte le circostanze del disastro di Chernobyl, contrariamente ai trucchi di censura dei vari dipartimenti, con i loro interessi e le loro ambizioni. Perchè la comunità internazionale ha il diritto a conoscere di più dei nostri eventi che non la nostra stessa popolazione? E se nascondiamo i nomi dei responsabili della catastrofe (gli stessi che oggi praticano la censura), creeremo una copertura per altri potenziali complicazioni nelle prossime progettazioni e costruzioni di impianti nucleari. Con il più profondo rispetto, l'accademico Andrej Sacharov».
La lettera-ammonimento è uno dei documenti “top secret” sulla catastrofe nucleare della centrale nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 in Ucraina settentrionale, ora declassificati e pubblicati dal National Security Archive americano. Un inusuale attacco verso il leader sovietico che pure lo aveva riabilitato appena due anni prima, che punta il dito contro la massiccia coltre di sistematica disinformazione che le autorità sovietiche continuavano a stendere sul peggiore disastro nucleare di tutti i tempi.
A testimoniarlo, una lettera-ammonimento del grande fisico e premio Nobel, Andrej Sacharov inviata nientemeno che a Mikhail Gorbaciov in data 4 novembre 1988. «Stimatissimo Mikhail Sergheevic! Sono convinto – si legge nel testo della misisva - che il pubblico non solo è in grado ma è obbligato a conoscere tutte le circostanze del disastro di Chernobyl, contrariamente ai trucchi di censura dei vari dipartimenti, con i loro interessi e le loro ambizioni. Perchè la comunità internazionale ha il diritto a conoscere di più dei nostri eventi che non la nostra stessa popolazione? E se nascondiamo i nomi dei responsabili della catastrofe (gli stessi che oggi praticano la censura), creeremo una copertura per altri potenziali complicazioni nelle prossime progettazioni e costruzioni di impianti nucleari. Con il più profondo rispetto, l'accademico Andrej Sacharov».
La lettera-ammonimento è uno dei documenti “top secret” sulla catastrofe nucleare della centrale nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 in Ucraina settentrionale, ora declassificati e pubblicati dal National Security Archive americano. Un inusuale attacco verso il leader sovietico che pure lo aveva riabilitato appena due anni prima, che punta il dito contro la massiccia coltre di sistematica disinformazione che le autorità sovietiche continuavano a stendere sul peggiore disastro nucleare di tutti i tempi.
È proprio la discussione al Politburo che segue alla presentazione della relazione Shcherbina a mostrare l'inizio di un fenomeno che negli anni precedenti all'arrivo di Gorbaciov al Cremlino sarebbe stato impensabile: come scrive l'analista dei National Archives Svetlana Savranskaya, «nonostante la discussione mostri anche tentativi evitare responsabilità e di trovare scappatoie, il documento rivela anche l'impatto della politica di Gorbaciov, con un inusuale numero di disaccordi e la messa in discussione della stessa leadership». Vi sono, afferma ancora Savranskaya, «i primi segni di una opposizione interna all'Unione sovietica» proprio nei confronti della «cultura della segretezza» che stava avvolgendo tutte le informazioni che riguardavano il disastro di Chernobyl. Segreti e bugie: come quelle contenute in un rapporto del Comitato di Stato per l'idrometeorologia a poco più di un anno dall'esplosione, nel qual quale si afferma che «i livelli delle radiazioni è rimasto entro i livelli permessi dal ministero della Salute». D'altra parte, è la Cia statunitense - in un rapporto confidenziale del giugno 1987 - a sostenere che mentre «gli elementi antinucleari dell'opinione pubblica avranno l'effetto di una settimana», nonostante la catastrofe dell'anno prima l'Urss avrebbe continuato ad espandere il proprio programma nucleare. In barba a tutti gli ammonimenti del premio Nobel Andrej Sacharov. Uno che se ne intendeva, dato che fino al 1953 aveva partecipato al progetto delle prime bombe termonucleari di fabbricazione sovietica.
Ma c'è anche di più, molto di più, in questa seconda ondata di documenti - una prima serie di carte desecretate era già stata resa pubblica lo scorso agosto - provenienti in buona parte dalla corrispondenza del Politburo sovietico, ma anche dagli archivi del Kgb e della Cia: soprattutto il fatto che il Politburo sapesse già nel luglio 1986, cioè appena tre mesi dopo il disastro, che il reattore di Chernobyl era destinato a finire male. In altre parole, non furono soltanto gli errori commessi e l'incompetenza dei tecnici impiegati nella centrale a causare l'esplosione, come si è sempre detto: la verità era che il reattore era concepito e progettato in maniera difettosa. Una catastrofe annunciata.