È con profonda preoccupazione che il
Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) guarda all'esodo dei
cristiani dalla città irachena di Mosul. "È una tragedia sia
per i cristiani sia per i musulmani", ha dichiarato il pastore
Olav Fykse Tveit, segretario generale del Cec."È con grande dolore che assistiamo a quella che sembra la
fine della presenza cristiana a Mosul, in un luogo che è stato
sede di una comunità cristiana fin dai primissimi secoli del
cristianesimo", ha aggiunto Tveit. La minaccia
dell'autoproclamato Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis) di
passare per le armi i cristiani, a meno che non si convertano
all'islam, paghino la
jizya (la tassa di compensazione per i non
musulmani) o lascino la città, riguarda anche altre minoranze
religiose. Per questo Tveit ha invocato le preghiere di tutte le
Chiese membro del Cec "per l'intero popolo iracheno,
specialmente per chi, appartenendo a una minoranza religiosa,
tanto cristiana quanto musulmana, è costretto a lasciare la
propria casa".Tveit ha infine ricordato una recente dichiarazione del
Comitato centrale del Cec, riunitosi a inizio luglio a Ginevra,
che esprimeva il sostegno dell'intero movimento ecumenico alle
Chiese cristiane irachene, auspicando per l'intera regione
"l'inizio di un processo politico inclusivo per rafforzare i
diritti umani fondamentali, con particolare riferimento alla
libertà religiosa".