Gli ultimi arresti degli oppositori politici in Bielorussia - Telegram
«San Nicola, vieni da noi!». Aksana Yuckavicčha reso omaggio al santo che unisce Oriente e Occidente nel suo libro di poesie per bambini. Raccontando la fede ai più piccoli. Giornalista del portale cattolico bielorusso Catholic.by, è animatrice in parrocchia e organizzatrice di eventi ecclesiali. La scorsa settimana è finita in cella nell’ultima retata di arresti politici che da qualche settimana hanno subito un’accelerazione in tutta la Bielorussia. L’escalation ha un obiettivo: silenziare le voci critiche al regime di Aleksandr Lukashenko in vista delle elezioni parlamentari del 25 febbraio e poi del 4 aprile che si svolgeranno senza gli osservatori Osce nonostante le contestazioni dell’ultima tornata. Un voto privo di reali avversarsi per il leader filorusso, con l’opposizione soffocata o costretta a fuggire all’estero. E ora, di fronte all’ennesima ondata di fermi di massa “usata” come un tassello della campagna elettorale, il Paese arriva alle urne nel terrore, con 1.419 i prigionieri politici dietro le sbarre.
La giornalista cattolica Aksana Yuckavic arrestata in Bielorussia - dina-photo.by
Per finire sotto scacco basta apparire vicini ai “nemici” del presidente in carica da trent’anni. È il caso di Aksana, impegnata nell’aiuto alle famiglie dei prigionieri politici attraverso la rete “I need help by” che fornisce cibo e sostegno a quanti «si trovano in gravi difficoltà a causa della repressione». Soltanto in un giorno sono state perquisiste o arrestate 160 persone, denuncia Viasna, associazione per i diritti umani fondata a Minsk dal premio Nobel per la pace Ales Bialiatski, di nuovo in carcere dal 2021. Un blitz targato Kgb contro «parenti o persone legate ai prigionieri politici». Come Maryna Adamovich, moglie dello storico leader dell’opposizione Mikola Statkevich condannato a 14 anni: la donna è in cella con l’accusa di «teppismo». O come il figlio dello scrittore e giornalista Siarhei Antonau, Artsiom, detenuto per «insulti a Lukashenko».
E' in cella Maryna Adamovich, moglie dello storico leader dell’opposizione Mikola Statkevich - @BielorussaRM
Ma è sufficiente il clic su un post “pericoloso” per vedersi arrivare a casa i servizi segreti. La sarta Sviatlana Dzesiuzkova, appena arrestata, rischia fino a cinque anni per un meme contro il presidentissimo e Putin. Si è trovata le manette ai polsi l’amministratrice del canale Telegram “Quartiere di Hrushauka” nella capitale dove «sono stati scritti messaggi di protesta» contro il “dittatore”. Ed è stato diffuso il video del pentimento di una donna ucraina resistente in Bielorussia dove dice di essere iscritta a «social malvagi dell’opposizione» e di supportare i «neo-nazisti ucraini». Il 9 gennaio è stata fermata Tatsiana Seviarynets, madre di Pavel Seviarynets, ex capo della Democrazia Cristiana, anche lui imprigionato, che in un filmato racconta di essere «accusata di aver pubblicato su Facebook materiale che ora è considerato estremista». Fra gli ultimi incarcerati l’artista di Vitebsk e direttrice dei musei lettoni, Natallia Dzemsova.
Il figlio dello scrittore e giornalista Siarhei Antonau, Artsiom, detenuto per «insulti a Lukashenko». - @BielorussaRM
Il giro di vite riguarda anche coloro che, secondo gli 007, avevano preso parte alle proteste a tappeto del 2020 che erano seguite alla controversa rielezione di Lukashenko (ritenuta pilotata a detta dell’opposizione e dell’Occidente) e che si erano portate dietro 35mila arresti. Adesso una delle accuse mosse nei confronti dei detenuti bloccati in queste settimane è proprio l’aver partecipato ai cortei di quattro anni fa. Lo sanno bene i musicisti della band Nizkiz che sono stati fermati a inizio gennaio e in un video di ritrattazione vengono costretti a dichiarare di essere «scesi sulle strade nel 2020 per cantare» e ora «canteremo in galera per cinque anni».
La band musicale bielorussa Nizkiz - Instagram nizkiz_music_band
Anche la Chiesa cattolica è da tempo nel mirino. Secondo l’ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, la Bielorussia è il secondo Paese al mondo per sacerdoti in carcere nello scorso anno: almeno dieci i censiti. Di fatto un prete su nove di quelli detenuti in tutto il globo si trova nel Paese alleato di Mosca dove cresce la pressione verso la comunità ecclesiale legata a Roma. Una “crociata” dovuta sia alle critiche dall’altare per le violazioni dei diritti umani, sia all’assunto delle autorità nazionali secondo cui i cattolici sono “agenti stranieri” dell’Occidente. La stampa di Stato alimenta l’offensiva, con vignette in cui i preti hanno sulla talare la svastica nazista al posto della croce.
Le vignette contro i preti cattolici in Bielorussia - @BielorussaRM
Fra i sacerdoti fermati ci sono padre Andrei Znoska, rettore della parrocchia della Divina Misericordia di Lida e consigliere giuridico della locale Conferenza episcopale, o i parroci di Vitebsk, Andrej Kulik e Vyacheslav Adamovich, imputati di «estremismo». L’ultima stretta è la legge appena varata dal Parlamento che rivede le norme sulle organizzazioni religiose e di fatto le sottomette allo Stato: per i vertici nazionali sarà più facile liquidare una comunità religiosa; verrà vietata ogni attività politica, compreso l’appoggio ai partiti; il catechismo dovrà essere in linea con «l’ideologia dei valori tradizionali» della Bielorussia.
Il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e il presidente russo Vladimir Putin - Ansa
«L’Unione europea condanna con la massima fermezza la recente repressione», fa sapere il capo della politica estera Ue, Josep Borrell. E Washington avverte: «Continueremo a ritenere il regime responsabile della dura oppressione interna e del sostegno alla guerra della Russia all’Ucraina». Nel frattempo si fanno più tese le relazioni fra Mosca e Minsk: Lukashenko ha limitato l’impiego del territorio per nuovi attacchi russi a Kiev temendo una rivolta popolare; l’amministrazione di Putin, invece, sta conducendo operazioni segrete per vincere la resistenza del “vicino”.