Una foto di Bashar al-Assad, "truccato" da diavolo, in mano ai ribelli - Fotogramma
Alcune voci lo danno a Mosca con la famiglia e pochi “consiglieri economici”, altre nella regione costiera alauita, da sempre lealista. L'ingresso dei ribelli a Damasco segna comunque la fine del regime Baath in Siria, durato 54 anni (dal 13 novembre 1970).
Bashar al-Assad era finito “per caso” in politica nel 1994 dopo la morte del fratello maggiore Bassel in un incidente stradale. Colpito dall’inatteso lutto, il padre Hafez aveva richiamato suo secondogenito da Londra, dove studiava oftalmologia. Nel luglio 2000 Bashar succede in perfetto stile monarchico al padre che ha governato con un pugno di ferro la Siria per tre lunghi decenni. In quell’occasione, è stato necessario emendare l’articolo della Costituzione che fissava a 40 anni l’età minima del candidato alla presidenza per permettere al 34enne delfino di accedere alla carica suprema dello Stato. «Un gravissimo errore», dirà il vice-presidente Abdel-Halim Khaddam, che ha gestito la breve transizione. La successione è comunque avvenuta senza grandi scossoni: l’ascesa al potere di Bashar è stata salutata da molti siriani che consideravano che la giovane età del nuovo rais e il suo trascorso londinese erano in grado di generare la speranza per importanti riforme. Lo stesso Bashar si era adoperato a proporsi quale riformatore sia in campo sociale che economico. Le speranze in un cambiamento in senso democratico nel Paese sono state fiaccate quasi subito dallo stesso Bashar e la “vecchia guardia” del padre con la brusca interruzione della cosiddetta «Primavera di Damasco».
Lo scoppio della guerra civile nel 2011 ha poi spazzato via il resto, riportando sine die ogni vera riforma. Nel 2021 Bashar ottiene un quarto mandato, ma era già chiaro che il suo governo rimanesse in sella solo grazie agli alleati russi e iraniani, ad un’opposizione frammentata e al timore di salti nel buio. Il salto nel buio è oggi una realtà.