utte le foto, dell'8 ottobre 2020, mostrano gli effetti del bombardamento contro la cattedrale di Shushi, nel Nagorno-Karabakh, da parte delle truppe azere. Baku però smentisce - Ansa/Afp
Non si ferma l'offensiva dell'Azerbaigian ai danni della Repubblica autonoma del Nagorno-Karabakh, nonostante ieri sia partito lo sforzo diplomatico che dovrebbe fermare le ostilità. L'Armenia ha denunciato il bombardamento da parte delle forze aeree azere della cattedrale armena apostolica di Ghazanchetsots. Il luogo di culto si trova a Shusha, il principale centro abitato del territorio a maggioranza armena, ma nel cuore dell'Azerbaigian.
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Il ministero degli Esteri di Erevan ha diffuso alcune immagini dell'esterno dell'edificio che mostrano i segni evidenti dell'attacco. Si sarebbe trattato di due bombardamenti. Nel secondo sono rimasti feriti anche alcuni giornalisti russi e locali, che hanno confermato quanto dichiarato dal governo armeno. Diversa la versione dei fatti da parte di Baku, che ha negato l'azione bellica.
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«Le informazioni sui danni alla chiesa di Shusha non hanno nulla a che fare con le azioni militari dell'esercito azero – ha scritto il ministero della Difesa –. A differenza delle forze armate armene, quelle dell'Azerbaigian non colpiscono obiettivi di importanza storica e culturale e specialmente edifici religiosi e monumenti».
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Sulla questione è intervenuta anche Ankara, che da quando sono iniziate le ostilità, ha preso con decisione le parti di Baku, tanto da essere accusata di aver inviato nel Caucaso meridionale mezzi militari e miliziani provenienti dalla Siria. Il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan ha attaccato duramente l'Armenia. «Per salvare i suoi territori l'Azerbaigian sta rivendicando la regione che l'Armenia ha conquistato con il banditismo – ha detto il capo di Stato turco in un'intervista a un quotidiano qatariota –. La volontà dell'Armenia di dimostrare che la Turchia è all'interno del conflitto, attraverso vari stratagemmi dopo la sua pesante sconfitta durante il suo ultimo tentativo di occupazione, è la prova del suo isolamento e della sua disperazione».
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Le potenze della regione stanno cercando una mediazione fra i due Paesi prima che il conflitto degeneri o si allarghi. La prima ad avere interesse perché le ostilità finiscano presto è la Russia di Vladimir Putin, che ha ottimi rapporti si con Erevan sia con Baku. Per il 12 ottobre sono previsti a Mosca incontri di alto livello per trovare una soluzione condivisa, che però al momento sembra ancora lontana. Oltre al dramma delle vittime civili, c'è anche quello degli sfollati. Dall'inizio delle ostilità le persone costrette a lasciare le proprie case sono state fra le 70 e le 75mila, ossia circa il 50% della popolazione.
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