I magazzini Harrods a Londra - Reuters
Imprenditore di successo, padre di Dodi, il compagno della principessa Diana, proprietario di una squadra di calcio (il Fulham) e di uno dei negozi più famosi al mondo: Mohamed Al-Fayed è stato tante cose. Per la Bbc il miliardario egiziano ma residente a Londra, morto nell'agosto 2023 a 94 anni, è stato anche «Un predatore ad Harrods». Questo è il titolo dell’inchiesta, diffusa come documentario e podcast, in cui una ventina di donne ha raccontato di aver subito molestie e violenze durante il loro periodo di lavoro nei grandi magazzini. E proprio nello store in centro a Londra secondo le testimonianze sarebbero avvenute molte delle violenze, oltre che nelle proprietà di Fayed a Parigi (possedeva l’iconico Hotel Ritz), a Saint-Tropez e Abu Dhabi.
Sono trascorsi solo pochi giorni dalla messa in onda dell'inchiesta, ma sono già 150 le donne che accusano Fayed di molestie o violenze. Lo slancio del MeToo, movimento femminista per la denuncia delle violenze contro le donne esploso qualche anno fa ad Hollywood, non sembra dunque essersi esaurito. «Ho pensato per anni che fosse una cosa solo mia», è una delle frasi più ricorrenti. I racconti nelle loro differenze si assomigliano tutti: abusi psicologici, comportamenti imprevedibili e poi le aggressioni. Una delle presunte vittime che ha denunciato - si fa chiamare Natacha - ha detto che l’imprenditore «puntava alle donne più vulnerabili o giovani, che dovevano pagare l’affitto, che erano lontane da casa, senza i genitori». Il timore di non essere credute, di perdere il lavoro e la fatica di affrontare un trauma ha cementato queste storie nel silenzio, fino a ora.
La polizia britannica ha chiesto alle "potenziali vittime" degli abusi sessuali di Mohamed Al-Fayed di farsi avanti e denunciare quanto subito, in modo da portare avanti le indagini e «perseguire altre persone che potrebbero essere coinvolte». Anche se non è possibile avviare un procedimento penale nei confronti di una persona deceduta, la polizia ha spiegato che «deve garantire» a ogni vittima di denunciare in sicurezza. Finora, alla polizia londinese sono state presentate 19 accuse di crimini che coinvolgono Al-Fayed per reati commessi tra il 1979 e il 2013, relativi ad altrettante donne. Quindici sono accuse di violenza sessuale e una è legata al traffico di esseri umani. A queste si aggiungono nuove denunce recenti, ma il numero non è stato precisato.
L’imprenditore viene definito dagli avvocati delle presunte vittime come un «predatore sessuale seriale» che avrebbe molestato donne per oltre 25 anni. Dean Armstrong, uno dei legali, in conferenza stampa è stato lapidario: «Lo diremo chiaramente, Mohamed Al-Fayed era un mostro. Ma era un mostro reso possibile da un sistema, un sistema che pervadeva Harrods». Ed è per questo che le accuse, che non si possono più muovere ad Al-Fayed, ormai deceduto, vengono indirizzate all’azienda. Dal 2010 la proprietà è stata acquistata dal Qatar Investment Authority, uno dei fondi sovrani qatarini. I nuovi titolari hanno dichiarato di essere «totalmente inorriditi» dalle accuse. Inoltre hanno fatto sapere di essere a conoscenza delle violenze da circa un anno e di aver già avviato un programma di revisione interna e un piano di risarcimento per le ex-dipendenti.
Per i legali delle presunte vittime però non è credibile che l’amministrazione dell’azienda fosse ignara dei fatti. Da anni circolavano voci contro Al-Fayed che era stato accusato di abusi sessuali già alla fine degli anni ‘80. Non si giunse a un procedimento penale neanche nel 2008 dopo la denuncia di aggressione sessuale ai danni di una quindicenne in una sala riunioni di Harrods. All’epoca alla guida del Crown Prosecution Service c’era Keir Starmer, l’attuale primo ministro inglese, che però decise di non processarlo perché mancavano prove a sostegno delle accuse. Le stesse motivazioni evitarono il tribunale all'imprenditore anche nel 2015. Le accuse di molestie sessuali erano state al centro di articoli da parte di Vanity Fair nel 1995, ITV nel 1997 e Channel 4 nel 2017.
Oggi, anche se il diretto interessato non può essere imputato né difendersi, le presunte vittime chiedono giustizia all’azienda, che per anni avrebbe insabbiato e consentito le violenze. Tamara, assistente personale di Fayed negli anni Novanta, nel documentario della Bbc rivela di essere stata sottoposta dall’azienda a un controllo medico obbligatorio con analisi ginecologiche i cui risultati venivano comunicati direttamente al suo superiore, che avrebbe provato a violentarla: «Penso che il medico che ha effettuato la mia visita medica debba essere ritenuto responsabile per aver fornito a Mohamed informazioni che ha usato per approfittarsi di noi». La stessa storia è riportata anche da Katherine, assistente esecutiva di Harrods nel 2005, insieme a una lettera con i risultati di un pap test, esami del sangue e tamponi ginecologici: «Non c'è alcun vantaggio per nessuno nel sapere qual è la mia salute sessuale, a meno che non si stia pianificando di andare a letto con qualcuno, cosa che ora trovo piuttosto agghiacciante».