lunedì 24 giugno 2024
Dall'avamposto della Fondazione Oratori Milanesi, realtà che conta quasi mille strutture giovanili associate alle parrocchie, il direttore riflette su cosa chiedono (e devono poter trovare) i ragazzi
Il vescovo di Lanusei e Nuoro Antonello Mura osserva i ragazzi nella palestra del nuovo oratorio di Tortolì

Il vescovo di Lanusei e Nuoro Antonello Mura osserva i ragazzi nella palestra del nuovo oratorio di Tortolì

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L’oratorio ce la farà a resistere e a sopravvivere al cambiamento? Parliamo spesso del cambiamento in atto rappresentandolo come uno dei cavalieri dell’Apocalisse: terribile, affascinante e invincibile. Effettivamente noi ci sentiamo così: affascinati e sopraffatti. Ansiosi all’idea di essere sostituiti da ciò che noi stessi abbiamo inventato e realizzato. E diventare così roba vecchia, da mettere da parte.

La fede, la Chiesa, l’oratorio, perfino Dio, sembrano condannati a subire lo stesso destino. Il mondo ha già sentenziato la loro fine, e da un pezzo. Nel mondo che cambia non c’è più posto per Dio, e per tutto ciò che lo riguarda. L’uomo nuovo si fa da sé. Si autorealizza. È creatura di sé stesso. Questa esaltante retorica di certo cambiamento mi lascia perplesso. Porta in sé il sapore amaro della solitudine. Dell’arrangiarsi a vivere, per come si può, più che per come si vuole, o si desidera. E mi sembra smentita da ciò che vedo quotidianamente.

In un mondo che predica il farsi da sé e censura la fede gli oratori sembrano non avere scampo. Hanno i minuti contati. Se non i minuti, appena pochi anni. Eppure sono pieni. Questi ultimi due anni sono segnati da record semplicemente impensabili. Record nelle attività sportive degli oratori, ad esempio. Record di adesioni agli oratori estivi. Record di presenza degli adolescenti. Mi impressiona soprattutto questo fatto: il ritorno di tanti adolescenti che bussano alla porta degli oratori chiedendo di entrare e di stare, facendo gli animatori nei Grest magari, o anche no, anche di meno.

Mi impressiona la condizione di tanti adolescenti erranti che cercano un posto dove stare e qualcuno con cui stare, e qualcosa di buono da fare. Mi sembrano così lontani dall’immagine tanto predicata dell’uomo e della donna che si fanno da sé, perennemente giovane, affascinante, vincente. Li trovo così umani! Mi sembra quindi che la questione non sia tanto quali e quante chance l’oratorio abbia oggi, in questo mondo frenetico. Ma – credo – interrogarsi seriamente su cosa stiano cercando questi nostri adolescenti erranti e su dove e come sia possibile incontrarli nella loro ricerca. Una ricerca che corre su tracciati profondi, che perlopiù sfuggono alla mentalità adulta prevalente che infatti fatica ad interpretarli e preferisce descriverli come fenomeni generazionali senza soggetto: abbandono, dispersione, disagio e smarrimento. Forse oggi l’oratorio – e mi azzardo a dire: oggi più di ieri! – può essere quel luogo inaspettato in cui gli adolescenti trovano una sosta e qualcuno che ha tempo da perdere con loro per ascoltarli. Senza secondi fini.

Nella tradizione della Chiesa lombarda gli oratori esistono da secoli. Perfino don Bosco venne a “scopiazzarli” e ne trasse qualche ingrediente fondamentale per la sua ricetta originale. Nel corso di questa lunga storia gli oratori hanno fatto tante cose e sono diventati molte cose. Ultimamente si sono anche strutturati e organizzati. A un certo punto si sono pensati come una casa per i giovani. Immagine potente, bellissima. Ma non del tutto libera da qualche fraintendimento, forse inevitabile. Oggi l’oratorio nel cambiamento può anche iniziare a pensarsi – e proporsi – come uno snodo da attraversare, oltre che come una casa da abitare. Come una sosta inattesa e benedetta. Un passaggio che si rivela di vitale importanza, per chi deve necessariamente attraversare i lunghi e imprevedibili percorsi della propria crescita.

* Direttore Fondazione diocesana oratori milanesi (Fom)

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