mercoledì 13 novembre 2024
Accettare le emozioni, non cercare "il colpevole", stabilire dei limiti sono alcuni consigli per superare la crisi e ricostruire il rapporto. Lo spiega Valeria Riccio, esperta di relazioni complesse
Tradimento, dieci passi per uscire dall'incubo

Foto Siciliani

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Quasi 90mila separazioni e 80mila divorzi ogni anno. Che vuol dire 350mila persone che vivono sulla propria pelle la delusione per un fallimento che sconvolge esistenze, azzera progetti, rivoluziona equilibri familiari e, soprattutto, innesca sofferenze profonde nella coppia, nei figli e nella famiglia allargata. Nella maggior parte dei casi, il motivo della rottura è un tradimento.

Di fronte alla prova dell’infedeltà, la fiducia declina, la rabbia diventa difficilmente gestibile, la voglia di azzerare tutto si trasforma in uno tsunami prepotente. Sentimenti comprensibili ma che forse potrebbero essere gestiti in modo meno distruttivo perché, quasi sempre, lo spazio per ricominciare c’è e, quando è possibile riflettere con calma sull’accaduto, si possono trovare buone ragioni per capire se esistono i margini per ritrovarsi, per capire, per perdonare.

Su questo tema abbiamo già dato spazio recentemente alle esperienze di Retrouvaille e ai “Percorsi di luce” di Famiglie nuove dei Focolari.

Ma esistono esperienze interessanti anche al di fuori dell’associazionismo cattolico che si pongono seriamente il problema di come rimettere sui binari giusti un rapporto di coppia deragliato. Resilia (https://resilia.life/) - la coaching community online che con un team di psicologi e coach esperti, fornisce supporto a chi vive situazioni sentimentali complesse – ha messo a punto dieci consigli per superare i momenti più critici, dieci passi per uscire dall’incubo del tradimento. Ecco l’elenco delle buone pratiche: accettare le emozioni; prendersi del tempo: cercare chiarezza e comunicazione; evitare di cercare un colpevole: stabilire i limiti: prendere una decisione sul futuro della relazione; considerare l'aiuto di un professionista: prendersi cura di sé; ricostruire la fiducia; accettare il passato e andare avanti.

Consigli incoraggianti su cui è difficile non essere d’accordo. Ma, concretamente, come si fa? Con Valeria Riccio, cofondatrice di Resilia e mental coach esperta di relazioni complicate, ripercorriamo i “dieci passi” per cercare di articolare meglio i passaggi più difficili da comprendere.

Per esempio, “accettare le emozioni” non rischia di risultare un po’ troppo gravoso per chi ha subito un tradimento? In realtà la vittima dell’infedeltà non avrebbe avuto alcuna voglia di provare quel tipo di emozioni. Perché allora accettarle e non respingerle?

Le emozioni che respingiamo in qualche tornano fuori, si amplificano e diventano più pericolose. Certo, la vittima del tradimento non ha scelto quello che sta vivendo, ma ormai si è dentro, vive emozioni molto forti, che dicono qualcosa e cui dobbiamo imparare ad avere cura. Metterle sotto il tappeto amplifica il senso di malessere all’interno della coppia. Quando le allontaniamo si scatena una lotta interiore e riemergono ansia, rabbia, senso di frustrazione. Dobbiamo accettarle e riconoscerle. Perché accettarle significa curarle.

Anche l’esigenza di cercare chiarezza e buona comunicazione è comprensibile ma rischia di scontrarsi con l’atteggiamento di chi, colpevole di tradimento, non ha alcun interesse a chiarire la propria posizione. E magari, per confondere il quadro, continua a negare e a cercare una comunicazione confusa. Che fare in questi casi?

Chi tradisce quasi sempre non intende più tornare sull’argomento, anche se viene perdonato preferisce non fornire spiegazioni. E questo atteggiamento non contribuisce alla salute della coppia. Si tratta di una posizione che nella persona tradita fa aumentare dubbi e insicurezze. Perché l’unico modo per capire quello che è successo è andare alla radice del problema. Cosa ha spinto la persona a fare una scelta del genere? Quale emozione l’ha sollecitata? Ecco perché è necessario insistere sulla comunicazione. Comprendere al meglio i fatti è un diritto di chi è stato tradito. La verità è l’unica via per ricostruire qualcosa insieme. E inoltre, non comunicare è una mancanza di rispetto verso la persona tradita. Ecco perché continuare a parlarsi, anche se faticoso, è importantissimo per tentare di far ripartire la relazione.

Perché dite che non bisogna “cercare un colpevole” quando lei, o lui, sentono con sincerità di aver fatto tutto il possibile per il benessere della relazione di coppia? In caso contrario non si rischia colpevolizzarsi per presunte omissioni relazionali che, magari, non hanno avuto alcun peso nel tradimento del partner?

Facciamo una premessa. Ogni tradimento può essere evitato. Ma, quando succede, dobbiamo chiederci: è causa o conseguenza di una relazione traballante? Mettiamo da parte il caso dei traditori patologici – che esistono e vanno accompagnati da un terapeuta – e rendiamoci conto che molto spesso il tradimento è la conseguenza di un malessere all’interno della relazione, l’ultimo atto di una serie di incomprensioni grave che si sono protratte nel tempo. Non cercare per forza un colpevole vuol dire non continuare a litigare sul tradimento in sé. È un atteggiamento che non risolve nulla. Per comprendere quello che è capitato dobbiamo andare all’origine dei fatti. E, comprendere da un lato perché è successo, dall’altro come fare per creare un nuovo stato di benessere all’interno della relazione.

Cosa intendete con l’impegno a “stabilire i limiti”? I limiti della mia capacità di sopportazione? I limiti della sofferenza? O cosa d’altro?

Ognuno di noi ha il diritto e il dovere di porre dei confini a qualcosa che non accetta. Per esempio. Di fronte a un partner che ha tradito e che non intende tornare a parlare di quello che è capitato, ho il diritto di porre dei limiti e di non accettare questa scelta. Do fronte a un partner che non intende parlare di intimità, che pone delle barriere nella comunicazione, ho il diritto di dire no. Non dobbiamo essere disposti a tutto pur di stare con quella persona. Giusto stabilire di comune accordo quello che dobbiamo rispettare entrambi per stare bene con noi stessi e con la nostra relazione di coppia. Ecco cosa intendiamo sottolineando la necessità di definire i limiti e di farli rispettare. Naturalmente sono scelte che devono avvenire in modo reciproco.

“Prendere una decisione sul futuro della relazione” dipende in larga parte dalla mia capacità di capire quali sono state le motivazioni che hanno indotto il mio partner al tradimento. Ma quali sono i criteri che mi devono guidare in questa valutazione?

Chi ha tradito dev’essere consapevole dell’errore commesso e deve mostrare il suo impegno per sanare quella situazione alle radici. Chi è stato tradito deve capire se è disposto a perdonare, se ci sono i margini per ricucire un rapporto di fiducia verso quella persona. Da entrambi dev’essere posta attenzione per prendersi cura del dolore e per ricostruire una “zona di pace” in cui si sta bene insieme. Se ne esce soltanto con la comprensione dell’accaduto e con l’impegno reciproco.

Ritiene che la “cicatrice” rappresentata da un tradimento “risolto” possa rendere più forte la coppia oppure si tratta di una ferita che rimarrà per sempre come motivo di fragilità?

Possono accadere entrambe le cose. La “cicatrice” rende più forte la coppia se entrambi si sono veramente impegnati per comprendere il motivo del tradimento, se è stata scoperta la ragione che ha causato il momento di non comprensione. Ma può diventare anche fragilità, magari dopo un perdono espresso in modo più formale che sostanziale, se quel tradimento è motivo di frequenti litigi, se non c’è stato un chiarimento autentico, se “dopo”, si continua a non sentirsi compresi davvero, se c’è la sensazione di non essere più amati. In questi casi la minaccia per la tenuta della coppia è purtroppo molto concreta.

Non crede che un’importante azione educativa per la stabilità della coppia sia quella che riguarda la capacità di riconoscere le situazioni a “rischio tradimento” da evitare per il bene della relazione?

Sono molto d’accorso sulla necessità dell’educazione affettiva. Dobbiamo ammetterlo. Nessuno ci insegna a gestire al meglio le relazioni. Soprattutto non siamo equipaggiati di fronte a situazioni complesse che sono poi quelle che si verificano molto spesso nei momenti di passaggio della vita di coppia, per esempio quando nasce il primo figlio, oppure quando ci sono difficoltà sul lavoro, o in altri momenti di tensione. Allora la coppia deve avere le risorse giuste per temere il timone ben fermo, comprendere i campanelli d’allarme e mettere in atto soluzioni alternative per evitare la deriva. Evitare il peggio è sempre possibile. Se alle spalle c’è una corretta educazione affettiva diventa tutto più facile.

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