Il titolo, “La multidisciplinarietà nella salute mentale: servizi sociosanitari ed enti del terzo settore a confronto”, potrebbe far pensare a un incontro per addetti ai lavori su questioni tecnico-organizzative. Invece il convegno che si terrà martedì 28 ad Agnani, organizzato da Regione Lazio e Asl Frosinone, sarà una riflessione ad ampio raggio sulla psichiatria e sul disagio psicologico contemporaneo. Tanti i temi che andranno ad affrontare questioni relative alla riabilitazione emotiva e alla psichiatria del territorio. Decine gli esperti coinvolti. Ne parliamo con Sofia Tavella, psicologa e psicoterapeuta, dirigente del Centro di salute mentale di Anagni, asl di Frosinone e responsabile scientifico del convegno.
I temi legati al mondo giovanile sono quelli che destano sempre la maggior preoccupazione, anche per l’investimento emotivo. Quali proposte arriveranno per le famiglie con bambini disabili, in particolare con sindrome di Down e dello spettro autistico?
Le famiglie dei soggetti con dis-abilità e/o diversamente sani, portatori di una diversità derivante dai disturbi del neurosviluppo che, rappresentano una sfida per i servizi dedicati alla salute mentale contemporanea, pretendono maggiore accessibilità ai luoghi di cura e di sostegno. Gli interventi selezionati all’interno dello “spazio convegno” vogliono raccontare l’esperienza delle equipe specialistiche come apparato psichico dei meccanismi istituzionali, disegnando geometrie verticali, orizzontali e trasversali adatte alle esigenze individuali, promuovendo una gestione multidisciplinare e integrata con programmi educativi personalizzati e non solo standardizzati, interventi psicoemotivi-relazionali e di inclusione sociale.
In concreto quali novità dobbiamo attenderci?
Particolare risalto verrà dato al ruolo della agricoltura sociale per disegnare percorsi di inclusione sociale e lavorativa, al valore aggiunto degli animali come co-terapeuti nel processo di cura, di autonomia e di riabilitazione, alla educazione e riabilitazione attraverso il trattamento estensivo ritmo alle parole in ascolto, alla complessità della Uos centri diurni del territorio ciociaro dove le famiglie risiedono, alla importanza della comunicazione nel servizio educativo territoriale e alla ricerca di senso come terapia.
In tutto questo le famiglie che ruolo hanno?
La risposta alle famiglie si organizza in un transfert istituzionale come forma di amore che tende a fondare un sapere clinico dove pensare e fare l’inclusione significa promuovere buone prassi anche nel lavoro di rete con enti territoriali e istituzionali come la scuola, l’agenzia per la vita indipendente, un modello di imprenditoria inclusiva e sociale che si traduce in forme di ospitalità extra alberghiere gestite da persone con disabilità ed esigenze specifiche, la comunicazione aumentativa e alternativa e il progetto di un albergo etico. L’insieme di tali proposte genera quella che potremmo definire la flow chart della salute mentale per quelli che vengono definiti dei “sani terminali”.
È vero che troppo spesso questi genitori hanno anche difficoltà a capire di quale certificazione hanno bisogno i loro figli?
Orientarsi nel marasmatico sistema delle certificazioni attese e sospese ha promosso l’attivazione di servizi territoriali paralleli a quelli sanitari deputati alla diagnosi, accreditati a livello regionale a rilasciare certificazioni valide ai fini diagnostici e del trattamento. Nel portale della Regione si rintracciano gli enti privati autorizzati a rilasciare tale valutazione che non ha scadenza non essendo un certificato di idoneità. L’aggiornamento è previsto solo in ambito scolastico al fine di valutare l’idoneità o l’eventuale necessità di variare l’applicazione degli strumenti didattici e valutativi.
Non pensa che queste complesse pratiche alla fine penalizzano soprattutto famiglie che già sopportano carichi pesanti?
Sì, le famiglie hanno bisogno di un intervento “culturale sovversivo” che elogia la tolleranza della lentezza al cambiamento e delle liste di attesa nel pubblico. Serve una rete di prossimità che metta a punto forme di informazione e formazione come esercizio di contaminazione cognitiva ed emotiva per fondare un sapere credibile e protettivo verso i soggetti portatori di una diversa abilità.
Si parlerà anche di videogiochi in chiave terapeutica, un tema già emerso in questi mesi dopo la ricerca dell’Università di Bergamo che ha messo in luce i vantaggi dei videogames per la cura della dislessia. Ma sono risultati credibili? Come la mettiamo con la sindrome da gioco compulsivo che tocca da vicino tanti adolescenti e le loro famiglie?
L’approccio scientifico della video games therapy come strumento di riabilitazione e di rianimazione psichiatrica per la salute mentale è fortemente sostenuto da specialisti autorevoli impegnati in studi pilota su algoritmi clinico educativi che si riassumono nel piacere/rischio del video giocare per apprendere a stare bene, riducendo gli effetti indesiderati della mancata temporalizzazione di tale attività e favorendo un uso consapevole e bilanciato coltivando l’attesa di risultati educativi, supportivi ed espressivi. I risultati di un percorso di VGT parla di un 85% di ragazzi riabilitati. L'utilizzo del videogioco commerciale in terapia è iniziato nel 2019, ed ha funzione riparatoria e terapeutica.
E per quanto riguarda la pet therapy – altro argomento sul tappeto - a che punto siamo? Esistono modalità nuove e accertate scientificamente per ricorrere a questa buona prassi?
La TAA è l’insieme degli interventi comunemente riconosciuti come pet therapy; La pet therapy, infatti, non è e non può essere “sfruttamento” degli animali, ma una forma dolce di coterapia che riconosce la loro capacità di stabilire un rapporto emozionale profondo con gli esseri umani”; è un approccio terapeutico che coinvolge l’interazione tra gli animali e i soggetti fragili e vulnerabili per migliorare la salute e il benessere riducendo lo stress e migliorando la qualità della vita. Non si tratta di una cura sostitutiva ma integrativa e alternativa. Si tratta di un modello di attività equestre che genera salute mentale: dalla prevenzione del disagio alla implementazione del benessere psicofisico, della stimolazione sociale, con miglioramento dell’umore e della autostima.