Chiara Corbella, morta il 12 giugno di dieci anni fa
«Ciao Chiara, ho avuto due gravidanze miracolose. Veglia sui miei figli e su tutta la mia famiglia. Se è volontà di Dio, intercedi per me affinché possa avere una terza gravidanza ». Lo ha scritto Giorgia, il 9 maggio, sul sito ChiaraCorbellaPetrillo.org, mentre il 24 aprile Milena le chiede: «Intercedi per la mia salute, permettimi di recuperarla completamente, stendi la mano sulle cure che sto facendo e sui medici che mi stanno aiutando. Avendo già ricevuto da te la grazia di una maternità tanto desiderata, sono certa che mi aiuterai anche stavolta». Sono soltanto alcuni delle migliaia di messaggi sul sito o sulla pagina Facebook intitolati alla serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, morta a 28 anni il 12 giugno di 10 anni fa; il 21 settembre 2018, data del decimo anniversario delle nozze con Enrico, la diocesi di Roma ha aperto il processo per la causa di beatificazione. Ha invitato a guardare al suo esempio di donna, sposa e madre anche il vescovo Dario Gervasi, ausiliare per il Settore Sud della diocesi di Roma e delegato per la pastorale familiare, celebrando il 29 maggio a S. Maria Maggiore una Messa in vista dell’ormai imminente Incontro mondiale delle famiglie, che ha proprio per tema 'L’amore familiare, vocazione e via di santità'.
Domenica 12 giugno alla Porziuncola di Assisi, luogo tanto caro a lei e al marito Enrico, alle 15,30 fra Massimo Fusarelli, ministro generale dei frati minori, presiederà una Messa solenne in sua memoria; in mattinata, alla Domus Pacis, alle 10,30 ci sarà la testimonianza di Enrico Petrillo e fra Vito D’Amato, padre spirituale della coppia. Lunedì 13, presso la tomba al cimitero del Verano in cui riposano anche i figli Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, dalle 10 alle 17 diversi gruppi animeranno momenti di preghiera. «Lì troviamo sempre tante lettere, spesso di donne che hanno fidanzamenti travagliati, gravidanze complesse oppure che non riescono ad avere figli», raccontano i genitori Roberto Corbella e Maria Anselma Ruzziconi. «A Firenze, alcuni anni fa, abbiamo incontrato Caterina Morelli, che ci aveva invitato per una testimonianza; malata di tumore, si rivolgeva spesso a Chiara». Aveva scoperto la malattia all’inizio della seconda gravidanza, proteggendo il figlio Giacomo dalle terapie aggressive così come aveva fatto Chiara con il terzogenito Francesco, ed è morta a 37 anni l’8 febbraio 2019. «Vedere che molte persone si appoggiano a nostra figlia ci aiuta a comprendere che quanto è successo è per un bene superiore e ci aiuta a sentirla sempre con noi. Ci dicono che Chiara ha cambiato la loro vita, pur non avendola conosciuta personalmente, ma attraverso i libri, i social e le testimonianze. Succede anche con sacerdoti e religiosi: di recente due missionarie della carità di Madre Teresa ci hanno invitati alla loro prima professione dei voti perché hanno voluto prendere il nome di suor Chiara Luz e suor Chiara Amata», rivela Roberto. Per Maria Anselma «hanno avvertito un’assonanza con la storia di Chiara nel suo essersi fidata completamente di Dio». «I frutti della vita di Chiara? Infiniti – sottolinea fra Vito D’Amato, suo padre spirituale dal fidanzamento alla morte –. Ci arrivano testimonianze di amicizia e devozione da tutto il mondo: Brasile, Cuba, Filippine. Il passaparola corre anche sul web, il libro sulla storia è ancora molto venduto e regalato, suscitando poi il desiderio di approfondire. Alcune donne che hanno avuto gravidanze difficili, che accolgono bambini con gravi disabilità, che vivono la malattia, lo fanno in maniera molto coraggiosa e trovano in Chiara un’ispirazione, un’amica che unisce al Signore», racconta. «Qualche mese fa è venuto a trovarmi un papà francese: il suo quinto figlio era anencefalico come Maria Grazia Letizia, e ha compreso che ci poteva essere una grazia dentro quell’esperienza di nascita e morte poco dopo. Riceviamo richieste di testimonianze anche da monache e monaci di clausura, eremiti; molte ragazze hanno trovato nella storia di Chiara la luce per comprendere di essere chiamate alla consacrazione: la vita battesimale, qualsiasi forma assuma, apre alla vita eterna».
Di Chiara, conosciuta ad Assisi con Enrico quando erano fidanzati, «inizialmente mi hanno colpito la bellezza, la delicatezza, i modi gentili. Nel tempo, la sua fede: aveva scoperto che il contrario dell’amore è il possesso, quindi il desiderio profondo di un amore libero e liberante era diventato il suo cammino. Aveva capito il mistero pasquale: il Signore dà la vita perdendola, non trattenendola. A me, consacrato e sacerdote, nutriva la fede di una donna che lottando e combattendo sempre di più, nelle gravidanze e poi con il tumore, vince perdendo quello che per noi umanamente è impensabile: un distacco doloroso, ma offerto e consegnato, dei figli, finanche della sua vita», ricorda fra Francesco Piloni, ministro provinciale dei frati minori di Umbria e Sardegna. «Dentro la spiritualità francescana si è espressa in modo splendido: Chiara era semplice, 'sine plex', senza pieghe, quella che vedevi. E povera, che per Francesco significava 'senza nulla di proprio'. Chiara ha percepito che la bellezza era andare incontro al Signore da povera, perché aveva ritrovato tutto in Lui. Lei è una contestazione e una provocazione a tutto ciò che è apparenza, che si presenta forte e vincente. In modo evangelico lei contesta il vuoto di chi punta tutto sulla 'vetrina', e fa andare all’essenziale. Parla ai giovani e alle famiglie in un modo splendido: davanti alla sua storia rimangono allibiti, scioccati, alcuni arrabbiati. Ed è qui la provocazione: la sua capacità di inquietare, perché va a mettere una dinamite su tutto ciò che è effimero. Chiara è un’evidenza del comandamento dell’amore, che è possibile il Vangelo, oggi».
«I nostri figli adottivi arrivati grazie alla sua intercessione»
«Tutti scandiscono la vita con i 'se', Chiara invece l’ha scandita con i 'sì': bisogna imparare a fare come lei». Giulia Di Gregorio, 43 anni, sposata dal 2003 con il 45enne Emiliano Paris, sintetizza con questa frase lapidaria quello che ha imparato dalla sua amicizia con Chiara Corbella Petrillo. Si sono conosciute il 19 ottobre 2009, dopo la sua testimonianza sulla gravidanza e la nascita della prima figlia Maria Grazia Letizia, morta qualche mese prima (a giugno), 40 minuti dopo il parto per un’anencefalia. «Con mio marito stavamo cercando di avere figli e le sue parole mi hanno toccato tantissimo». A giugno 2010 Chiara ed Enrico hanno il secondo figlio, Davide Giovanni, e lo salutano poco dopo: aveva patologie diverse dalla sorella, ma incompatibili con la vita. Con Giulia si rivedono «dopo la metà del 2010, quando lei aveva iniziato il servizio civile alle Acli, dove lavoro: sempre sorridente, allegra. Rimase incinta del terzo figlio, quindi andò in maternità e al quinto mese scoprì di avere il tumore alla lingua. Io per delicatezza pregavo a distanza». Successivamente si forma il Rosary group, il futuro nucleo dell’Associazione Chiara Corbella Petrillo: amici e coppie vanno a trovarla ogni giovedì per 'pregare con lei'. Francesco nasce il 30 maggio 2011. Ad aprile 2012, quando Chiara è terminale, parte con familiari e amici per un pellegrinaggio a Medjugorie, a cui partecipano anche Emiliano e Giulia, che racconta: «Avevamo appena saputo di non poter avere figli e mio marito iniziò a parlare di adozione, ma io risposi che non ci pensavo proprio».
Chiara dice a tutti di non chiedere alla Madonna una grazia per lei, ma per se stessi. «Mi disse: 'Cosa hai chiesto a Maria?'. 'Che tu guarisca. Scusami, non sono riuscita a chiedere qualcosa per me'. E si fece una risata. Eppure sul volo di ritorno cambiò tutto in me: se lei aveva tutto questo coraggio, io di cosa dovevo aver paura? Così ho detto a Emiliano che volevo provare la strada dell’adozione». Giulia continua a vedere Chiara ogni giovedì: «L’abbiamo accompagnata con la preghiera fino al giorno della sua morte, il 12 giugno 2012: una grazia, anche se dolorosa. Abbiamo assistito all’incontro fra lei e il Signore ». Inizia a chiedere l’intercessione di Chiara per aiutarla «ad accogliere qualsiasi figlio Dio volesse donarci. Ci propongono una bambina di 6 mesi abbandonata in ospedale: aveva una patologia cardiaca che la rendeva terminale, quindi avremmo dovuto accompagnarla. Per una settimana con mio marito abbiamo pregato e pianto, chiedendo cosa fare. Chiara ha scandito la sua vita con tanti sì, quindi abbiamo detto sì. Al Tribunale dei minori il giudice ci ha detto che non eravamo idonei per quella adozione, perché troppo giovani e alla prima esperienza, comunicandoci che aveva pensato a noi per un fratello e una sorella di 10 e 4 anni, in casa famiglia da 3 anni. Non ho dubbi che Chiara ci abbia portato a loro. E della neonata, anche non avendola mai vista e conosciuta, mi sono sentita madre». Sono passati 8 anni da quel giorno e Giulia sperimenta in tante situazioni che «l’esempio di questa ragazza che si affida a Dio dà il coraggio nel dire sì e cambia la vita: a noi l’ha cambiata».