I coniugi Piovanelli nella loro comunità sulle Ande ecuadoriane - foto concessa dalla famiglia
Ricordando a tutti che la famiglia è la grammatica generativa, «il nodo d'oro» di quell'«alleanza dell'uomo e della donna» alla quale, secondo la parola biblica della creazione, «Dio ha affidato la cura del mondo e la regia della storia», papa Francesco sottolinea che «la terra si riempie di armonia e di fiducia», quando questa alleanza «è vissuta nel bene». La decisione di sposarsi nel Signore – aggiunge – «contiene una dimensione missionaria, che significa avere nel cuore la disponibilità a farsi tramite della benedizione di Dio e della grazia del Signore per tutti».
Esempio felice e fecondo di questa alleanza e di questa disponibilità è la storia dei coniugi Peppo (Giuseppe) e Adriana Piovanelli (72 e 70 anni) che dal 1977 vivono in Ecuador e si spendono per le popolazioni indigene di minuscoli villaggi sulle Ande. Si sono sposati nel 1975 quando Peppo, originario di Brescia, era ancora studente di lingue moderne e Adriana Tiziano, nata a Ceresara (Mantova), diplomata, lavorava e aveva fatto un'esperienza missionaria di sei mesi in Brasile. «Sospinti dal vento del Sessantotto eravamo desiderosi di cambiare il mondo e partecipavamo a manifestazioni di protesta, ma capivamo che ci mancava qualcosa», racconta Peppo. «Poi incontrammo alcuni ragazzi dell'Operazione Mato Grosso, il movimento impegnato a sostegno delle popolazioni sudamericane, e scoprimmo un altro modo di edificare un mondo migliore: impegnarci in prima persona con gratuità».
Durante il fidanzamento la coppia conosce Mario Ruiz, vescovo ecuadoriano di Latagunga, che li invita a lavorare nella sua diocesi, nella quale la popolazione è gravata da molte privazioni. La coppia assicura la propria disponibilità per due anni e nel 1977 giunge a Iacubamba, un piccolo villaggio sulle Ande a oltre 3.300 di quota nel quale mancano elettricità, acqua e strade asfaltate. La comunità indigena che lo abita accoglie la coppia con diffidenza: ben presto, però, ne scopre l'appassionata dedizione e nasce un saldo legame di affezione. Adriana e Peppo, che dipendono dal vescovo Ruiz e dalla Conferenza episcopale ecuadoriana ed economicamente dall'Operazione Mato Grosso, iniziano a lavorare costruendo scuole, realizzando impianti per l'acqua potabile, facendo catechesi. «Furono due anni intensi», racconta Adriana. «Le persone, che vivevano in grande povertà ma possedevano antiche e solide tradizioni, ci insegnarono un modo di vivere semplice e un rapporto leale con la natura che ci piacquero molto: decidemmo di restare».
Nel 1978 Adriana dà alla luce Francesco; in seguito un problema di salute le impedisce di avere altri figli: la coppia adotta due bimbe, Francesca e, successivamente, Rachele. Nel 1980, su richiesta del vescovo Ruiz, i coniugi si spostano nella cittadina cui fanno capo le cinquanta comunità indigene che vivono in quota, Pujilí. Qui costruiscono e iniziano a gestire una grande "casa campesina", un centro destinato ad accogliere gli indigeni poveri che sostano in città per alcuni giorni. Affiancata da un dispensario medico, la struttura è in grado di ospitare sino a 150 persone. Intanto molti volontari giungono dall'Italia per dare una mano: «Insieme, durante la settimana, lavoravamo sia nella casa campesina sia nei villaggi vicini costruendo abitazioni, scuole e chiese, facendo catechismo, assistendo i più bisognosi», racconta Peppo. «Furono otto anni magnifici.
Poi, nel 1988, decidemmo, sempre sotto la guida del vescovo Ruiz, di trasferirci e acquistare un'antica fazenda in rovina nel villaggio di San Nicolas, a 3.000 metri di quota: volevamo trasformarla in una scuola d'arte per i giovani più poveri della zona. Cominciammo le lezioni quando i lavori non erano ancora terminati. I ragazzi, che restavano qui dal lunedì al venerdì, studiavano e ci davano una mano a costruire le aule e le camerate. In seguito, oltre ad avviare un allevamento e la coltivazione dei terreni circostanti, edificammo anche una chiesa e un laboratorio nel quale gli studenti ormai diplomati costruivano e mettevano in vendita i loro manufatti».
La scuola, che è stata riconosciuta dal ministero dell'Istruzione, offre il titolo di ebanista, intagliatore e scultore. Nel corso degli anni ha accolto decine di ragazzi che Peppo e Adriana hanno sempre coinvolto nelle loro attività di volontariato. Anche oggi, nel fine settimana, chi lo desidera affianca i coniugi prendendosi cura delle persone più bisognose d'aiuto che vivono a san Nicolas e nei villaggi limitrofi: malati, anziani soli, donne con figli abbandonate dai mariti.
«È sempre stato nostro desiderio far scoprire alle giovani generazioni la dimensione della gratuità, che qui è ignota», dicono i coniugi. «È importante studiare e imparare un mestiere ma secondo noi è parimenti decisivo, per vivere una vita buona, imparare a donare il proprio tempo e le proprie capacità. Se l'amore di Dio per le creature è gratuito come possiamo noi non dedicarci agli altri nello stesso modo? Dare con gratuità è la regola della nostra vita e della scuola, è il motivo della nostra presenza qui. Abbiamo trascorso decenni spendendoci per i poveri e, nonostante le molte difficoltà che abbiamo dovuto superare, siamo convinti che ne sia valsa la pena. Non abbiamo confidato primariamente in noi stessi, ma ci siamo lasciati convertire e condurre dal Signore: è su di Lui che abbiamo scommesso».