Francesca Levi D’Ancona e Alessio Brunetti con i loro sei figli. Il più grande ha 8 anni, la pù piccola 9 mesi - .
Il prossimo luglio saranno trascorsi dieci anni da quel colpo di fulmine tra Francesca Levi D’Ancona e Alessio Brunetti. «Uscivamo entrambi da storie lunghe, ci siamo incontrati in Piazza Santo Spirito a Firenze, la mia città. Lui, allora 32enne di Perugia, era lì per il suo lavoro di consulente bancario, mentre io facevo già la maestra e avevo 27 anni».
Un amore travolgente, quello fra i due, presi «per pazzi» perché dopo soli tre mesi di fidanzamento sono convolati a nozze.
«Ci dicevano: “Ma non vi conoscete neanche!”. Eppure il nostro rapporto era già solido. Io ero incinta del nostro primo figlio Paolo, avevamo già tutti e due il desiderio di metter su famiglia». Addirittura Alessio ha ricevuto una dispensa speciale per sposarsi nonostante non avesse fatto la cresima ma con l’impegno a ricevere il sacramento non appena conclusi gli incontri di catechesi per adulti, al Battistero di San Giovanni nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore.
«Io sono stata la sua madrina», ricorda Francesca, che insieme al fidanzato diventato rapidamente marito ha avuto modo di approfondire anche il suo cammino di fede.
«Mio padre è di famiglia ebraica, ma non osservante né credente, mentre mia madre è cattolica non praticante; infatti si sono sposati in Comune, dando la possibilità di scegliere a me e mia sorella quale fede praticare. A me è mancato questo aspetto durante la mia crescita; i miei genitori mi hanno iscritta all’Agesci e – dopo aver fatto anche la caposcout – ho maturato da ragazza la decisione di chiedere il battesimo, che ho ricevuto a 20 anni con la prima comunione, dopo un anno il sacramento della confermazione con mia nonna materna a fare da madrina: lei mi ha sostenuta e avvicinata alla fede». Alessio, invece, proviene da una famiglia cattolica e «andava a Messa regolarmente la domenica».
Dopo la scintilla fra i due scoccata, o per meglio dire esplosa, sono passati alla velocità della luce dall’essere fidanzati a sposi e genitori: per alcuni hanno bruciato le tappe, per loro hanno realizzato quello che il loro cuore chiedeva allo stesso tempo, sempre confrontandosi nella trasparenza e crescendo insieme.
«Volevo essere coerente con il mio percorso di fede poi condiviso con lui e ci siamo sposati in chiesa. Abbiamo scelto insieme di dare alla nostra famiglia delle basi cristiane e ai nostri figli un’educazione cattolica ». Inizialmente pensavano a due figli, come nelle rispettive famiglie di origine, ma ora sono a quota sei. E nel 2019, dopo la quarta gravidanza e il suggerimento di una tata, Francesca – oggi 37enne – ha aperto su Instagram il profilo che ora conta circa 104 mila followers e si chiama @comefatecon6: dopo Paolo, Silvia, Maria, Elena e Sara, a maggio del 2022 è arrivata Anna.
Alessio, 42 anni, ha il profilo @comefatecon6_bside, ma per lui è un passatempo mentre per la moglie è diventato anche un lavoro, «oltre a una rete con tante altre mamme e famiglie; prima ero solo su Facebook».
La coppia ha così maturato nell’amore reciproco il desiderio di allargare la famiglia: «Stiamo continuando a conoscerci, un figlio alla volta. Dopo Paolo (8 e mezzo) e Silvia (7 e mezzo), che hanno solo 14 mesi di differenza e crescerli ravvicinati in tandem è stato l’ostacolo più grosso, abbiamo cambiato casa e deciso di avere la terza, Maria (6). Poi è arrivata Elena, la quarta che ora ha 4 anni e mezzo. Eravamo più rilassati, ci abbiamo preso gusto e i neonati ci piacciono, nonostante la stanchezza: alla fine, l’impegno è lo stesso che avevo con i primi due figli, ma moltiplicato. Dopo Sara (2 anni e mezzo), durante la pandemia ne abbiamo perso uno al terzo mese, nel 2021: una brutta esperienza. Ma poi è arrivata Anna, che ora ha 9 mesi: mentre l’aspettavo, sono riuscita anche a prendere la laurea magistrale in lingue. Quando ci siamo sposati mi mancavano due esami e la tesi».
Francesca e Alessio hanno deciso di partecipare alla Messa domenicale con i bambini fin da neonati nella parrocchia di San Francesco, «dove ho fatto la comunione e la cresima. Una volta Paolo piangeva e il parroco della pieve di Sant’Andrea, a Cercina, dove prima abitavamo, disse: “Il pianto di un bambino è segno che Dio non si è ancora stancato di noi”. Siamo stati sempre ben tollerati, anche se so che in alcune parrocchie i piccoli non sono ben visti. Nella nostra alla Messa delle 10, qui a Firenze dove ci siamo trasferiti nel 2015, partecipano i gruppi di catechismo e l’omelia viene rivolta ai bambini».
i più grandi, Paolo e Silvia, sono iscritti agli Scout: « Per me era stata un’esperienza positiva e ho pensato che facesse bene anche a loro: la proposta educativa comprende tanti aspetti utili alla crescita e alla formazione del carattere. Grazie al gioco e alla condivisione si imparano valori come la lealtà e si superano timidezze, paure. Mio marito non li conosceva e gli è dispiaciuto non aver partecipato da piccolo alle loro attività» - .
Intanto i più grandi, Paolo e Silvia, sono iscritti agli Scout: «Per me era stata un’esperienza positiva e ho pensato che facesse bene anche a loro: la proposta educativa comprende tanti aspetti utili alla crescita e alla formazione del carattere. Grazie al gioco e alla condivisione si imparano valori come la lealtà e si superano timidezze, paure. Mio marito non li conosceva e gli è dispiaciuto non aver partecipato da piccolo alle loro attività». Non solo: fin dalla materna hanno scelto per i figli una scuola cattolica paritaria.
Questo modo di vivere la fede in coppia e in famiglia si riflette anche sui social, avendo Francesca numeri da influencer: «Spesso ci scrivono in tanti, contenti di vedere con piacere una famiglia che va a Messa. Noi testimoniamo con molta semplicità e mostriamo le nostre giornate senza commenti: si vede che la domenica andiamo in chiesa, sempre con il telefono spento per rispetto, quindi le foto insieme si scattano solo al termine delle celebrazioni, tranne al catechismo il mercoledì. Per quanto riguarda la fede mi sento sempre un po’ mancante, bisognosa di imparare o chiedere, perché arrivo da un percorso fatto da adulta». Vedendo il primogenito Paolo al campo scout, sono arrivati anche commenti negativi: « Non mi piace dire cosa dicono in questi commenti, perché è come dargli importanza o in qualche modo, se uno non ci aveva pensato, glielo fai venire in mente, sembra quasi che debba giustificarmi di qualcosa. Invece...Siamo persone normali: se ce la possiamo fare noi, allora è possibile, grazie anche all’aiuto di nonni e tate. Basta essere flessibili, pronti a cambiamenti e imprevisti, stabilire qualche regola e usare molta ironia».