martedì 28 gennaio 2025
Il bilancio di Carla Garlatti, che la scorsa settimana ha terminato il suo mandato come Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. «La politica ha le sue colpe, famiglie sempre più in crisi»
Carla Garlatti

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Come stanno i ragazzi italiani, presidente Garlatti?

Scuote la testa, sorride con un velo di amarezza, cercando una risposta che, come sua abitudine, riesca a fotografare efficacemente la realtà senza toni troppi aspri. Bon ton istituzionale e un tratto di gentilezza che fa parte della sua personalità. Dalla scorsa settimana Carla Garlatti ha lasciato l’incarico di Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Quattro anni densi, tante iniziative avviate, prosecuzione quasi naturale delle questioni e dei temi di cui anche prima si era a lungo occupata, come presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste. Al suo posto arriverà la giornalista Marina Terragni.

«Come stanno i ragazzi? La mia prima preoccupazione è sempre stata quella di capire, ascoltandoli. Sono arrivata nel 2021, in piena pandemia. Stavano male. Non è cambiato tanto. Credo che la mia risposta non possa essere molto positiva. In questi quattro anni, ho messo l’ascolto delle loro esigenze al centro del mio impegno. Ho incontrato soprattutto ragazzi che vivono in condizioni difficili, minori stranieri non accompagnati e giovanissimi detenuti, ma anche ragazzi immersi nelle contraddizioni ordinarie della nostra società. Ora li conosco meglio e posso dire, sulla base di un’esperienza diretta, che ci sono troppi ragazzi, troppi adolescenti che stanno male perché le risposte che stiamo dando loro non sono adeguate».

Non si tratta solo di impressioni. Tra le tante indagini realizzate in questo periodo dall’Autorità garante, Garlatti ricorda quella dello scorso anno che ha cercato di fotografare lo stato di salute mentale dei ragazzi. Solo l’8 per cento dei ragazzi ha raccontato di considerarsi felice, il 7 per cento preferisce contatti on line, c’è addirittura un 26 per cento che non desidera rapporti diretti con i coetanei.

«È un dato preoccupante – riprende - il segnale di un malessere che si aggrava, considerano che stiamo parlando di ragazzi di 15-16 anni. Chiediamoci i motivi di questa situazione. C’è certamente la questione del digitale, ma c’è anche un diverso assetto della famiglia che ha ormai definitivamente abbandonato i modelli normativi per far prevalere quelli affettivi e amicali».

Passaggio forse inevitabile ma che, secondo l’ex Garante, soprattutto se gestito senza attenzione e senza consapevolezza, rischia di confondere piani e ruoli. Se il genitore pretende di “fare l’amico” perde il suo ruolo di guida e non ha più alcuna autorevolezza agli occhi dei figli. Anche in questo caso le osservazioni nascono sulla base dell’ascolto di migliaia e migliaia di ragazzi. Tra le tante iniziative realizzate da Carla Garlatti, quella di cui si dice più soddisfatta è infatti l’istituzione della Consulta dei ragazzi e delle ragazze che ha permesso l’attivazione di consultazione pubbliche dei minorenni. In questo ambito è stata affrontata anche la questione della salute mentale.

«Tra le altre richieste, gli adolescenti hanno espresso il desiderio di poter avere l’aiuto di uno psicologo, ma senza informare i genitori. Una richiesta che fa riflettere. A mio parere i motivi sono almeno tre. Forse non vogliono far preoccupare mamma e papà, forse pensano che i genitori vivano a loro volta una situazione di fragilità tale da non poter accettare quella dei figli. Oppure, ed è l’ipotesi a mio parere più allarmante, ritengono che questa notizia finirebbe per deludere i genitori. Quando su un figlio si fanno investimenti esagerati e si pensa che debba essere sempre il numero uno a scuola e nello sport, scoprire che c’è la necessità di un aiuto psicologico può essere inteso come il segnale di un fallimento. E invece non è così».

Un quadro pesante per tutti, da Nord a Sud, ma che, in alcune zone risulta ancora più allarmante. Carla Garlatti ha più volte sottolineato le disparità che attraversano il Paese e che si ripercuotono sul livello dei servizi territoriali dedicati all’infanzia e all’adolescenza. Basti pensare alla presenza dei servizi sociali. Nelle Regioni meridionali un assistente sociale serve in media un bacino di 10mila abitanti, il doppio di quanto stabilito dai livelli essenziali stabiliti dall’ultimo focus dell’Ufficio parlamentare di Bilancio. «Ecco perché ho più volte sollecitato il governo a intervenire per risolvere queste disparità». E come è andata? «Direi che in questi anni dalla politica ho avuto molte soddisfazione e anche qualche amarezza». Tra queste ultime cita il decreto Caivano, positivo per quanto riguarda la riqualificazione del territorio e gli interventi educativi, ma pessimo – a suo parere - per l’inasprimento delle pene. «Il recupero di un ragazzo che ha violato la legge può avvenire solo sul piano educativo, il carcere è sempre l’ultima spiaggia. Inasprire le pene non è un deterrente perché il minorenne quasi mai ha la percezione della gravità del suo gesto».

E tra le soddisfazioni? «I centri di aggregazione giovanili realizzati su iniziativa della viceministra al Lavoro e alla Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci. Grazie ai fondi del Pnrr verranno realizzate sul territorio nazionale 60 comunità per adolescenti grazie a unalleanza virtuosa con il Terzo Settore e le realtà socioeducative. Una bella notizia».

Finalmente il sorriso è spontaneo. Perché, quando parla di bambini e di adolescenti Carla Garlatti punta sempre a un profilo alto. Il suo riferimento è il preambolo della Convenzione di Ginevra sui diritti dell’infanzia dove si dice in modo esplicito che il bambino deve crescere “in un clima di felicità, di amore e di comprensione”. L’unico testo legislativo, fa notare, in cui si parla di felicità. «Cosa auspicare di meglio per un bambino?».

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