domenica 15 settembre 2024
Dalla Palestina all’Italia per il master della Cattolica dedicato ai rifugiati politici, un ragazzo di Betlemme ha ritrovato la fidanzata, si è sposato e ha avviato una catena di oreficerie
Anton Shomali con la moglie Amira

Anton Shomali con la moglie Amira

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Chi trova un master trova un tesoro. Anton Shomali, cristiano palestinese, grazie a un master, ha aperto sei negozi pieni di “tesori” ma, soprattutto, ha ritrovato il tesoro più grande, l’amore, la sua Amira, che oggi è diventata sua moglie e la sua collaboratrice più preziosa. Come nella parabola del tesoro nascosto, Anton ha messo in gioco tutto sé stesso, ha compreso che quel periodo di studio in Italia avrebbe potuto rappresentare l’equivalente della perla preziosa inseguita a lungo dal mercante saggio della parabola, e ha deciso di tentare.

Anton è uno dei dieci vincitori di borse di studio per giovani rifugiati del Master in Ri-sorse umane e organizzazione di Istud – Università Cattolica, Istituto G. Toniolo di Studi superiori e Centro di ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI) – iniziativa partita nel 2007 che viene riproposta anche quest’anno. Per l’anno accademico 2024/25, l’impegno a favore dei giovani rifugiati si concretizzerà in due borse di studio del valore complessivo di 36mila euro. La quota comprende la copertura dei costi di partecipazione al Master universitario di I livello in “Risorse umane e organizzazione”, e i costi di vitto e alloggio collegati. La partecipazione è riservata a giovani con status di rifugiato o titolari di protezione internazionale o di protezione sussidiaria (https://centridiateneo. unicatt.it/cesi-scholarship-internazionali- rifugiati-politici). L’iniziativa parte dalla convinzione che l’inclusione formativa, tanto più a livello di formazione manageriale e di gestione aziendale, rappresenti un piccolo ma significativo tassello per la crescita del nostro sistema economico e una reale fonte di ricchezza conoscitiva nella direzione della multiculturalità e dello sviluppo delle imprese e della società.

L’obiettivo è di lavorare su formazione e inserimento professionale di alto livello, in ruoli manageriali, provando a scardinare una visione di immigrazione al lavoro relegata e schiacciata su ruoli a basso valore aggiunto e qualità. I vincitori delle precedenti edizioni, infatti, dopo avere partecipato al Master full time in HR management presso la sede Istud di Baveno (Novara), hanno trovato occupazione con prevalenza nell’area della gestione delle risorse umane, in grandi gruppi e società strutturate o nelle Ong e nel sociale. In due delle precedenti edizioni, l’ Unhcr ha inserito il Master in Risorse umane e organizzazione tra le organizzazioni della società civile premiate con il logo WeWelcome, per l’impegno a favore dell’integrazione lavorativa dei rifugiati. Le aziende e istituzioni vincitrici perseguono l’obiettivo di un modello di società che si adopera per prevenire e combattere xenofobia e razzismo nei confronti di chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra e che ha trovato protezione nel nostro Paese.

Obiettivo impossibile? La storia di Anton, come quella degli altri vincitori delle borse di studio, racconta di un percorso complesso, difficile, eppure ricco di speranza, davvero aperto alla possibilità di crescita. È stata proprio la voglia di affermarsi che ha portato questo trentaduenne palestinese – è originario di Betlemme – prima a studiare turismo Al Cairo, in Egitto, dove ha lavorato per due anni in un’agenzia di viaggi, poi a trasferirsi in Italia. « Ho vissuto prima a Perugia, dove ho studiato italiano all’Università per stranieri, poi – racconta in un italiano corretto anche nei congiuntivi - a Milano e a Como. Qui ho finalmente raggiunto la mia ragazza che si trovava già da anni in Italia». Sia Anton che Amira sono figli di quella ormai ristrettissima schiera di famiglie palestinesi cristiane da tante generazioni - meno dell’uno per cento della popolazione – che hanno deciso di non cedere alla preponderante presenza musulmana.

«La famiglia di mia moglie si è trasferita da vent’anni in Italia, ma ogni estate torna in Palestina per non spezzare le radici e mantenere saldo il legame con la nostra terra d’origine. Ci conosciamo tutti a Betlemme. Con Amira giocavamo insieme da bambini. Qualche anno fa, proprio d’estate, è scoppiato l’amore». Anton parla in modo corretto italiano, inglese, arabo e un po’ di ebraico. Ha scoperto il Master attraverso il passaparola di amici. Dopo l’esperienza del percorso di approfondimento universitario in Risorse umane dell’Università Cattolica, il giovane palestinese si è trasferito a Dubai per frequentare uno stage come tirocinio con la Camera di Commercio e, dopo questa esperienza, ha lavorato in una azienda del food come impiegato commerciale, sempre negli Emirati Arabi. Quindi sei mesi di stage e sei mesi di lavoro. A quel punto per Anton si sono aperte due strade: proseguire con il lavoro trovato a Dubai, oppure cambiare radicalmente strada, inseguendo un progetto nel frattempo messo a punto con Amira e con la sua famiglia? L’incertezza è durata poco. E ha vinto l’amore.

«La famiglia di mia moglie da tanti anni si occupava di gioielleria. Giravano fiere e mercatini con una bancarella ma, insieme, abbiamo deciso di fare il salto passando a un negozio con vetrine. Abbiamo creato un nuovo brand “Alamira jewelry”, che potremmo tradurre con “i gioielli della principessa”. E non è difficile immaginare chi sia per Anton la sua principessa. Una intuizione vincente. In pochi anni i negozi si sono moltiplicati e oggi l’azienda di Anton e della moglie dispone di sei punti vendita a Milano, collocati soprattutto nei grandi centri commerciali (tra cui Arese, Fiordaliso, Carosello Sarca, ecc) e dispone di 15 collaboratori. Nei loro piani c’è a breve una ulteriore espansione delle attività. « Il master – riprende Anton - è stato un passaggio molto importante. Mi è servito per allargare le mie conoscenze, scoprire nuovi contenuti e acquisire piena consapevolezza nelle mie capacità». Importante anche il consolidamento delle relazioni personali.

«Sì, ancora a distanza di alcuni anni - prosegue l’imprenditore - sono in contatto con i miei compagni di Master e mi fa piacere risentirli. Sono arrivato da solo in Italia e grazie al Master ho avuto la possibilità oltre che di crescere professionalmente, di conoscere tante persone con cui abbiamo stretto amicizia e con cui abbiamo parlato e condiviso idee e progetti. Senza il Master, per esempio, non avrei avuto le conoscenze necessarie per avviare il progetto ora diventato il mio lavoro. E, ancora, grazie al Master, ho potuto lavorare a Dubai, un periodo per me importante che mi ha permesso di conoscere meglio quel mondo e, adesso, mi serve per gestire in modo più attento la mia impresa». Quella borsa di studio si è trasformata davvero in un tesoro che ha cambiato la vita di due ragazzi e ha permesso loro di costruirsi un nuovo futuro.

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