mercoledì 19 maggio 2021
Saper ascoltare e mettersi in discussione sono aspetti fondamentali per chi vuole fare impresa
Matteo Marzotto, rappresentante della sesta generazione della famiglia

Matteo Marzotto, rappresentante della sesta generazione della famiglia

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L'imprenditore deve essere umile, deve saper ascoltare e vedere, deve essere capace di dire grazie. Passa anche da questo la proposta di Matteo Marzotto per un’economia nuova. Quasi al giro di boa dei 55 anni – rappresentante della sesta generazione della famiglia –, Marzotto non ragiona però solo di impresa e spiega subito: «Diffido di chi dice che una volta era più facile oppure più difficile, e che adesso comunque è tutto diverso. E diffido ancora di più di chi ha una ricetta pronta per qualsiasi cosa». Poi aggiunge: «In tema di economia e di società nessuno ha la verità in mano, ma io credo che di fronte alla grande complessità che viviamo oggi, occorra rifarsi a pochi e saldi principi».

Marzotto parla al telefono spostandosi da una azienda all’altra, con in vista un impegno per la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (di cui è presidente e che ha contribuito a creare vent’anni fa), e racconta sull’onda di quanto è stato e di quanto è oggi, sulla scorta di esperienze passate e di aspirazioni presenti: ne emerge una particolare visione della buona impresa ma anche un po’ di se stesso.«La grande complessità che viviamo un po’ mi angoscia. L’iperconnettività la capisco fino ad un certo punto. Tutto quello che è macro mi preoccupa. Ma tutto è poi relativo alla nostra epoca, che è l’ennesima in cui una parte del mondo prova a prevalere su un’altra. Forse quello che ci fa sembrare tutto diverso è la velocità: rischiamo ogni momento di perdere l’equilibrio». Anche in economia, ma non solo. Ne vanno di mezzo l’ambiente, i rapporti sociali, il futuro.Dice: «Io credo che occorra mettere l’essere umano al centro del ragionamento economico». Affermazione banale solo in apparenza e che, invece, è estremamente impegnativa e basata anche sulla natura stessa dell’agire economico. «Mettere l’uomo al centro – spiega –, è più conveniente. In fondo, quando da imprenditori poniamo l’essere umano al centro del nostro agire, ci creiamo più opportunità». Competere, ma con misura. Se ci si pone come esseri umani davanti ad altri essere umani, tutto funziona meglio anche dal punto di vista della convenienza economica. Un approccio che nella nostra industria ha avuto ed ha grandi esempi. «Penso – dice Marzotto –, a mio nonno Gaetano, ad Adriano Olivetti e oggi a Brunello Cucinelli ma anche a tantissimi imprenditori».

Dunque l’impresa che produce valore oltre quello economico. L’azienda che ha significato anche per il territorio in cui è: un buon luogo di lavoro e di vita. Marzotto precisa: «Non è un tema necessariamente cristiano o cattolico. È un tema umano. E anche economico».Questione di regole. «Sono certo che si spenderebbe infinitamente meno in termini di costi emotivi e fisici semplicemente applicando alcune buone norme di comportamento», sottolinea Marzotto precisando che «certo, occorre anche battersi per cambiare le regole. Perché è imprescindibile affermare la dignità personale e della collettività. È legittimo quindi avere l’aspirazione al successo, ma questo non può essere basato sulla prevaricazione. Il successo vero deve essere durevole e non effimero e vuoto».Ed è qui che Matteo Marzotto pare quasi guardare anche alla sua storia. «Io ho vissuto molte esperienze diverse. Ho fatto molti errori e ho cercato però di imparare da questi. È necessario avere pazienza e umiltà. Occorre avere rigore nel non dimenticare gli errori fatti. Tutto questo per me vale come imprenditore e come uomo». Sbagliare per imparare e crescere, quindi. Per Marzotto però tutto questo pare non essere ancora sufficiente.

«Chi fa impresa – dice –, deve saper guardare al dettaglio ma anche all’insieme delle cose. È difficile, ma è necessario. Così come è necessario fare attenzione al contenuto e non solo all’immagine». Già, l’immagine. Anche questo passaggio per Marzotto comporta un ragionamento particolare. «In questi ultimi anni ho un grande sollievo: mi sono guadagnato l’accettazione dell’umiltà. Certo, io mi porto dietro il retaggio di un’immagine vincente. Spesso nella mia esperienza professionale hanno contato più l’immagine e la comunicazione. E per me era facile comunicare in un certo modo ed era anche utile farlo. Poi l’evoluzione della vita e delle cose mi ha condotto a cambiare determinati approcci e visioni». Umiltà, quindi, come forza. Anche in economia. «Credo che un buon imprenditore debba essere capace di decidere, ma anche di dire "non so". Ho un particolare un concetto di libertà che va applicato anche nel fare impresa, e che implica la capacità di dire grazie, di chiedere scusa, di avere dei dubbi. Insomma, chi ha la capacità di comprendere e sapere tutto?».Umile fermezza nel fare le cose per bene. Ma anche capacità di cercare e realizzare il bello in quello che si fa. E avere misura. «Lo dico spesso a me stesso – sottolinea Marzotto –, e lo dico anche ai miei amici imprenditori: fare impresa è complesso oggi come ieri. La buona impresa è quella che fa bene alle persone, non al portafoglio di pochi e al tornaconto immediato». E il profitto? «Nella creazione del valore e quindi nell’impresa – sottolinea Marzotto –, è necessaria una tensione verso un profitto a lungo termine che non può essere solo monetario. Dobbiamo agire come custodi di qualcosa da migliorare e lasciare alle generazioni successive. Certo, la tentazione di dire ci penseranno altri c’è tutta. Ma torniamo daccapo: l’egoismo non paga mai, nemmeno in economia».

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