A caccia di un abito cucito su misura. Quando Stato e mercato smettono di donargli vesti, il terzo settore non può permettersi il lusso di girare nudo. I bisogni della povera gente e il grido di dolore degli ultimi: enti ecclesiastici e religiosi hanno una missione che vale più di tutto l'oro del mondo. Solo che adesso l'oro nel mondo scarseggia (per i molti, per i pochi abbonda) e la finanza sociale rimane ultimo avamposto per foraggiare chi ha deciso di combattere con il cuore la causa dei deboli. Social lending, titoli di solidarietà, social bond: la riforma del Terzo settore apre scenari nuovi rispetto alle forme di finanziamento tradizionale. Si tratta di comprendere, spiega il segretario del Dicastero per lo sviluppo umano Suor Alessandra Smerilli, le opportunità che in questa determinata fase storica offrono questi nuovi strumenti finanziari. I rischi non mancano ma gli ingredienti per fare qualcosa di buono, parola del rettore dell'Università Cattolica Franco Anelli, ci sono tutti.
D'altronde non se ne può fare a meno, risulta evidente nell'incontro di ieri l'altro in Cattolica promosso dalla facoltà di scienze bancarie, finanziarie e assicurative in collaborazione con Unione superiore maggiori d'Italia (Usmi) e Conferenza italiana superiori maggiori (Cism): lo Stato ha ridotto il flusso da destinare alle attività sociali. Mentre la regolamentazione bancaria viaggia verso una pericolosa standardizzazione. "Nell'erogazione del credito ordinario -spiega la preside di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative Elena Beccalli- le banche sono tenute ad applicare gli stessi modelli a tutti i prenditori: ciò può risultare penalizzante per gli enti del terzo settore poiché sono chiamati ad avere le stesse condizioni, le stesse garanzie e la stessa 'disclosure' di informazioni delle imprese".
Da qui la necessità di una finanza sociale ad hoc per non lasciare questi enti a secco: nel Codice del Terzo abbiamo i titoli di solidarietà, emessi da banche sotto forma di obbligazioni e altri titoli di debito; i social bond che sono più complessi e restano ancora poco utilizzati; infine il 'social lending', che prevede la raccolta di capitale attraverso piattaforme online autorizzate sul modello del prestito tra privati (crowdfunding). Riduzione del costo di intermediazione finanziaria, maggiore diversificazione del portafoglio, dipendenza inferiore dal settore bancario, differenziazione delle fonti di finanziamento: Mattia Berruti, expert analyst del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria di Banca d'Italia, non ha dubbi, il social lending ha molti benefici. E anche qualche difetto: tipo il rischio di non efficiente allocazione del risparmio e d'instabilità finanziaria, la scarsa trasparenza e la dipendenza dalla tecnologia.
Ecco perché - avverte Giovanni Pirovano consigliere e membro esecutivo Abi- serve investire su consulenti esperti che conoscano le peculiarità degli enti ecclesiastici. Ma guai a buttare il bambino con l'acqua sporca: il social lending si sposa bene con il principio di sussidiarietà, pietra miliare della dottrina sociale della chiesa. Il sentiero è tortuoso, gli ostacoli sono sulla strada. Ma continuare a camminare è cruciale, per la missione di sempre: "la volontà di assicurare la qualità dei nostri servizi a tutti gli assistiti", parola di padre Luigi Gaetani presidente Cism.