Poche aziende riescono a far associare il proprio prodotto a un’intera categoria merceologica. E’ il caso ad esempio dello Scottex, diventato sinonimo dei rotoli di carta da cucina. Ed è il caso del Tupperware, termine usato da molti anni per indicare sostanzialmente tutti i contenitori ermetici di plastica utilizzati per contenere cibo. Eppure, nonostante un successo che data ormai 77 anni, l’azienda di origine americana è oggi a un passo dal fallimento: in crisi di liquidità e con un debito di oltre 700 milioni di dollari, il titolo Tupperware ha perso nei giorni scorsi fino al 50% a Wall Street.
Nonostante i tentativi di rendere più moderni i suoi prodotti, negli ultimi anni l’azienda ha subito l’aggressività della concorrenza, perso terreno nell’innovazione e fallito nel tentativo di riposizionarsi verso il mercato dei più giovani, vedendo diminuire drasticamente le vendite. Negli anni ’50 e ’60, i “Tupperware party” diventarono un’icona per le donne americane: era solo a casa di amiche, che organizzavano vendite dirette in casa, che le casalinghe potevano infatti acquistare i contenitori ermetici pratici e coloratissimi, che cominciarono così a diffondersi e a invadere il mercato inaugurando anche una precisa strategia relazionale di marketing. Una strategia che resse il passo per qualche decennio, prima di diventare totalmente “fuori moda”, ancora di più con l’avvento dell’e-commerce.
Fondata nel 1946 da un uomo, l’inventore Earl Tupper, per anni l’azienda ha avuto come volto pubblico una donna, Brownie Wise. Soprattutto nei primi anni, i contenitori Tupperware costituirono un’autentica innovazione, consentendo di mantenere i cibi freschi più a lungo in un’epoca in cui i frigoriferi erano ancora troppo cari per molte famiglie. Fu però proprio con la strategia delle vendite dirette, promossa da Wise, che le vendite cominciarono davvero a correre, assumendo un ruolo importante anche nel coinvolgere un numero maggiore di donne nel mondo del lavoro (un lavoro tra l’altro flessibile) nell’America del dopoguerra. Di più: i Tupperware party rivestivano anche un ruolo sociale, mettendo le donne in contatto con altre donne, laddove molte casalinghe si sentivano isolate nei nuovi sobborghi cresciuti nel dopo-guerra e lontane dalle loro famiglie di origine. La stessa Wise, inoltre, fu posta da Tupper in una posizione dirigenziale, in un’epoca in cui le donne erano largamente escluse dalla stanza dei bottoni delle aziende.
Negli ultimi anni, però, il mercato è stato inondato da aziende che hanno cominciato a produrre alternative più economiche (e anche più sostenibili della plastica) rispetto ai “vecchi” Tupperware. E se durante il Covid l’azienda era riuscita a far risalire le vendite – grazie al fatto che molta più gente cucinava in casa, e quindi aveva necessità di conservare più cibi -, gli ultimi mesi hanno visto un nuovo, e potenzialmente letale, declino per l’azienda.
Neanche l'accordo con la rete di grande distribuzione Target è riuscita a risollevare le sorti della società e nell'ultimo scorcio del 2022 le vendite hanno accusato un ribasso del 20%. Il mercato più giovane, inoltre, preferisce ormai contenitori fatti di materiali maggiormente attenti all’ambiente e Tupperware, su questo fronte, paga la mancanza di innovazione. L’azienda è ora a caccia di potenziali investitori o partner finanziari e sta valutando di mettere mano al patrimonio immobiliare per reperire liquidità. Ma potrebbe essere l’ultima chiamata: il rischio, secondo molti analisti, è di veder confinare per sempre i Tupperware in qualche museo di modernariato.