mercoledì 7 agosto 2024
Al momento le figure professionali più ricercate rimangono i macchinisti, gli ingegneri e altre professioni tecniche
Opportunità di lavoro nel trasporto merci su ferro

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Il trasporto merci su ferro potrebbe dare una svolta alla logistica in Italia. Sia in termini di riduzione di emissione di anidride carbonica che di traffico. Oltre che di sviluppo di professionalità specifiche. La nostra rete ferroviaria è la quarta più estesa in Europa dopo Germania, Francia e Polonia. Comprende quasi 17mila chilometri di linee di proprietà statale gestite da Rete Ferroviaria Italiana e 3mila chilometri di linee secondarie, di proprietà regionale e gestite da diverse società sia pubbliche che private. Il 73% è elettrificato e solamente il 46% è a doppio binario, senza considerare poi che la rete nazionale è molto vulnerabile in quanto esposta ai danneggiamenti causati da frane ed eventi alluvionali che sempre più frequentemente si abbattono sul nostro territorio.

Tuttavia il settore ferroviario è nel pieno di una “transizione infrastrutturale”, provocata dalla messa a terra degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. «I lavori previsti dal Pnrr sulle ferrovie produrranno riduzioni del trasporto merci fino al 60% - spiega il direttore generale di Fermerci Giuseppe Rizzi -. Al termine degli interventi nel 2027 la rete sarà potenziata e adeguata agli standard europei e questo è un bene, ma fino a quel momento sono necessari investimenti urgenti, misure economiche e regolatorie per scongiurare una crisi del comparto poiché gli operatori ferroviari non possono sopravvivere autofinanziandosi per così tanto tempo. Nel primo semestre del 2024, il settore ha confermato la stessa tendenza rispetto alla perdita del 3,2% avvenuta nel 2023 sul 2022, che ha causato lo scorso anno una perdita di 1,7 milioni di chilometri prodotti dai treni merci sul territorio italiano».

Anche se oggi il trasporto merci è dominato dalla gomma (59%), seguita dalla navigazione marittima di cabotaggio (25%), il trasporto ferroviario, che detiene una quota dell'11% del totale nazionale (contro la media europea del 23%), «è la modalità più sostenibile perché raramente utilizza combustibili, grazie all'infrastruttura ferroviaria nazionale che è quasi interamente elettrificata, con un impatto ambientale più che positivo».

«Confrontando la modalità ferroviaria con l'autotrasporto – continua Rizzi - è stato calcolato un risparmio di emissioni pari a 60 grammi di CO2 per ogni tonnellata di merci che un treno trasporta per ogni chilometro che deve percorrere poiché l'utilizzo di prodotti petroliferi costituisce la quota preponderante delle fonti energetiche di approvvigionamento, con il 95% dei mezzi alimentati a diesel oppure a olio combustibile. Faccio un esempio: considerando una capacità di trasporto di un treno pari mediamente a 700 tonnellate e quella di un veicolo pesante che è circa di 14 tonnellate, si può stimare che ogni treno sostituisca il trasporto di circa 50 mezzi pesanti sulle strade a lunga percorrenza. Dal punto di vista energetico, lo spostamento della merce sul treno permette di ottenere fino all’85% di consumi in meno rispetto agli equivalenti 50 mezzi pesanti, oltre all’utilizzo del vettore elettrico invece dei combustibili fossili. Questo non solo diminuisce le emissioni di gas serra, ma anche l'inquinamento acustico e l'incidentalità e al contempo consente un risparmio energetico. Inoltre, le ferrovie possono utilizzare energie rinnovabili, come l'elettricità proveniente da fonti solari o eoliche, rendendo il trasporto ancora più pulito».

Il traffico merci su rotaia dovrebbe quindi essere sostenuto, per favorire l’auspicato processo di elettrificazione, come previsto dalla proposta del Pniec-Piano nazionale integrato per l'energia e il clima dell’Unione Europea al 2030, con una conseguente minore congestione stradale e ricadute positive anche per la viabilità e la sicurezza, oltre che per l’ambiente.

«Per sostenere la transizione ambientale - sottolinea il dg - è quindi necessario aumentare la quota di shift modale dalla gomma al ferro con politiche di incentivazione. Gli incentivi come il Ferrobonus e la Norma Merci sono determinanti nel promuovere questa transizione verso il trasporto ferroviario delle merci. Tuttavia, nel 2023 il comparto ha registrato una perdita rispetto al 2022. Le cause sono state molteplici: l’interruzione dei due valichi alpini (Frejus e San Gottardo) sul versante Nord, la crisi del Mar Rosso che ha colpito tutti i traffici provenienti dai porti italiani, il momento economico non positivo di alcuni grandi Paesi europei destinatari di nostre merci e infine le interruzioni ferroviarie necessarie per l'attuazione dei lavori Pnrr sull'infrastruttura ferroviaria. Fino al 2026, nonostante l’ottimo lavoro di gestione che sta svolgendo il gestore dell’infrastruttura Rfi, tali interruzioni, necessarie per svolgere i lavori in sicurezza, comporteranno riduzioni della capacità ferroviaria su alcune linee fondamentali per il trasporto merci, con prospettive di perdita superiori rispetto al 2023. Come Associazione Fermerci riteniamo fondamentale, soprattutto in questo periodo di crisi del comparto, incrementare le misure di incentivazione al trasporto ferroviario delle merci per sostenere la competitività del settore e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Ue».


Il settore della logistica e del trasporto ferroviario, pur occupando a oggi una porzione limitata del panorama generale della mobilità delle merci in Europa – posizionandosi ben al di sotto del predominante settore stradale – riveste un ruolo di interesse centrale nelle politiche europee e nazionali di decarbonizzazione dei trasporti e promozione della connettività e dell’interoperabilità. In Italia, il settore logistico ferroviario è caratterizzato da volumi di traffico che si discostano notevolmente dalla media europea, con una quota modale del 12,6%, in netto contrasto con il 17% della media Ue e da un’offerta ferroviaria prevalentemente concentrata nelle regioni settentrionali. Dopo la crisi economica e il conseguente crollo dei volumi di traffico nel 2008, il trasporto ferroviario delle merci in Italia ha manifestato una notevole ripresa a partire dal 2010, con una tenuta del settore anche di fronte alla pandemia di Covid-19 (24,3 miliardi di tonnellate-km nel 2021, +17% rispetto al 2020) e al conflitto russo-ucraino (24,3 miliardi di tonnellate-km nel 2022, +0,3% rispetto al 2021), attestandosi a valori medi anni, tra il 2010 e il 2023, di circa 21,4 miliardi di tonnellate-km e 47,1 milioni di treni-km. La Commissione Europea ha definito un chiaro obiettivo per il settore ferroviario: incrementare del 50% il trasporto di merci su rotaia entro il 2030 e raddoppiarlo entro il 2050. Tale sfida impellente impone al settore di confrontarsi con un complesso e dinamico scenario, fortemente influenzato da tre fondamentali transizioni: industriale, ambientale e digitale. Per incrementare e ottimizzare il trasporto delle merci su ferro risulta ad oggi fondamentale lo sviluppo e la gestione efficiente dei nodi logistici, tra cui terminal intermodali, porti e interporti, in cui si svolgono parti rilevanti delle attività logistiche, intermodali e trasportistiche. Il trasporto intermodale costituisce infatti ad oggi una delle principali soluzioni trasportistiche su cui investire e rappresenta un’alternativa importante al trasporto mono-modale e stradale. Tuttavia, affinché il trasporto intermodale possa veramente affermarsi come un pilastro del sistema di trasporto merci in Italia, è essenziale concentrarsi sullo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie terminali e delle tratte di collegamento con il sistema ferroviario nazionale. Le criticità dell'"ultimo miglio" e del "penultimo miglio" ferroviario rappresentano ancora sfide significative nel sistema logistico italiano.

Bisogna considerare anche l'impatto occupazionale del comparto. Alla fine del 2020, il numero complessivo di addetti nel settore ferroviario dell’UE-27 superava le 910mila unità. Di queste, circa 523mila erano impiegati di imprese ferroviarie e 387mila di gestori dell’infrastruttura. Francia (260.011 addetti), Germania (135.500 addetti), Polonia (92.575 addetti) e Italia (68.568 addetti nel 2020) costituiscono i Paesi con la più ampia forza lavoro ferroviaria nazionale. Il settore ferroviario sta riscontrando da diversi anni una significativa carenza di manodopera e competenze professionali, principalmente a causa del mancato ricambio generazionale e della mancanza di attrattiva per le giovani generazioni. Nonostante i ruoli e le attività ricercati dalle imprese ferroviarie siano rimasti sostanzialmente invariati per molti anni, si osserva un crescente utilizzo della tecnologia per migliorare efficienza e sicurezza. Questo progresso potrebbe comportare negli anni la possibile scomparsa di alcune professioni nel settore (come il personale di bordo sostituito dalle "driver only operation") o l'emergere di nuovi requisiti tecnici per i dipendenti. Al momento le figure professionali più ricercate rimangono i macchinisti, gli ingegneri e altre professioni tecniche. In Italia, le Ferrovie Italiane si collocano al vertice delle assunzioni, con circa 20mila nuove unità previste nei prossimi 5-6 anni per soddisfare gli obiettivi di crescita stabiliti. Queste assunzioni saranno prevalentemente destinate a Trenitalia, ma coinvolgeranno anche il settore del trasporto merci e la realizzazione di opere infrastrutturali di ingegneria. Si mira a reclutare professionisti quali ingegneri, tecnici e operai, con particolare attenzione ai giovani al fine di garantire un necessario ricambio generazionale.


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