Il 15 agosto del 1966 - a riprovache si trattava di un'operazione controversa e dunque era meglio finalizzarla nel vuoto pneumatico ferragostano - la Fiat e i Ministeri dell'Industria automobilistica e del Commercio estero dell'URSS firmarono l'accordo per la costruzione dello stabilimento automobilistico del Volga. Nome di battesimo: AvtoVAZ (Volzhsky Avtomobilny Zavod). Ma per tutti era la fabbrica di “Togliattigrad”, nella cittadina che prese il nome dal mitico segretario del Pci. E che oggi, 50 anni dopo, rischia di schiantarsi sotto il peso dei debiti.
A pagare il conto, per adesso, è stato il capo dell'AvtoVAZ, lo svedese Bo Andersson, sostituito con Nicolas Maure, già direttore generale e presidente della romena Dacia (gruppo Renault); sono i francesi, insieme ai giapponesi della Nissan, a possedere infatti al 50% (l'altra metà appartiene allo Stato) l'AvtoVAZ, la principale azienda produttrice di automobili in Russia a cui fa capo, tra i vari impianti, anche il colosso di Togliattigrad, in grado di produrre 1 milione di vetture l'anno.
In questi stabilimenti vengono ancora oggi prodotte le Lada, storico marchio dell'automotive russo. Il problema è che con la crisi il mercato delle auto in Russia è entrato in profondo rosso e gli ingenti investimenti effettuati per modernizzare la produzione non hanno dato irisultati sperati. Nell'autunno del 2013 quando Andersson è stato nominato presidente, lo stabilimento era in rosso ma gli azionisti speravano bene: stava per finire la progettazione delle Lada Vesta e della Xray, il volume di produzione ammontava a 600.000 auto all'anno e le perdite a 8 miliardi di rubli. Due anni dopo la produzione annuale si è contratta a 400.000 vetture (compresa la fabbrica di Izevsk) e il debito lordo raggiunge i 74 miliardi di rubli, ed Ernst&Young ha espresso "dubbi" circa la possibilità dell'azienda di andare avanti.
Il capo della Rostech, Serghei Cemezov - il conglomerato pubblico a cui fa capo il restante 50% di AvtoVAZ - ha citato fra gli errori commessi da Andersson i licenziamenti di massa, la mancata cooperazione con i fornitori russi e l'alto costo dei nuovi modelli, che supererebbe il prezzo di vendita. In realtà la pesante cura imposta dallo svedese all'azienda viene vista come una delle ragioni per cui AvtoVAZ si regge ancora in piedi: secondo un dirigente, Andersson è riuscito acambiare la cultura aziendale e ed evitare come era accaduto prima del suo arrivo che i manager arrivassero al lavoro alle 10 per poi andarsene a pranzo e tornare alle 16. I 45mila licenziamenti fioccati nel 2009 sono stati però mal digeriti dagli amministratori locali così come il mancato sviluppo dei produttori russi per la componentistica affinchéraggiungessero il livello europeo, con la conseguente decisionedi acquistare dai produttori stranieri - Renault e Nissan in testa - con pagamenti in valuta. Il che ha portato ai notevoli rincari delle macchine, soprattutto la Vesta e la Xray.
Ora si riparte daccapo. Di nuovo. Il ministero dell'Industria ha detto che non ha in programma di varare incentivi per sostenere AvtoVAZ poiché «non ce n'è bisogno» e ha consigliato al nuovo responsabile di concentrare gli acquisti dei componenti presso i produttori russi così da contenere i costi. Con buona pace per la qualità del prodotto stesso. Adesso il peso del debito rischia di cadere tutto sulle spalle diRenault-Nissan visto che, senza iniezioni da capitali freschi, AvtoVAZ rischia di chiudere i battenti.