lunedì 3 aprile 2023
I garanti della privacy degli altri Paesi europei chiedono informazioni, ma non sembrano intenzionati ad agire. Cerruti (Italian Tech Alliance): «Strappo dannoso, l'Ue sta scrivendo le regole»
Il logo di ChatGPT, in Italia inaccessibile dal 31 marzo

Il logo di ChatGPT, in Italia inaccessibile dal 31 marzo - Ansa

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Gli uffici dei garanti della privacy di Germania, Francia e Irlanda hanno contattato i loro colleghi italiani per capire le ragioni che hanno portato venerdì scorso al blocco immediato dell’accesso a ChatGPT nel nostro Paese. Non sembra però che l’esempio italiano dell’autorità guidata dal giurista Pasquale Stanzione sia destinato a fare scuola. Sul quotidiano tedesco Handelsblatt, il portavoce del garante federale Ulrich Kelber si limita a dire che «in linea di principio una procedura simile sarebbe possibile anche in Germania» ma nota che dovrebbero essere le autorità dei singoli Land a doversene occupare. Con meno diplomazia Stefan Brink, ex responsabile della privacy per il land del Baden-Wüttemberg, aggiunge che «i garanti tedeschi diversamente da quelli italiani dovrebbero osservare l’evoluzione, non sviluppare contrapposizioni precauzionali in cerca di sensazionalismo e pubblicità».

Al momento l’Italia resta così l’unico Paese al mondo che ha bloccato il chatbot di OpenAI e per chi lavora nel settore dell’innovazione questo è un problema. «La decisione tecnica del Garante ha evidenti ripercussioni reputazionali e indirettamente anche economiche» nota Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance, associazione italiana del venture capital, degli investitori in innovazione e delle startup e imprese innovative. La tempistica non è stata positiva, nota Cerruti: «Per diverse ragioni negli ultimi tempi è aumentato l’interesse degli investitori internazionali sulle startup dell’Italia. Questo stop, di cui molto si sta parlando all’estero, conferma un’immagine macchiettistica di un Paese vecchio, nemico dell’innovazione e allontana gli investitori».

Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance

Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance - ITA

Nemmeno due settimane fa il direttore di Italian Tech Alliance era a Bruxelles per discutere con alcuni parlamentari europei proprio degli sviluppi delle proposte di legge sull’intelligenza artificiale e sull’uso dei dati raccolti dagli apparecchi collegati alla rete. C’era anche Lucilla Sioli, l’italiana che è direttrice per l’Intelligenza artificiale e l’Industria digitale alla Commissione europea.

In particolare la legge sull’intelligenza artificiale, l’AI Act, è stata presentata nell’aprile del 2021, ha ottenuto il parere del Consiglio e ora è in discussione a Strasburgo. «Il Garante italiano si è mosso in autonomia in un momento molto dinamico di produzione legislativa europea su questa materia – ricorda Cerruti –. Sembra quasi uno strappo. L’Europa sull’AI si vuole porre come terza via rispetto ai controlli eccessivi di regimi come Cina o Russia e al liberismo sfrenato degli Stati Uniti. Il testo in discussione ha una forte attenzione alla definizione dei rischi portati dall’AI a livello di singoli settori, introduce “sandbox” per permettere alle imprese di sperimentare, prevede linee guida per le innovazioni future, così da non dovere sempre inseguire con la regolamentazione l’evoluzione tecnologica, e istituisce un comitato consultivo, con dentro anche le imprese, riconoscendo che spesso il regolatore su questi temi non ha competenze specifiche».

L’AI Act – che regolerebbe anche l’attività di ChatGPT in Europa – potrebbe essere approvata entro la fine dell’anno. Nel frattempo il servizio rischia di rimanere inaccessibile solo per gli utenti italiani. «Ho l’impressione che questo chatbot sia stato visto solo come il sito che scrive i temi al posto dei ragazzini – conclude Cerruti –. Ovviamente è molto di più e con questo stop purtroppo l’immagine dell’innovazione dell’Italia ne esce molto malconcia».

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