lunedì 5 agosto 2024
Per molti sindaci, da Firenze a Milano a Roma, servono più poteri alle autorità locali per evitare la turistificazione delle città
Previste sanzioni fino a 10mila euro per chi non si adegua alle nuove norme

Previste sanzioni fino a 10mila euro per chi non si adegua alle nuove norme - Imagoeconomica

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Manca meno di un mese all’entrata in vigore delle nuove norme sugli affitti brevi: avviata già nelle scorse settimane in diverse regioni la fase sperimentale, dal 1° settembre sarà obbligatorio per tutti i proprietari dotarsi del Codice identificativo nazionale (Cin), lo strumento che nelle intenzioni del governo dovrebbe contrastare l’abusivismo e tutelare i consumatori. Il nuovo codice è ottenibile tramite un’apposita e altrettanto nuova banca dati detta Bdsr. Le sanzioni, in caso di mancato adempimento, vanno fino a 10mila euro e verranno introdotte a partire dal sessantesimo giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista appunto non oltre il 1° settembre, dell’Avviso attestante l’entrata in funzione della stessa banca dati su scala nazionale.

Difficile, però, che basti il Cin per placare le accuse di Comuni e associazioni e arginare un fenomeno accusato di andare di pari passo con la turistificazione delle nostre città. Nelle ultime settimane lo scontro ha visto protagonista soprattutto il Comune di Firenze, con la nuova giunta decisa a non mollare il colpo dopo che, tre settimane fa, il Tar della Toscana aveva fatto saltare lo stop agli affitti brevi nell’area Unesco, quella più centrale e ambita dai turisti e in cui l’impennata degli affitti brevi ha determinato, tra l’altro, il crollo delle abitazioni disponibili per i residenti.

Se per la ministra del Turismo, Daniela Santanché, le nuove norme sono in grado di far emergere il sommerso e aumentare i requisiti di sicurezza degli appartamenti, per molti Comuni la questione è più ampia e ha a che fare anche con la limitazione del numero delle strutture. All’estero, Barcellona ha annunciato che non rinnoverà le 10mila licenze oggi attive in città a partire dal 2028, anche per contrastare l’aumento dei prezzi delle case e lo svuotamento del centro. A New York, già dallo scorso anno la legge consente l’affitto breve solo di appartamenti in cui gli host, cioè i proprietari o gli affittuari, risiedono in prima persona e sono effettivamente presenti. A Firenze, pochi giorni dopo lo stop dei giudici, come suo primo atto la nuova giunta comunale ha dato il via libera all'adozione della variante al Piano operativo che prevede l'inserimento della norma che blocca nuove locazioni turistiche brevi in centro storico. Viene applicata la distinzione “residenza temporanea” all'interno della tipologia “uso residenziale” e stabilito quindi il divieto di insediamento nel nucleo storico Unesco dell'uso per residenza temporanea. «Ribadiamo con forza la nostra volontà di porre un blocco alle locazioni turistiche brevi che vanno a snaturare l'identità del nostro centro storico – ha ribadito la neosindaca Sara Funaro . Non smetterò mai di evidenziare l'inerzia del governo nazionale su questo tema e di chiedere un intervento serio e rapido attraverso l'adozione di provvedimenti nazionali non più rinviabili rispetto ai problemi di overtourism che affliggono le città d'arte».

Maggiori restrizioni, regole e controlli è quanto invocano molti altri primi cittadini. A Milano il sindaco Beppe Sala si è più volte espresso non contro i piccoli proprietari, ma soprattutto contro le grandi società che speculano affittando un numero elevato di appartamenti, anche lui invocando regole per limitare il fenomeno. «Non demonizzo gli affitti brevi ma servono più regole per una loro distribuzione più equa sul territorio – ha evidenziato anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri in vista del prossimo Giubileo che porterà 30 milioni di arrivi nella capitale –. Servirebbero anche più poteri alle autorità locali per questo, poteri che oggi non rientrano negli strumenti del sindaco con l’unica eccezione di Venezia».

Nel frattempo, ai proprietari è richiesto di adeguarsi alla nuova disciplina, riportata all’art. 13-ter del decreto-legge n. 145/2023, che richiede di dotarsi (e di esporlo dentro e fuori la proprietà, oltre che negli annunci) del Codice identificativo nazionale, in cui confluiranno anche i Codici identificativi regionali delle regioni che avevano già introdotto questo strumento. Lo stesso decreto legge ha anche aumentato la cedolare secca dal 21 al 26% per chi gestisce la locazione di più di un immobile. Bisognerà inoltre dotare l’appartamento dato in affitto di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e di estintori portatili, oltre che presentare una segnalazione certificata di inizio attività presso lo sportello Suap del Comune. La richiesta del Cin va fatta via Internet attraverso la nuova Banca dati nazionale (Bdsr), che stabilisce parametri omogenei a livello nazionale e, nelle intenzioni del governo, dovrebbe consentire un miglior monitoraggio del panorama ricettivo contrastando l’abusivismo.

Plaudono, tra gli altri, le associazioni del settore alberghiero, ma anche l’Associazione italiana gestori affitti brevi-Aigab, contraria al «proliferare di regole a livello comunale che risultano spesso essere arbitrarie e lesive del diritto alla proprietà privata e alla concorrenza». La stessa Aigab quantifica in 500mila le abitazioni che vengono pubblicizzate attualmente online in tutta Italia per le locazioni brevi e che ora saranno obbligate ad adeguarsi alle nuove norme. Il boom delle prenotazioni per affitti brevi è peraltro comune a tutta l’Unione Europea. Secondo dati Eurostat, il numero di notti prenotate nel primo trimestre 2024 sulle principali piattaforme è di 123,7 milioni (un aumento del 28,3% rispetto all’anno precedente), con una crescita a doppia cifra per il terzo anno consecutivo. Delle prime 20 regioni europee, 6 sono in Spagna e Francia, 5 in Italia, 2 in Portogallo e 1 in Croazia. Molti Comuni italiani, come detto, vogliono poter incidere maggiormente sul fronte delle restrizioni locali, per evitare derive di turistificazione che vanno profondamente a incidere su interi quartieri che vedono espellere residenti e modificare in profondità il loro tessuto economico. La partita sembra ancora tutta da giocare.

La stima di Confesercenti: case vacanze, B&B e simili sono aumentati del 147% negli ultimi dieci anni

Secondo un’analisi di Confesercenti, che associa imprese del commercio, del turismo e dei servizi, tra il 2014 ed il 2024 le imprese attive come case vacanze, affittacamere e bed and breakfast in Italia sono aumentate del 147%, raggiungendo le 34.975 unità. Confesercenti parla di «un’esplosione che sta trasformando non solo il comparto ricettivo, ma anche le nostre città ed i nostri paesi».
«La diffusione di piattaforme come Airbnb, infatti, ha reso più facile per i proprietari di immobili entrare nel mercato dell'affitto breve, e un maggiore numero di persone vede nelle locazioni turistiche un'opportunità di reddito aggiuntivo: sul solo AirBnB, ad agosto, sono in offerta oltre 700mila sistemazioni, di cui l'85% circa appartamenti riconvertiti all'ospitalità turistica, per la maggior parte gestiti direttamente dal proprietario» sottolinea l’associazione.

I dati della ricerca confermano che il fenomeno delle case affittate ai turisti è particolarmente forte nelle grandi città: nei Comuni con oltre 250mila abitanti le imprese della ricettività diffusa passano in dieci anni da 2.823 ad 8.579, con un incremento del 204%. Di poco inferiore quello registrato dai Comuni tra 50 e 250mila residenti (+196%) e dalle località intermedie (+182% per i comuni tra 15 e 50mila abitanti). L’ondata del turismo diffuso non risparmia neanche piccoli e piccolissimi centri: case vacanze, affitti brevi e B&B crescono (+136%) anche nelle località con una popolazione compresa tra 5 e 15mila abitanti e nei micro-comuni con meno di 5mila residenti.

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