La strategia energetica nazionale adesso è realtà. Ieri il governo ha firmato il decreto interministeriale che approva in maniera definitiva (non serve un passaggio in Parlamento) il piano da 175 miliardi per la crescita sostenibile. Gli obiettivi sono "ambiziosi" come ha sottolineato il premier Paolo Gentiloni. «Portare le rinnovabili al 28% nei consumi totali entro il 2030, arrivare al carbone zero nel 2025 nella produzione di energia elettrica e farlo coinvolgendo i cittadini e usando gli incentivi confermati nella legge di bilancio allargati in parte anche al verde privato». Nei prossimi quindici anni «l’Italia sarà un paese più sano e più competitivo» ha aggiunto Gentiloni, sottolineando che «lavorare per la sostenibilità ambientale non è soltanto un impegno per le prossime generazioni» in linea con gli impegni sul clima di Parigi e gli obiettivi Onu, ma anche un sostegno «alla competitività del nostro sistema industriale». Due aspetti considerati in passato in contraddizione, quello dell’ambiente e della competitività, ma che oggi si intrecciano. Anzi coincidono.
La Sen prevede una forte accelerazione dell’uscita del carbone negli impianti termoelettrici nel 2024 con l’obiettivo di tagliare le emissioni inquinanti del 39% nel 2030 e del 63% nel 2050. Nel dettaglio degli investimenti sono previsti 30 miliardi per reti e infrastrutture di gas e elettricità, 35 per le fondi rinnovabili e 110 per l’efficienza energetica. Una rivoluzione copernicana che coinvolgerà direttamente i cittadini chiamati ad attenersi alle buone pratiche in tema di risparmio energetico A partire dalla tipologia di auto con un’accelerazione sui veicoli ecologici. Su questo punto però non c’è ancora chiarezza. L’ipotesi è che si vada verso incentivi "mirati" per svecchiare il parco circolante. Una rottamazione di nuova generazione che favorisca l’acquisto di macchine ibride, elettriche e a gas. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha annunciato che «le macchine elettriche previste al 2030 sono quasi 5 milioni». Ma il collega del Mise, Carlo Calenda ha ammesso che quella degli incentivi è una questione ancora in alto mare. «É un tema delicato perché la fonte finanziaria individuata, che poteva essere una componente della bolletta, è forte e quindi abbiamo chiesto al Parlamento un’ampia condivisione delle forze politiche». Ma sinora, non ci sono state risposte.
Il grande protagonista della Strategia è il gas naturale: per il governo si tratta dell’energia di transizione per assicurare la decarbonizzazione. Il punto cruciale è l’abbattimento del gap tra il prezzo del Nord Europa e l’Italia che dovrà lavorare sulla diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento. Per quanto riguarda le rinnovabili l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi europei per il 2020 e punterà soprattutto su eolico e fotovoltaico. Per l’attuazione e il monitoraggio della Strategia è prevista una cabina di regia costituita dai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, con la partecipazione dei anche di quelli dell’Economia, dei Trasporti e dei Beni culturali. Non mancherà una rappresentanza delle Regioni e un periodico aggiornamento degli enti locali. «La burocrazia rischia di bloccare la Sen» per evitarlo serve un «processo decisionale semplice e snello» ha detto Galletti. Oltre al decreto della presidenza del Consiglio che stabilirà le infrastrutture strategiche, i ministeri si impegnano a semplificare le norme, a partire ad esempio dalla valutazione di ambientale. «Per la prima volta la parte ambientale entra in un documento che per storia era solo economico. Questo lega indissolubilmente le tematiche di crescita e ambientali. L’ambiente visto non solo come conservazione, il ministero dell’Ambiente come "ministero del No" ma dello sviluppo e della crescita».
Positivo, ma con riserve, il giudizio degli ambientalisti. «La buona notizia è che in Italia non ci sarà più carbone a partire dal 2025. Ma non possiamo pensare di sostituire il carbone con il gas naturale - ha detto il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio - Bisogna limitare al minimo indispensabile il ricorso al gas e la costruzione di nuove infrastrutture come gasdotti o rigassificatori». Posizione condivisa dal Wwf che invita il governo ad avere più coraggio nel puntare sulle fonti pulite, abbandonando la strada del gas.