giovedì 10 agosto 2023
Il sistema delle imprese italiane continua a mostrare resilienza, insieme a qualche slancio di dinamismo. Ma diventa più complicato ottenere finanziamenti
Prestiti più cari anche per le imprese

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Il sistema delle imprese italiane continua a mostrare resilienza, insieme a qualche slancio di dinamismo. I dati del secondo trimestre 2023 evidenziano un saldo positivo tra aperture e chiusure, con un aumento complessivo di 28.286 nuove aziende nel periodo aprile-giugno. Il risultato, sebbene rappresenti un segnale incoraggiante, è uno tra i meno brillanti nell'arco degli ultimi dieci anni. Uno dei principali elementi che influenza il quadro demografico delle imprese nel secondo trimestre dell’anno è il basso numero di iscrizioni (79.277), il secondo peggior risultato del decennio, superato solo da quello “pandemico” del 2020. Allo stesso tempo, le cessazioni sfiorano le 51mila unità (50.991), valore che pur restando al di sotto della media del periodo pre-Covid rappresenta il terzo aumento consecutivo nell’arco dell’ultimo triennio. È quanto emerge in sintesi dall’analisi trimestrale Movimprese relativa al periodo aprile-giugno 2023, condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di Commercio e disponibile all’indirizzo www.infocamere.it/Movimprese. Mentre il numero di imprese registrate nel settore Ict è in aumento dello 0,12% rispetto all'anno precedente, raggiungendo un totale di 11.253 aziende. Più precisamente si contano 1.436 pmi innovative Ict, ovvero l’11,4% in più rispetto ad aprile 2022 e 9.817 start up Ict, in calo del -1,34% rispetto ad aprile 2022. Il rallentamento della crescita delle start up è stato influenzato da diversi fattori, tra cui l'instabilità geopolitica, l'aumento dei costi energetici, dei tassi d'interesse e dell'inflazione, che hanno scoraggiato l'iniziativa imprenditoriale. Inoltre, la crescente prudenza nel settore privato nel concedere credito, unita alla sospensione delle registrazioni telematiche, ha avuto un impatto negativo sul numero di nuove imprese costituite. Le nuove registrazioni di start up innovative nel 2022 sono diminuite del -32%, passando da 2.321 a 1.537, mentre le pmi innovative hanno registrato una riduzione del -16,3%, passando da 258 a 216.

La flessione del Sud

Nonostante il Sud registri il saldo maggiore in termini assoluti (9.006 imprese in più), è proprio il Mezzogiorno che subisce la flessione più marcata in termini di tasso di crescita, passando dal +0,55% di 12 mesi fa al +0,44% del trimestre da poco concluso. Il Nord-Ovest e il Centro sono le due aree geografiche che condividono il primato per l’incremento relativo più elevato (+0,5%). In tutte le regioni, il trimestre si è chiuso comunque con il segno positivo: dalla Lombardia (5.663 imprese in più all’appello), al Molise (+87). Tutte le circoscrizioni hanno comunque fatto registrare un tasso di crescita inferiore a quello misurato nel corrispondente trimestre dello scorso anno. Se si eccettua l’industria estrattiva (settore numericamente limitato a sole 3.664 imprese), tutti i settori hanno messo a segno saldi positivi nel trimestre. Meglio degli altri, in termini assoluti, ha fatto il settore delle costruzioni, uno tra i più rilevanti per numero di realtà esistenti, con 6.025 imprese in più. A ruota, altri due comparti sugli scudi da qualche tempo, quello degli alberghi e ristoranti (+4.436 unità) e quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche (3.753 imprese in più rispetto alla fine di marzo). Bene anche il commercio (+2.670) e i “servizi alle imprese” (come noleggio e agenzie di viaggio) con +2.507. In termini relativi, le performance migliori vengono dai settori legati ai servizi: +1,5% le attività professionali scientifiche e tecniche, +1,2% le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese e +1% per le attività sportive, di intrattenimento e divertimento. Mentre le start up e pmi innovative Ict sono concentrate principalmente in Lombardia, Lazio e Campania, rappresentando insieme oltre il 50% delle imprese registrate. La Lombardia rappresenta il 28,7%, seguita da Lazio (13,8%) e Campania (8,8%). Le start up e pmi innovative nel settore Ict sono principalmente microimprese, con oltre due terzi che impiega fino a quattro addetti. Circa l'80% di queste aziende ha un capitale proprio inferiore a 50mila euro e un terzo ha un valore della produzione inferiore a 100mila euro. Ciò è dovuto al ricambio costante della popolazione, poiché le imprese consolidate perdono lo status di start up innovativa col passare del tempo. Preoccupa il fatto che solo il 16% delle start up e pmi innovative nel settore Ict è fondata da under-35, mentre le imprese guidate da donne rappresentano solo l'11,9%. Inoltre, le aziende con manager stranieri come maggioritari o esclusivi sono solo il 3,5%.

L'accesso al credito diventa più difficile e costoso

Un secondo trimestre dell’anno con una dinamica del Pil «molto debole, quasi ferma», come sintesi della flessione dell’industria e delle costruzioni e di una crescita, moderata, dei servizi. Sul terzo trimestre le attese «sono poco più positive». La crescita dell’economia rallenta, sostiene il Csc-Centro studi di Confindustria. A frenare sono i tassi alti: l’inflazione scende, a giugno +6,4% annuo, grazie al prezzo del gas poco sopra i minimi (32euro/mwh), i prezzi degli alimentari sono alti, +10,7, ma in frenata; i prezzi “core” rallentano, +4,7 da +4,9, processo che è solo all’inizio. In questo quadro la Bce, sottolinea il Csc, decide un altro rialzo a luglio, portando il tasso al 4,25, giudicando l’inflazione ancora alta e «lasciando la porta aperta ad altre mosse». La conseguenza è che il credito è «troppo caro e più scarso»: le imprese stanno subendo un continuo aumento del costo del credito, +4,81 a maggio, e ciò sta riducendo lo stock di credito bancario (-2,9% annuo a maggio). Le indagini Istat e Banca d’Italia indicano un irrigidimento dei criteri di offerta (costi, ammontare, scadenze, garanzie), una domanda frenata dal costo eccessivo, una quota significativa di imprese che non ottiene credito (6,0%), soprattutto perché rinuncia per le condizioni onerose (56,3%). Una situazione che pesa sugli investimenti: la produzione di beni strumentali è in calo nei primi cinque mesi del 2023, -2,6%. Inoltre i dati qualitativi suggeriscono che nel secondo trimestre le condizioni per investire si sono deteriorate (il saldo è a -20,4 da -18,1), mentre le attese delle imprese sulla spesa per investimenti nei prossimi mesi pur migliorate «restano basse» (20,4 da 14,9): «pesa il credito più caro e difficile». Anche per l’Ufficio studi della Cgia - che ha elaborato i dati resi disponibili dalla Banca centrale europea - nell’ultimo anno (maggio 2023 sullo stesso mese del 2022) i prestiti bancari alle imprese italiane sono diminuiti del 5% (pari a -33,3 miliardi di euro) e tra i 20 Paesi dell’Eurozona solo Cipro ha registrato un risultato peggiore del nostro. Gli esperti segnalano che in Italia il settore manifatturiero dà vita alla gran parte della domanda complessiva di credito in capo alle imprese. La situazione di rallentamento dell’economia mondiale a cui si aggiunge il forte inasprimento del costo del denaro imposto in quest’ultimo anno dalla Bce avrebbero indebolito notevolmente la richiesta di liquidità. Va altresì sottolineato che nel periodo della pandemia molte imprese avevano aumentato i risparmi. Ora, che la remunerazione dei depositi è tra le più basse d’Europa e i tassi passivi superano abbondantemente il 4%, tante aziende trovano più conveniente finanziarsi prelevando le risorse allocate nel proprio conto corrente. Quest’ultimo è un aspetto sicuramente positivo e confermato dai dati. Nell’ultimo anno, infatti, i depositi bancari delle imprese italiane sono diminuiti del 4,3% (pari a -21,5 miliardi di euro). Dal 2011 la tendenza dei prestiti bancari alle aziende è in costante calo; una leggera inversione si è verificata tra i primi mesi del 2020 e settembre 2022, grazie alle garanzie pubbliche misure messe in campo dal governo Conte 1 e Conte 2 che hanno consentito agli imprenditori di accedere al credito con maggiore facilità. Nell’ultimo anno, purtroppo, la tendenza ha cambiato segno. L’aumento dei tassi di interesse ha contribuito in misura determinante a ridurre il flusso dei prestiti alle attività economiche e a pagarne maggiormente le conseguenze sono state le piccole imprese. Quelle con meno di 20 dipendenti, infatti, hanno subito la riduzione degli impieghi vivi del 7,7% (- 9,5 miliardi); quelle con almeno 20, invece, il taglio è stato della metà: -3,8% (-22,5 miliardi di euro).

Le opportunità della finanza agevolata

Eppure sarebbero molti gli incentivi a favore degli imprenditori, che spesso non vengono sfruttati. Blue Ocean Finance, boutique di advisory finanziaria per start up e pmi ad alto potenziale - nominata tra le imprese che crescono più rapidamente in Europa dal Financial Times nel 2023 - ritiene che l'accesso al credito e alla finanza agevolata sia fondamentale per la crescita delle aziende italiane. Dall’anno di fondazione (2018) ha ottenuto per le imprese seguite più di 160 milioni di euro di nuova finanza e l'approvazione di oltre il 90% su più di 200 domande applicate per bandi di finanza pubblica. È specializzata nel supportare le pmi a crescere sul panorama nazionale e internazionale tramite agevolazioni per l’internazionalizzazione, la digitalizzazione e la sostenibilità. «Come società di advisory - spiega Stefania Esposito, fondatrice e managing partner di Blue Ocean Finance - osserviamo molto fermento e interesse da parte di grandi player sia italiani che stranieri sulle pmi del nostro Paese, specialmente del ramo Ict. È in atto un fenomeno di aggregazione di realtà di questo settore dove società più strutturate cercano di acquisire imprese più piccole puntando ad ampliare la loro offerta di servizi e la loro base clienti. Se guardiamo al panorama italiano delle pmi nell’Ict, infatti, ci accorgiamo di quanto il segmento sia frammentato: tante micro e piccole imprese con team ristretti (4-5 persone compreso l’amministratore), poco managerializzate - in quanto anche l’amministratore solitamente è una figura tecnica - e con un fatturato non superiore ai cinque milioni di euro. Società nel ramo Ict che entrano in operazioni di M&A vengono solitamente valorizzate intorno al 4-6 x l’Ebitda - parliamo solitamente di valutazioni tra uno e tre milioni di euro. Importante per la valorizzazione di queste società è l’indice Arr (Annual Recurring Revenues), ovvero il valore delle entrate annuali ricorrenti. Come advisor riconosciamo quanto l’ingresso in società più grandi e strutturate sia un volano per la crescita di queste pmi - ma anche per quelle appartenenti ad altri settori - che entrando in team più ampi e con più risorse a loro disposizione possono scalare maggiormente. Sicuramente un altro trend importante per le piccole e medie imprese è quello della transizione digitale, molto incentivata dal Pnrr: in futuro ci aspettiamo sempre più soluzioni agevolate dedicate alle imprese che vogliono mettere al centro la digitalizzazione. Soluzioni che alimenteranno la crescita delle piccole e medie imprese dell’Ict e che stimoleranno l’ottimizzazione dei processi di imprese in settori più tradizionali. Sarà uno stimolo alla crescita di tutto l’ecosistema. Per il sostegno e la crescita alle startup innovative invece, rimane valido il bando Smart&Start di Invitalia, quest’anno rifinanziato per 108 milioni di euro».

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