Quella del grano è ormai un’Italia a due velocità. Al Centro-Sud il duro è in caduta libera, stretto nella morsa dei mercati globali e della siccità che stronca le rese. Al Nord il tenero ha il problema opposto: il maltempo ne intacca la qualità, ma i mercati sono meno penalizzanti. «In Puglia, le ultime gocce di pioggia le abbiamo viste a dicembre» racconta Filippo Schiavone, presidente di Confagricoltura Foggia e componente di Giunta di Confagricoltura.
Il primo granaio d’Italia ha raccolto la metà del solito e il secondo, cioè la Sicilia, in molte aree non ha raccolto affatto. La situazione è in divenire. Gli agricoltori si muovono su un terreno sconosciuto: nel Mezzogiorno, da una parte avanza il deserto, che rende impossibile la conversione ad altre colture, dall’altra si divaricano gli indicatori delle rese (penose) e della qualità (eccellente, soprattutto per il valore proteico) del frumento duro. «Dobbiamo lavorare in modo diverso, ad esempio attraverso l’agricoltura di precisione ma al momento non tutte le aziende hanno la possibilità di avvalersi di questi strumenti ancora molto costosi. Comunque il problema principale resta il prezzo finale che ci viene riconosciuto. Finché le rese erano alte si poteva fronteggiare la concorrenza turca e canadese, ma con questi raccolti non tornano più i conti delle aziende cerealicole» commenta Schiavone.
La sua organizzazione sta lavorando sulle filiere ma ammette che i finanziamenti sono esigui: «Dai 15 milioni di euro attuali si dovrebbe passare a 200-300 e basterebbero soltanto a coinvolgere in progetti di filiera il 30% delle aziende cerealicole». Insomma, la coperta è corta: un agricoltore che ha seminato grano duro quest’anno ha prodotto 20 quintali per ettaro che venderà a 30 euro al quintale, con un ricavo di 600 euro e spese a volte superiori. Confagricoltura ha appena stilato un rapporto sui problemi di questo settore e i segnali che coglie non sono rassicuranti.
Innanzi tutto, il tasso di approvvigionamento dell’industria sul mercato del grano duro nazionale sta scendendo. Siamo al 56,4% nel 2023: il valore più basso del decennio. Quest’anno, poi la produzione scenderà sensibilmente: calano del 10,6% le superfici investite e a causa della siccità si stima una raccolta per l’Italia in diminuzione del 15-20 per cento, con una produzione di 30-32 milioni di quintali, nonostante le ottime rese nel centro Italia. Inevitabile l’incremento delle importazioni: nel 2012 si attestavano sui 13,8 milioni di quintali mentre nel 2023 si è arrivati a 30,6 milioni. Intanto, tra agosto 2023 e giugno 2024, i prezzi del frumento duro sono calati del 15,4%.
Se il duro piange, il tenero non ride. In queste ore il mercato è attendista perché accanto ai cali generali della produzione il maltempo potrebbe aver causato qualche problema sulla qualità della granella attesa. Non è il primo anno che il meteo deprime la qualità di questo prodotto, destinato alla panificazione, laddove il grano duro alimenta soprattutto l’industria della pasta. Emanuele Occhi, responsabile Grandi colture di Coldiretti, descrive così la situazione del grano tenero italiano: «Siamo partiti da una superficie buona, con un aumento, in base ai dati Istat, dell’1% circa sul 2023, però nel corso dell’anno l’andamento climatico anomalo con il quale sempre più dobbiamo fare i conti, ha determinato un eccessiva piovosità nei “ granai “ del Nord Italia generando condizioni non ottimali ad ottenere elevati standard produttivi. All’opposto di quanto è avvenuto al Sud dove la prolungata siccità ha determinato cali significativi della produzione».
Fotogramma
Anche sul tenero i cali produttivi sono significativi. Occhi divide l’andamento produttivo tracciando una linea di demarcazione che coincide con il fiume Po: « Da una prima analisi, gli areali produttivi a Sud del grande fiume si sono registrate produzioni discrete sia in termini quantitativi che qualitativi, viceversa più a nord si prevedono i maggiori deficit produttivi. In linea di massima le punte produttive di 80/85 quintali ad ettaro in questa campagna di raccolta sono estremamente rare, è più facile registrare produzioni dell’ordine dei 60/65 anche in Emilia - e magari anche con qualche punto percentuale in meno a livello di contenuto proteico».
Va detto che la situazione del mercato del frumento tenero panificabile oggi sul listino si trova in una fase di attesa, con la domanda selettiva e l’offerta cauta nel prendere posizione in attesa di meglio caratterizzare i lotti. Quel che è certo è che a pari data rispetto alla passata stagione, il grano tenero panificabile, sta pagando circa 25 euro/ton (oggi 225 euro/ton contro i circa 250 euro/ton del 2023 ) e i mutati equilibri geopolitici della guerra Russia/Ucraina continuano a condizionarlo, perché la produzione di Kiev continua a riversarsi in grandi quantità sui mercati europei condizionandone i prezzi.
Coldiretti ribadisce l’importanza degli accordi di filiera: «Attraverso Consorzi Agrari d’Italia, sosteniamo la redditività delle coltivazioni cerealicole e in particolare del grano, promuovendo le giuste tecniche colturali per aumentare rese e qualità della granella utilizzando nuove varietà resistenti agli stress climatici, adottando le scelte agronomiche più adatte ai diversi areali, limitando gli effetti negativi della volatilità dei mercati promuovendo i contratti di filiera per garantire la giusta remunerazione del produttore a garanzia della copertura dei costi di produzione» commenta ancora Occhi.