Un dipendente protesta davanti al centro Amazon di Dortmund, in Germania - Ansa
"Make Amazon Pay". Con queste tre parole la Uni Global Union, la federazione internazionale che unisce i sindacati del settore dei servizi, ha proclamato lo sciopero per i dipendendi Amazon di tutta Europa. E non in un giorno qualunque, bensì oggi, nel giorno del Black Friday, quando scontistiche più o meno vantaggiose attirano sull'e-commerce una mole di utenti più massiccia del solito. Le motivazioni dietro allo sciopero si legano infatti alle condizioni lavorative a cui i dipendenti del colosso americano sono sottoposti in questi tre giorni, dovendo fare fronte ad un numero di ordini maggiore rispetto al solito ma con le stesse tempistiche di preparazione e consegna.
«Questa giornata di azione cresce ogni anno perché il movimento per rendere Amazon responsabile continua a diventare sempre più grande e più forte. I lavoratori sanno che non importa in quale paese ti trovi o quale sia il tuo titolo professionale, siamo tutti uniti nella lotta», ha dichiarato il segretario generale di Uni Global Union, Christy Hoffman. Lo slogan si riferisce alla richiesta di salari più alti, ma non solo. Il sindacato ha fatto infatti sapere che "Amazon deve pagare" non solo i dipendenti, ma deve scontare il suo debito anche verso la società e il pianeta tutto.
«In Italia siamo abituati a difendere i nostri diritti e questa volta non è diverso. Lavorare in Amazon ci ha mostrato la necessità di un fronte unito per lottare per salari equi e condizioni di lavoro sicure. Questo sciopero del Black Friday è più di una protesta; è un messaggio che siamo tutti insieme, oltre i confini, lottando per ciò che meritiamo» ha affermato Giampaolo Meloni, membro della federazione sindacale italiana Filcams Cgil e dipendente del magazzino Amazon di Castel San Giovanni in Emilia-Romagna. Anche se Amazon ha fatto sapere che «oggi l'86% dei dipendenti del sito di Castel San Giovanni si è recato al lavoro come ogni giorno e non abbiamo registrato alcun impatto sulle nostre attività». Quello di Castel San Giovanni è il primo hub inaugurato in Italia nell'ottobre 2011 e conta oggi 1700 dipendenti; una cifra che raddoppia in periodi come Natale o Black Friday.
«Abbiamo chiesto un aumento degli stipendi più consistente e di portare i buoni pasto da 7 a 8 euro, di avviare una discussione su un sistema di welfare aziendale e una maggiore attenzione ai problemi di salute e di sicurezza, ma l’azienda non ne ha voluto discutere, hanno detto no a tutte le nostre richieste», afferma Roberto Brambilla, sindacalista della Filcams-CGIL di Milano che ha partecipato alle trattative. Amazon dice di aver rifiutato le proposte dei sindacati perché ha già aumentato gli stipendi a Castel San Giovanni dal primo ottobre con una «procedura interna di revisione dei contratti» che ha portato «la retribuzione di ingresso a 1.765 euro, cioè circa il 7 per cento in più rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale». Sul tema della sicurezza, la multinazionale ricorda di avere investito, nel 2022, «circa 7 milioni di euro» e di aver erogato «oltre 400mila ore di formazione».
La protesta di oggi si inserisce in una campagna di scioperi molto ampia partita dal Regno Unito, dove a gennaio 2023 c'è stato il primo strike dei lavoratori di uno stabilimento Amazon. Sindacati, associazioni ambientaliste e Ong contestano ad Amazon non solo difficili condizioni lavorative e salariali, ma anche di aver incrementato del 18% le emissioni di anidride carbonica nel 2022 e di non pagare le tasse sui profitti.