Da 12 anni senza rinnovo del contratto. Sono i circa 300mila lavoratori della sanità privata, il cui ultimo contratto di lavoro risale al 2006. Partecipando all'attivo nazionale unitario promosso dalle sigle di categoria Fp-Cgil, Fp-Cisl e Uil-Fpl, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, sottolineano che, dopo oltre un anno di trattative, il dialogo con Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) è sospeso «a fronte di un'indisponibilità delle controparti a prevedere aumenti contrattuali». «Continuare a non rinnovare il contratto scaduto da 12 anni equivale a cancellare il contratto stesso, vuol dire favorire lo sfruttamento e la precarietà», ha affermato Landini, sottolineando che «è assolutamente necessario che si vada al rinnovo. Il nostro obiettivo è arrivare ad un contratto unico dei lavoratori del settore della sanità, pubblici e privati». «Oltre 300 mila lavoratrici e lavoratori che aspettano da 12 anni il rinnovo del loro contratto è una vergogna», ha detto Furlan. «Parliamo di un settore importantissimo dove dumping contrattuale, carenza di organico e sfruttamento dei lavoratori si trasformano in una minore qualità dei servizi. Non c'è qualità del servizio se non c'è rispetto del lavoro e dei lavoratori. Non è ammissibile che questi lavoratori continuino a non avere il contratto», ha rimarcato. «È una vergogna, i lavoratori della sanità privata sono da troppi anni senza contratto. Datori di lavoro che si rifiutano di contrattare non sono certo da portare come esempio», ha detto Barbagallo. «Apriremo la discussione anche per il rinnovo dei contratti pubblici e, dunque, con il governo. Governi che, proprio perché tardano a rinnovare i contratti del pubblico impiego, sono spesso i peggiori datori di lavoro. Comunque - ha aggiunto - dobbiamo batterci per un contratto unico nel comparto della sanità».
Sanità pubblica, accordo tra Regione Lazio e sindacati. «La firma di oggi e l'apertura di un confronto programmatico sul fabbisogno di personale è il primo passo per dare risposta all'emergenza organici nella sanità pubblica del Lazio. Così come per avviare finalmente un serio piano di assunzioni e stabilizzazioni dei lavoratori precari». Natale Di Cola, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini - segretari generali di Fp Cgil, Fp Cisl e Fpl Uil di Roma e Lazio - commentano positivamente il verbale d'intesa sottoscritto oggi con l'assessorato alla Sanità della Regione Lazio nell'ambito del tavolo di confronto regionale previsto dal contratto nazionale 2016-2018. Un accordo che prende le mosse dal "decretone" e dall'allargamento delle capacità assunzionali per i sistemi sanitari regionali. Ma anche dallo scenario che vedrà già dai prossimi mesi un autentico esodo di lavoratori legato ai pensionamenti ordinari e alla cosiddetta Quota 100. «Il miglioramento delle performance qualitative della sanità regionale e dei Livelli essenziali di assistenza non può prescindere dal necessario potenziamento degli attuali organici, che sono stati colpiti pesantemente dal commissariamento della sanità regionale», si legge nel testo dell'intesa. «Le potenzialità di assunzione previste dalla vigente normativa vanno pienamente utilizzate e integrate con le risorse derivanti dalla contrazione del ricorso alle esternalizzazioni, a cominciare dal servizio Ares 118». Nel dettaglio, l'intesa punta sulle «procedure ordinarie di reclutamento a tempo indeterminato», vale a dire i concorsi, per rimpinguare gli ormai esangui organici delle aziende ospedaliere e sanitarie della regione. Mentre per l'immediato si prevede che, «nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali e limitatamente al tempo necessario per l'immissione in servizio del personale, le aziende sono autorizzate a reperire le figure necessarie al mantenimento dei Lea e dei livelli quali-quantitativi dei servizi, anche attraverso forme di lavoro flessibile».
La vertenza riguarda circa 300mila lavoratrici e lavoratori. Dopo un anno di trattative, sospeso il dialogo con i datori di lavoro. Per i sindacati è «una vergogna». Accordo con Regione Lazio
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