Richard Thaler
Quello consegnato a Richard Thaler è un Nobel contro l’economia disumana. Disumana non in senso etico o morale, ma da un punto di vista di metodo: l’economia che pretende di avere la stessa purezza scientifica della matematica e per riuscirci sceglie di ignorare che al centro delle sue ricerche ci sono persone, non numeri. «Credo che l’impatto più importante delle mie ricerche – ha detto Thaler rispondendo ieri ai giornalisti – sia il riconoscimento del fatto che gli agenti economici sono umani e i modelli economici devono incorporare questo dato».
Ricco di senso dell’umorismo, il premio Nobel per l’Economia aveva spiegato in maniera più efficace la base delle sue ricerche in un’intervista concessa un paio di anni fa alla Bbc: «Gli economisti hanno una strana idea della gente. La gente su cui basano i loro studi è molto intelligente, più intelligente del più intelligente degli economisti. Forse anche più intelligente di quanto il più intelligente degli economisti pensi di essere. È gente senza problemi di autocontrollo o emozioni. Gente che non lascerebbe mai una mancia in un ristorante in cui non intende tornare. La maggior parte della gente che conosco io non è così, ma la scienza economica ha dedicato i suoi ultimi sessant’anni a studiare queste creature immaginarie che io chiamo econ, cioè homo oeconomicus».
Thaler, 72enne professore dell’University di Chicago, ha voluto studiare le dinamiche economiche smettendo di fingere che la gente sia diversa da come è in realtà e quindi iniziando a includere nelle analisi la dimensione irrazionale dell’essere umano. È uno dei pionieri della finanza o economia comportamentale, campo di studi che combina psicologia ed economia. Un ambito che era già stato premiato dagli accademici svedesi con il Nobel per l’Economia vinto nel 2002 dallo psicologo israeliano Daniel Kahneman in coppia con l’economista americano Vernon Lomax Smith.
È chiaro che un’economia che considera l’aspetto irrazionale degli esseri umani rende tutto più complicato. Considerare la variabile umana nella scienza economica consente però di fare previsioni e disegnare modelli che si avvicinano maggiormente alla realtà. Una realtà dove, per prendere un altro esempio che si incontra negli studi di Thaler, nella loro testa gli esseri umano si fanno una sorta di “contabilità mentale”, trattando le singole scelte economiche in maniera distinta l’una dall’altra, senza considerare gli effetti generali che queste decisioni possono avere sulle loro finanze. Oppure una realtà dove la gente dà alle cose un valore più alto quando già le possiede e più basso se se le deve comprare, negando così il mito del “mercato perfetto”.
Nell’economia “umana” di Thaler il sistema è pieno di soggetti che sbagliano, facendo scelte non economicamente sensate. È la realtà che ognuno di noi può vedere nella sua vita quotidiana. Dove, per rubare un altro esempio al premio Nobel, può sembrarci sensato perdere 10 minuti per cambiare negozio e risparmiare 10 euro su una radio che ne costa 45 ma non faremmo lo stesso sacrificio per risparmiare gli stessi 10 euro su una televisione che ne costa 500. Si fanno un sacco di errori e infatti Thaler ha chiamato Misbehaving, cioè «comportarsi male», il suo libro più importante, in cui ripercorre la storia e disegna le basi dell’economia comportamentale.
Nell’unico suo testo tradotto in italiano, Nudge: la spinta gentile scritto con Cass Sunstein, Thaler mostra come in molti casi piccoli ma costanti incentivi possano aiutare le persone ad esercitare un maggiore autocontrollo, resistendo alle tentazioni che le portano a fallire gli obiettivi di lungo termine che si sono date. Con un po’ di aiuto, insomma, ci si può comportare (economicamente) meglio. E fare funzionare il sistema economico in maniera più simile a quello che vorrebbero i teoreti del mercato perfetto