mercoledì 26 marzo 2025
Nel 2023 perso l'1,6% del potere d'acquisto, il 23,1% dei nuclei in difficoltà (il 39,2% al Sud) in crescita la bassa intensità lavorativa
Redditi corrosi dall'inflazione: una famiglia su quattro è a rischio povertà
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L’onda lunga dell’inflazione continua a corrodere i redditi delle famiglie italiane, spingendo una fetta sempre più consistente verso la povertà e l’esclusione sociale. Quasi un nucleo su quattro, il 23,1% con un lieve incremento dello 0,3% rispetto all’anno prima, si è trovato in difficoltà economica. Il report dell’Istat sulle condizioni d vita e di reddito delle famiglie diffuso oggi non è una doccia fredda ma semmai la conferma di un continuo e consistente impoverimento del ceto medio. L’Italia, ha detto appena qualche giorno fa l’Ilo, è maglia nera tra i Paesi del G20 quando si parla di perdita di potere d’acquisto dei salari, pari alll’8,7% rispetto al 2008. Dato confermato dall’Istat che certifica come anche in tempi recenti la situazione non sia cambiata. Se i redditi familiari in termini nominali sono cresciuti del 4,2% l’indice dei prezzi al consumo (Ipca) ha fatto un balzo del 5,9% traducendosi in una perdita di valore dell1,6%, analoga a quella precedente. Un effetto che è maggiore per i lavoratori autonomi o dipendenti mentre è più attenuato per i pensionati.

Reddito medio sale a 37.500 euro Il reddito medio nel 2023 è di 37.500 euro, ma il valore mediano scende a poco più di 30mila euro. Le differenze a livello geografico sono ampie, con il Nord-Est più ricco e il Mezzogiorno più povero, così come quelle legate al numero di figli con le famiglie numerose che hanno in media redditi inferiori a quelli di chi ha uno o due figli. Penalizzati gli stranieri che posso contare in media di 5400 euro in meno.

Quasi una famiglia su quattro a rischio povertà ed esclusione sociale Le condizioni di vita sono praticamente invariate: la popolazione a rischio è pari a 13,5 milioni (il 23,1%) le persone con un picco del 39,2% nel Mezzogiorno. La quota di persone in condizione di grave deprivazione materiale e sociale rimane stabile (dal 4,7% al 4,6%) così come quella degli individui a rischio povertà (18,9%), in aumento invece coloro che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (meno di un quinto del tempo): sono 9,2% rispetto all’8,9% dell’anno precedente. Tra loro spiccano gli under 35 e i genitori soli mentre sono le coppie senza figli quelle ad avere meno problemi.

Redditi diseguali: i più poveri hanno un quinto della ricchezza dei più ricchi. Il rapporto segnala un aumento la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, parametro calcolato ordinando in cinque fasce di reddito la popolazione. Il primo quinto comprende il 20% degli individui con i redditi equivalenti piu' bassi, l'ultimo quinto il 20% di individui con i redditi piu' alti. Il rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dall'ultimo quinto e quello ricevuto dal primo quinto (rapporto noto come s80/s20) fornisce una misura sintetica della disuguaglianza. Se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi equivalenti netti senza affitti figurativi, nel 2023, l'indicatore è pari a 5,5, in lieve peggioramento rispetto al 2022 (quando era pari a 5,3), ma al di sotto del valore pre-pandemia del 2019 (5,7).

Nel 2023 il 21% dei lavoratori è a basso reddito. Cresce il numero di lavoratori poveri: quelli che hanno lavorato almeno un mese nell’anno e hanno percepito un reddito netto da lavoro inferiore al 60% della mediana della distribuzione individuale sono pari al 21% del totale, un valore pressoché invariato rispetto all’anno precedente. Il rischio di essere un lavoratore a basso reddito è decisamente più alto per le donne rispetto agli uomini (26,6% contro 16,8%), per gli occupati appartenenti alle classi di età più giovani (29,5% per i lavoratori con meno di 35 anni contro un valore minimo pari al 17,7% per quelli nella classe 55-64), per gli stranieri rispetto agli italiani (35,2% contro 19,3%). La condizione di basso reddito è associata anche a bassi livelli di istruzione a determinati settori (come quello dell'assistenza alla persona). Nel periodo pre-crisi 2007 era pari al 16,7%.

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