martedì 7 maggio 2024
Tredici milioni di persone in difficoltà nel 2023, 2,8 milioni in condizioni di grave deprivazione. L'aumento dell'occupazione e l'introduzione dell'assegno unico hanno avuto un effetto positivo
Povertà e rischio esclusione in calo in Italia, ma crescono le persone in condizioni di disagio estremo

Povertà e rischio esclusione in calo in Italia, ma crescono le persone in condizioni di disagio estremo - Ansa

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La povertà fa un piccolo passo indietro in Italia, nonostante la perdita di reddito reale delle famiglie. Un miglioramento frutto di due spinte differenti: da una parte l’aumento dell’occupazione, dall’altra introduzione dell’assegno unico universale, che ha debuttato a marzo del 2022 e che in base alle elaborazioni fatte dall’Istat da solo ha ridotto dell’1% il rischio povertà.

Il rapporto sulle condizoni di vita e sul reddito delle famiglie nel 2023, fotografa un paese meno fragile e meno diseguale, sia pure con le solite differenze a livello geografico. Scende al 18,9% la percentuale di popolazione a rischio povertà per mancanza di un reddito adeguato (era il 20,1% l’anno precedente). Segue un andamento analogo, con una riduzione dal 24,4% al 22,8% la quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale (che incrocia i fattori economici con la bassa intensità di lavoro). In quadro tutto sommato positivo si segnala però un lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%).

L’aumento dell’occupazione nel 2022 ha portato a una decisa contrazione rispetto all’anno precedente della quota di individui (8,9% da 9,8%) che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con persone che hanno solo per poco tempo nel corso dell’anno (meno di un quinto). Il miglioramento riguarda tutte le ripartizioni geografiche, in particolare il Nord-ovest (4% rispetto al 5,2 dell’anno precedente) e il Centro (7,7% rispetto a 8,8%).

L’Istat nel suo rapporto sottolinea che sono state le misure di sostegno al reddito ad avere alleviato, almeno in parte, il disagio della famiglie. Oltre al reddito di cittadinanza, percepito da 1,65 milioni di famiglie e costato 7,8 miliardi, è stato l’assegno unico universale a fare la differenza. Lo hanno ricevuto 7,8 milioni di persone per un importo medio di 1930 euro l’anno e un costo complessivo di 15,1 miliardi. Da segnalare in maniera particolare che il 38% dei beneficiari, non riceveva nessun contributo per i familiari a carico prima della sua introduzione, con una polarizzazione forte tra i redditi molto bassi e quelli elevati. Secondo l’Istat l’introduzione dell’assegno unico ha ridotto dell’1% la percentuale di famiglie a rischio povertà e aumentato dello 0,66% l’indice Gini sull’equità della distribuzione dei redditi equivalenti. Meno impattanti dal punto di vista economico ma diffuso (lo hanno ricevuto ben 27 milioni di persone) i bonus da 150 e 200 euro per contrastare l'aumento nei costi dell'energia. Da segnalare che l’addio alle misure straordinarie introdotte per il Covid, dal reddito di emergenza ai vari bonus ha fatto risparmiare 8 miliardi di euro.

Le persone residenti in Italia che risultano a rischio di povertà sono circa 11 milioni e 121mila individui: hanno avuto, nell'anno precedente l'indagine, un reddito netto equivalente inferiore a 11 e 900 euro. Il 4,7% della popolazione che si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale corrisponde invece a circa 2 milioni e 788mila individui, in crescita soprattutto al Centro e al Sud e nelle Isole. La riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (13 milioni e 391mila persone) è particolarmente marcata al Nord e il Nord-est si conferma l’area del Paese con la minore incidenza di rischio di povertà (11%). La quota di popolazione in questa condizione è stabile al Centro (19,6%) e si riduce nel Mezzogiorno dove resta comunque a livelli elevatissimi (39% rispetto al 40,6% del 2022). L'incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per tutte le tipologie di famiglie ma per quelle numerose le difficoltà restano insormontabili: aumenta la percentuale di individui in condizione di bassa intensità di lavoro nei nuclei con cinque o più componenti (6,6% rispetto a 5,1% dell'anno precedente) e tre le coppie con tre o più figli (6% rispetto al 3,5% dell'anno precedente), dovute ad una maggiore difficoltà nella conciliazione delle attività di lavoro e cura. Il rischio di povertà o esclusione sociale colpisce soprattutto le famiglie con almeno un cittadino straniero (40,1% al 39,6% del 2022), mentre diminuisce per le famiglie interamente italiane. L’incidenza è più elevata per i pensionati (31,6%), sia pure in riduzione rispetto all’anno precedente e per i lavoratori autonomi ((22,3% rispetto al 19,9% nel 2022), per effetto dell’ampliamento della distanza tra i livelli di reddito con i dipendenti.

Il reddito medio delle famiglie italiane, a fine 2022, è di quasi 36mila euro, 3mila euro netti al mese, con consistenti differenze a livello territoriale. La crescita in termini nominali del 6,5% non è però riuscita a compensare l’inflazione (con l’indice dei beni al consumo all’8,7%) producendo una perdita del potere d’acquisto reale del 2,1%. Rispetto all’anno precedente, i redditi familiari medi in termini reali sono diminuiti in modo particolarmente intenso nel Nord-ovest (-4,2%). La contrazione complessiva rispetto al 2007, anno che precede la prima crisieconomica del nuovo millennio, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari, in media, al-7,2%: la contrazione è di -10,8% nel Centro, -10,2% nel Mezzogiorno, -5,1% nel Nord-ovest e -2,8% nel Nord-est. La flessione è particolarmente intensa per le famiglie la cui fonte di reddito principale è il lavoro autonomo (-13,7%) e il lavoro dipendente (-10,6%), mentre le famiglie il cui reddito è costituito principalmente da pensioni e trasferimenti pubblici hanno sperimentato un incremento del 6,3%. Da segnalare infine una riduzione delle diseguaglianze, tornate ai livelli pre-Covid: il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,3 volte quello delle famiglie più povere (era 5,6 nel 2021).

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