venerdì 14 marzo 2025
In Italia la raccolta è cresciuta del 7%, arrivando a 2,9 kg per persona. Il contributo delle cooperative. Ma due italiani su tre non la conoscono ancora
Troppi italiani non conoscono ancora la moda sostenibile

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Dall’inizio di quest’anno in Europa è in vigore l’obbligo della raccolta differenziata dei tessili; un obbligo che l’Italia ha anticipato al 2022. Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra-Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i rifiuti tessili costituiscono una parte significativa della sfida ecologica che l'industria della moda deve affrontare, con l’aiuto dei consumatori, per una corretta gestione dei capi. Nel nostro Paese, nel 2023 ne sono stati raccolti in modo differenziato 171,6 mila tonnellate, in crescita del 7% rispetto alle 160,3 mila tonnellate dell'anno precedente, arrivando così a 2,9 kg per abitante. «Il comparto ha infatti già da tempo avviato importanti riflessioni su un tema che nel 2025 dovranno trovare concretezza - spiega Giancarlo Dezio, direttore generale del Consorzio Ecotessili -. La crescita dei dati di raccolta ci dice che occorre fare di più per porre le basi per costruire un futuro più sostenibile. L’avvio del regime Epr-Responsabilità estesa al produttore sarà un tassello fondamentale in un percorso che vedrà produttori, consorzi e consumatori impegnati in un percorso di reciproca responsabilità ambientale».

Nel rapporto Ispra, la raccolta differenziata di rifiuti tessili è aumentata di circa il 9% dal 2019 al 2023, passando da 157,7 mila tonnellate a 171,6mila. Sono state le regioni del Nord a guidare la raccolta con 83.165 tonnellate. Il Centro ha fatto registrare 35.440 tonnellate e il Sud 52.970 tonnellate. Nello specifico le tre regioni italiane con i migliori dati di raccolta sono state la Lombardia (29.146 tonnellate), la Campania (15.451 tonnellate) e l’Emilia-Romagna (15.277 tonnellate). Milano ha raccolto 4.107 tonnellate, quasi tre kg per abitante. Nel complesso, nel 2023 la raccolta differenziata dei tessili è stata effettuata in più di otto comuni su dieci.

Dal regolamento europeo Ecodesign, che prevede tra l’altro anche il divieto di distruzione dell’invenduto, fino all’introduzione del regime Epr. Sono diversi e tra loro collegati gli ambiti di intervento normativo europeo nel settore tessile. Tutti sono finalizzati a coinvolgere sia i prodotti sia i consumatori verso scelte più ecologicamente sostenibili.

Il contributo delle cooperative

«Le cooperative hanno investito 1,9 miliardi di euro in iniziative legate alla sostenibilità, segnando un incremento del 26,6% rispetto all’anno precedente». Lo sottolinea Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, e aggiunge che «le cooperative sono pronte a fare ancora di più», ma evidenzia anche come «la spesa burocratica e normativa freni ulteriormente gli investimenti green, con oltre 360 milioni di euro destinati a questi oneri. Un’impresa su due, infatti, richiede un forte intervento delle istituzioni per facilitare gli investimenti in sostenibilità».

In merito al riutilizzo degli scarti tessili, le cooperative sociale sono protagoniste con la loro esperienza trentennale e si stanno confermando attori essenziali non solo per ridurre l’impatto ambientale, ma anche per favorire l’inclusione lavorativa e sociale, creando nuove opportunità in un settore ad alto potenziale. La filiera del riuso dei tessuti, infatti, si configura come una delle soluzioni più promettenti per rispondere alle sfide ambientali e occupazionali del nostro Paese. In particolare la rete di 40 cooperative sociali, di Confcooperative Federsolidarietà, che operano in 11 regioni, raccolgono oltre un terzo delle oltre 171mila tonnellate di rifiuti tessili generati annualmente in Italia. Si tratta di più di 57mila tonnellate di capi, raccolti tramite più di 10mila cassonetti distribuiti sul territorio. Questa filiera non solo genera un fatturato di oltre 200 milioni di euro, ma impiega circa 6mila persone, di cui 1.500 sono lavoratori fragili, contribuendo così a percorsi di inclusione sociale e a una maggiore giustizia economica.

Ma c’è di più: secondo l'Ispra, ogni anno in Italia circa 630mila tonnellate di rifiuti tessili finiscono nel ciclo di smaltimento indifferenziato, finendo in discarica o inceneritori. «Questo rappresenta un enorme spreco di risorse, ma anche una grande opportunità in termini di impatti economici e sociali. Infatti – precisa Stefano Granata, presidente Confcooperative Federsolidarietà – ogni impresa che opera nel settore del recupero tessile crea tra 20 e 35 posti di lavoro per ogni 1.000 tonnellate di prodotti raccolti per il riutilizzo. Questo significa che l’intera filiera del riuso dei tessuti, se adeguatamente incentivata, potrebbe generare altri 50mila nuovi posti di lavoro, con potenzialità di inclusione per altre 15mila persone fragili».

Ma due italiani su tre non conoscono ancora il concetto di moda circolare

La moda, da sempre sinonimo di innovazione e creatività, è oggi chiamata a confrontarsi con una delle sue sfide più urgenti: la sostenibilità e la trasparenza. Dal 1° gennaio 2025, infatti, la raccolta differenziata dei prodotti tessili in Europa è diventata obbligatoria in tutti i Paesi membri, ma l’Italia registra dati poco incoraggianti: appena 2,9 kg di tessuti raccolti all’anno per abitante a fronte di un venduto annuo di 23 kg/abitante. A confermare lo stato dell’arte, due italiani su tre non conoscono il concetto di moda sostenibile, anche se il 74% ha dichiarato di esserne interessato. È quanto emerge da un'indagine di Ipsos.

Questo dato rappresenta la grande opportunità per il settore tessile di abbracciare una trasformazione radicale, stando però attenti a non cadere nelle pratiche di greenwashing. Infatti, questo fenomeno viene percepito dal 54% degli italiani come pratica diffusa nelle aziende. Inoltre, un italiano su tre ritiene che le aziende virtuose in Italia siano meno del 30%. Non solo, il 15% ha dichiarato di aver boicottato un’azienda perché sospettata di greenwashing. Se guardiamo solo ai giovani tra i 18 e 24 anni la percentuale sale al 33%. Inoltre, sempre secondo le indagini di Ipsos, il 22% degli italiani ritiene che molte iniziative dei brand siano finalizzate al profitto piuttosto che a un vero e proprio cambiamento sostenibile. Mentre il 20% crede che queste attività siano mirate principalmente a conquistare un target giovane. Tra gli italiani che dichiarano il loro interesse verso la moda sostenibile, troviamo l’81% di donne, sempre più consapevoli e sensibili verso quelli che sono i temi ambientali e principali promotrici del cambiamento verso una moda più circolare. È da questo target che emerge l’interesse verso prodotti second hand e sostenibili, oltre ad una particolare attenzione alle pratiche di produzione e ai processi trasparenti.

Infine, il tema del greenwashing è stato reso noto anche dalle sanzioni dell’Agcm-Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti di diverse aziende, rappresentando una sfida cruciale per l’intera filiera tessile. «In questo contesto - conclude Marta Macchi, Communications, Marketing & Sales Manager di Erion Textiles - ci poniamo come partner strategico per aiutare le aziende a navigare nel complesso panorama della sostenibilità, promuovendo un approccio concreto e orientato all’economia circolare. Attraverso soluzioni innovative per la gestione responsabile dei rifiuti tessili e la creazione di processi trasparenti e verificabili, vogliamo supportare il settore moda nel trasformare le sfide ambientali in opportunità di crescita e credibilità. Aiutiamo i nostri soci non solo a rispettare le regole, ma anche a ispirare fiducia attraverso azioni tangibili, anche piccole, in grado di dimostrare un primo impegno per l’ambiente che ci circonda».

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