giovedì 3 ottobre 2024
A Fabriano il lungo addio al presidente onorario del gruppo degli elettrodomestici e del comfort termico, morto a 99 anni. Tra i protagonisti dell’industria nazionale, era amatissimo dai giovani
Francesco Merloni in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, lo scorso marzo a Matelica

Francesco Merloni in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, lo scorso marzo a Matelica - Ansa

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È cominciato ieri pomeriggio, dalle 15, nel suo stabilimento Ariston Group di Albacina (Fabriano), l’affettuoso omaggio, in primis dei dipendenti, a Francesco Merloni, scomparso l’altroieri a 99 anni appena compiuti. Paradossalmente sono stati proprio i giovani a conoscerlo meglio, perché agli studenti, in particolare, si concedeva più volentieri, raccontando la sua vita di imprenditore e uomo politico, di una dinastia che aveva “inventato” il modello adriatico di sviluppo, fatto di piccole e medie imprese e della figura, da letteratura economica, del “metalmezzadro”, il contadino che la mattina lavorava nelle prime fabbriche aperte, e il pomeriggio tornava sui campi. Un modello vincente, perché non strapazzava né il territorio, né la gente, le famiglie, e permetteva alle periferie povere di guardare serenamente al futuro, anche con un minimo di agiatezza.

Questo raccontava Francesco Merloni, che – laureato a Pisa – non si era accontentato di avviare la fabbrica di termosanitari, l’unica a sopravvivere a seguito della “crisi del bianco”, ma si era anche buttato in politica, fino ad arrivare due volte ad essere ministro, nei governi Amato e Ciampi, a lasciare un segno nelle turbolente vicende del paese, con le sue sette legislature e le sue simpatie per l’Ulivo di Prodi.

L'ingegnere con il sorriso: così lo chiamavano, i fabrianesi, i suoi dipendenti, e alla fine un po’ tutti. Il sorriso era un timbro della sua fiducia verso il futuro. Per questo era contagioso per i giovani studenti e i giovani imprenditori. Non si stancava mai di stimolare a studiare, ad aggiornare le tecnologie, ad essere competitivi, ma sempre, diceva, avendo come focus la persona e la dignità umana.

Il suo stabilimento era stato aperto nel 1930: per Francesco era impossibile non seguire le orme del padre Aristide, che aveva cominciato con una fabbrica di bombole, a servizio di un altro mito marchigiano, Enrico Mattei. Le aziende del gruppo hanno poi subito alterne vicende, in particolare con la “crisi del bianco”. L’Ariston Group, di cui Merloni era adesso presidente onorario, ha sempre resistito e oggi sforna gioielli della tecnologia, in linea con l’imprenditoria green. Da tre anni l’azienda è sbarcata in borsa, un processo avvenuto in piena epoca covid. Lo stesso Merloni aveva superato brillantemente il contagio, a 95 anni suonati, e aveva deciso di riconoscere all’ospedale di Torrette, che lo aveva avuto in cura, un milione di euro. Nell’ultima stagione della sua vita - le redini dell’azienda da 13 anni erano passate al figlio Paolo - aveva dedicato tempo e risorse alla Fondazione che porta il suo nome, per fare formazione e diffondere cultura.

L’ingegnere è morto nella sua abitazione a Collegiglioni, assistito dalla moglie Maria Cecilia Lazzarini e dai figli Paolo, Francesca e Claudia. La camera ardente resterà aperta fino alle 14 di domani, un’ora prima dei funerali, previsti alle 15, quando il feretro arriverà nella cattedrale di San Venanzio, a Fabriano, per l’ultimo saluto.

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