Un complesso residenziale di Evergrande a Nanjing - ANSA
Il tribunale di Hong Kong ha ordinato di mettere in liquidazione Evergrande, il gigante immobiliare cinese che ha debiti per oltre 300 miliardi di dollari.
La società simbolo dei guai immobiliari della Cina è in stato di insolvenza da oltre due anni: precisamente dal settembre del 2021, quando ha mancato per la prima volta il pagamento di una rata delle sue obbligazioni controllate da investitori stranieri. Da quel momento è iniziato un processo di salvataggio dell’azienda, durante il quale i manager di Evergrande hanno negoziato con i creditori piani per la ristrutturazione del debito. Le trattative però non hanno dato risultati. Nel frattempo, lo scorso settembre, il presidente del gruppo, Hui Ka Yan, è stato arrestato con l’accusa di essere coinvolto in attività illegali.
Uno dei creditori, Top Shine Global, non avendo ricevuto il pagamento di un debito di 863 milioni di dollari di Hong Kong, circa 110 milioni di euro, ha portato l’azienda al tribunale dell’ex colonia, dove Evergrande è quotata. A ottobre, la giudice Linda Chan ha dato a Evergrande «un’ultima opportunità» per arrivare a un accordo con i creditori, spiegando che altrimenti la liquidazione sarebbe stata «molto probabile». L’intesa non è arrivata e per questo ieri il giudice ha deciso per la liquidazione: «L’udienza è durata un anno e mezzo e la società non è ancora riuscita a presentare una proposta concreta di ristrutturazione. Credo che sia giunto il momento per il tribunale di dire basta». Shawn Siu, direttore esecutivo di Evergrande, ha parlato di decisione «molto deplorevole». In Borsa il titolo del gruppo è stato sospeso mentre perdeva oltre il 10%.
Quello che accadrà adesso non è affatto chiaro. Evergrande è quotata a Hong Kong ma le sue proprietà sono a Pechino e il governo cinese potrebbe opporsi alla decisione presa da un tribunale di una regione amministrativa speciale. La partita tra avvocati, su questo fronte, potrebbe durare molto a lungo. In teoria i creditori potrebbero chiedere di prendere possesso di alcune delle proprietà dell’azienda in determinate aree della Cina in cui vale il riconoscimento reciproco del diritto civile con Hong Kong, ma sarebbe una mossa rischiosa per le imprevedibili reazioni del governo.
Un addetti alle consegne davanti a un complesso di Evergrande a Pechino - Ansa
Difficilmente, in ogni caso, i fondi che hanno comprato i titoli di Evergrande potranno recuperare molto, perché quegli immobili hanno un valore limitato. L’economia cinese è in frenata, dopo avere chiuso il 2023 con una crescita del 5,2%, la più debole da trent’anni. Il Paese è in deflazione da tre mesi. La crisi immobiliare è quella più evidente: il Paese conta centinaia di migliaia di abitazioni nuove completate ma prive di un acquirente, mentre non si contano i cantieri in abbandono. Secondo i dati dell’ufficio nazionale di statistica cinese, a dicembre le principali città del Paese hanno registrato ancora una volta un calo mensile dei prezzi degli immobili. I valori sono scesi in 62 delle 70 città analizzate. Country Garden, altro gigante dello sviluppo immobiliare, è insolvente dallo scorso ottobre, così come oltre la metà delle imprese del settore.
La crisi dell’immobiliare si porta dietro altri grossi problemi collaterali. Uno è interno: tra le famiglie della classe media cinese che hanno investito sulle azioni di questi gruppi convinte di puntare su titoli “tranquilli” cresce il malcontento e la sfiducia verso il settore finanziario. L’altro è esterno: «La gente guarderà attentamente quanto sta succedendo per vedere se i diritti degli investitori saranno rispettati – ha detto al New York Times un professionista di uno studio legale americano specializzato in ristrutturazioni aziendali –. Il rispetto o meno di questi diritti avrà implicazioni a lungo termine per gli investimenti stranieri nel Paese».