giovedì 13 giugno 2024
La domanda di laureati in Italia è in forte aumento, rappresenta il 14% della richiesta di lavoro, ma i profili con competenze adeguate scarseggiano
Le aziende faticano a trovare laureati con le giuste competenze

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La domanda di laureati in Italia è in forte aumento, rappresenta il 14% della richiesta di lavoro, ma i profili con competenze adeguate scarseggiano. Sono 768mila i "dottori" che le imprese hanno previsto di assumere nel 2023 (a fronte di 1,6 milioni di diplomati e due milioni di tecnici), ma in un caso su due le difficoltà sono state considerevoli. Appena quattro anni fa era di difficile reperimento soltanto un terzo dei laureati. A rivelare questo disallineamento che rischia di rallentare l’economia del Paese è il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, che ha analizzato il dato relativo alla domanda di lavoro programmata dalle imprese nello scorso anno. La motivazione prevalente, che da sola rappresenta il 62,9% dei casi, per cui le imprese hanno difficoltà ad assumere personale qualificato, riguarda il “gap di offerta”: il profilo è molto richiesto, ma non ci sono abbastanza laureati disponibili sul mercato con specifiche competenze. Ed è in questo contesto che le lauree abilitanti possono contribuire a ridurre il divario. Tra i professionisti “introvabili” gli ingegneri elettrotecnici (90,6%) e dell’informazione (80,7%), infermieri e ostetriche (80,3%). Seguono poi cinque profili difficili da reperire in sette casi su dieci: i tecnici gestori di reti e di sistemi telematici, i farmacisti, gli specialisti in terapie mediche, i medici generici e i progettisti e amministratori di sistemi. Altre due figure superano la soglia del 60% in termini di irreperibilità: analisti e progettisti di software e tecnici programmatori. Mentre per gli ingegneri energetici e meccanici la difficoltà di reperimento si attesta al 59,3%.

Per il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, «il nostro Paese è nelle posizioni basse della classifica europea per la percentuale di giovani che hanno completato un percorso di istruzione terziaria. In Italia i laureati tra i 25 e i 34 anni sono il 29,2% mentre a livello europeo sono il 42%». Per questo «vanno sostenute e valorizzate tutte le forme di istruzione terziaria, dagli Its Academy, alle Università non solo quelle tradizionali, ma quelle telematiche, che possono agevolare gli studenti lavoratori e i giovani che abitano lontano dalle sedi universitarie».

Le lauree più richieste si confermano quelle in economia con quasi 223mila inserimenti (29% della domanda di laureati). Al secondo posto ingegneria con i suoi diversi indirizzi, con 162mila assunzioni previste (21,1%). Nelle posizioni alte della classifica si trova anche a sorpresa la laurea in Insegnamento e formazione (117mila inserimenti, il 15,2% della domanda totale). Sono piuttosto ricercati anche i laureati dell’indirizzo sanitario e paramedico (8,1%) e di quello scientifico, matematico, fisico e informatico (7,3%).

La distribuzione territoriale della richiesta di laureati vede prevalere le regioni più grandi: ai primi posti si trovano Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Veneto e Piemonte. Le competenze digitali (in particolare l’utilizzo di tecnologie internet e la capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione multimediale) stanno diventando requisiti essenziali. Le imprese richiedono digital skill al 69,4% dei laureati. Tra le altre competenze tecnologiche la capacità di utilizzare linguaggi matematici e informatici e di gestire soluzioni innovative applicando tecnologie “4.0” (cioè quelle legate all’automazione industriale) vengono considerate essenziali rispettivamente nel 44,2% e nel 29,5% dei casi. Ma sono sempre più numerose le aziende (42,3%) che cercano laureati con competenze specifiche sulla sostenibilità e il risparmio energetico.

Le lauree abilitanti

Si tratta di particolari tipologie di percorsi accademici, regolati da specifiche leggi, che offrono agli studenti una chiave privilegiata per l’accesso a determinate professioni regolamentate. Ma attenzione: non tutte le lauree rientrano in questa categoria. Comprendere, quindi, la differenza tra titoli abilitanti e non abilitanti è fondamentale per fare una scelta consapevole e ragionata. Le lauree abilitanti, definite anche come lauree professionalizzanti, sono quei percorsi formativi universitari che, una volta terminati, conferiscono un titolo accademico e l’"abilitazione" – appunto – allo svolgimento di una specifica professione. Tutto questo grazie a un piano di studi strutturato ad hoc che mixa competenze teoriche e pratiche, da acquisire anche attraverso stage e tirocini che gli studenti seguono prima o subito dopo essersi laureati. L’abilitazione è infatti il riconoscimento giuridico a tutti gli effetti che permette l’esercizio legale della professione in Italia. Uno dei principali vantaggi delle lauree abilitanti è la garanzia di competenze specialistiche e sempre aggiornate che questi percorsi sono in grado di assicurare. I corsi di studio sono, infatti, progettati per fornire una formazione approfondita e specifica, che permette ai laureati di essere operativi e di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. E sappiamo, del resto, quanto questo aspetto sia particolarmente apprezzato dalle aziende, che sono alla continua ricerca di professionisti qualificati e pronti a dare un valido supporto sin da subito. Inoltre, le lauree abilitanti offrono agli studenti l’opportunità di svolgere stage e tirocini all’interno di aziende (in base al percorso di studi), consentendo loro di mettere in pratica le competenze acquisite. Questa esperienza sul campo è anche certamente un modo per entrare in connessione con esperti e costruire un network di contatti professionali, un aspetto da non sottovalutare soprattutto quando si è alle prime armi. Le lauree abilitanti sono riconosciute a livello nazionale e internazionale e ampliano, quindi, il ventaglio di opportunità di lavoro estendendole anche all’estero. Intanto, la legge italiana prevede una serie di disposizioni normative che regolamentano effettivamente le lauree abilitanti. L’ordinamento universitario del nostro Paese distingue tra corsi di laurea ordinari e corsi di laurea abilitanti all’esercizio di professioni regolamentate. Un aspetto molto importante da considerare è che, con l’approvazione del disegno di legge del 28 ottobre 2021, non è più necessario sostenere l’esame di Stato per svolgere determinate professioni; al contrario sarà sufficiente aver conseguito la laurea (oltre che i crediti formativi necessari durante i tirocini pratici). Queste sono: Odontoiatria e protesi dentaria; Farmacia e farmacia industriale; Medicina veterinaria; Psicologia.

Inoltre,con l’approvazione della legge n. 163 del 19 novembre 2021 pubblicata in Gazzetta Ufficiale, che contiene le

Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti, possano diventare abilitanti le lauree che attualmente consentono l’accesso all’esame di Stato senza lo svolgimento di un tirocinio obbligatorio. Ecco che quindi sono incluse le lauree in architettura e ingegneria. Ma le novità non finiscono qui. Il Mur-Ministero dell’Università e della Ricerca ha sottoscritto un accordo il 4 agosto 2023 estendendone, così, l’applicazione. Gli accordi riguardano le Professioni agrarie, alimentari e forestali (L-P02) e la laurea abilitante in Professioni tecniche industriali e dell’informazione (L-P03).

Elenco delle principali lauree abilitanti:

Conservazione e restauro dei beni culturali (LMR/02); Farmacia e farmacia industriale (LM-13); Medicina e chirurgia (LM-41); Medicina veterinaria (LM-42); Odontoiatria e protesi dentaria (LM-46); Psicologia (LM-51); Professioni sanitarie, infermieristiche e professione sanitaria ostetrica (L/SNT1); Professioni sanitarie della riabilitazione (L/SNT2); Professioni sanitarie tecniche (L/SNT3); Professioni sanitarie della prevenzione (L/SNT4); Professioni tecniche per l’edilizia e il territorio (LP-01); Professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali (LP-02); Professioni tecniche industriali e dell’informazione (LP-03). Scienze della formazione primaria (LM-85 bis).

Il confronto con l'Unione Europea

È cresciuta dell’1% la fetta di popolazione europea tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio universitario o post-laurea e ha raggiunto, nel 2023, il 43% della popolazione. Mancano solo due punti percentuali per raggiungere l’obiettivo del 45% della popolazione Ue in fascia 25-34 anni con un’istruzione terziaria entro il 2030. In realtà ci sono 13 Paesi che hanno già raggiunto l’obiettivo: Irlanda (63%), Cipro (62%), Lussemburgo (60%), Lituania (57%), Paesi Bassi (55 %), Svezia (54%), Spagna e Francia (entrambi 52%), Belgio (50%), Danimarca (49%), Malta e Polonia (entrambi 46%) e Lettonia (45%). Le percentuali più basse di persone con laurea, dottorato o specializzazione post-universitaria si sono registrate in Romania (23%), Ungheria (29%) e Italia (31%). Un elemento interessante tra quelli diffusi da Eurostat è il divario di genere al rovescio che si registra in queste statistiche: è infatti il 49% di donne ad avere un’istruzione di grado elevato rispetto al 38% degli uomini.

Aggregando tutti i livelli di istruzione post-diploma, includendo quindi educazione terziaria, lauree triennali, lauree magistrali, master e dottorati, in Italia i 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario sono appena il 27%, molto al di sotto della media dell'Ue dove la percentuale è del 43%. «E nella fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni, quattro italiani su dieci non posseggono neanche un diploma», mette in evidenza Luigi Saldì, fondatore della Lu.Sa. Form, ente di formazione che offre servizi di orientamento professionale attraverso l'erogazione di percorsi formativi che accompagnano le persone nel mondo del lavoro, favorendone l'ingresso per i giovani e per gli adulti e qualificando ed aggiornando chi già lavora. «Estendendo poi l'analisi a tutta la popolazione adulta - aggiunge - risulta che solo il 14% degli italiani sono laureati, sopra i 9 anni di età, il 4,6% della popolazione è analfabeta».

Analizzando i dati Istat, si scopre che quasi 11mila ragazzi di età compresa tra i 20 e i 24 anni sono addirittura analfabeti, altri 16mila seppure alfabetizzati non hanno mai finito le scuole elementari e ancora altri 23 mila non hanno mai finito le scuole medie, per una somma totale di 50mila giovani sotto-formati, con una distribuzione omogenea sia al Sud che al Nord Italia.

Infine nel 2023, tra gli occupati laureati circa due milioni di persone (il 34% del totale) risultano occupate con un inquadramento professionale che non richiede necessariamente il titolo d'istruzione conseguito e, in tal senso, sono considerate sovra-istruite. L'incidenza raggiunge il 45,7% tra i laureati in discipline socio-economiche e giuridiche e scende al 27,6% tra i laureati in discipline
Stem-Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Tra il 2019 e il 2023 la quota dei sovra-istruiti è cresciuta di 1,1 punti percentuali.

Il Politecnico di Milano al primo posto

Il Politecnico di Milano si conferma la prima Università italiana e raggiunge il suo miglior risultato fino a oggi, salendo di 12 posizioni per occupare l'111esimo posto nella classifica del QS World University Rankings 2025. L'Università di Roma La Sapienza sale di due posizioni per occupare il 132esimo posto - è il suo secondo miglior risultato assoluto, dopo il 125esimo posto nel 2006 -, seguita dall'Università di Bologna che sale di ventuno posizioni al 133esimo posto, ottenendo anch'essa il suo miglior risultato nella storia della classifica. Queste sono le uniche Università italiane tra le prime 150 al mondo. Delle 42 università italiane classificate, 15 salgono in classifica, nove mantengono la stessa posizione dell'anno scorso e le restanti 18 perdono posizioni in questa edizione. Questi i risultati della XXI edizione del World University Rankings, la classifica universitaria il cui ranking include sia i fattori di occupabilità che di sostenibilità. Questa edizione comprende 1.500 Università in 106 Paesi.

A livello mondiale, il Mit-Massachusetts Institute of Technology celebra 13 anni al primo posto; l'Imperial College London raggiunge il secondo posto, mentre l'Università di Oxford rimane al terzo posto e Harvard al quarto. L'Ateneo di Cambridge scende al quinto posto, perdendo tre posizioni.

In Italia, l'Università Vita-Salute San Raffaele è quella che ha ottenuto il più grande avanzamento in classifica in Italia e il secondo a livello mondiale, grazie all'impatto della sua ricerca scientifica; ora si posiziona tra le prime 400 Università nel mondo. Anche l'Università di Roma Tor Vergata ha registrato un progresso significativo, salendo di quasi 100 posti; ha mostrato un miglioramento notevole in quattro dei nove indicatori utilizzati da Qs, in particolare per quanto riguarda l'occupabilità dei suoi laureati, la stima dei datori di lavoro e l'influenza delle citazioni e della ricerca scientifica prodotta, questo progresso l'ha portata tra le prime 400 Università. La Cattolica del Sacro Cuore è salita di 63 posti ed è ora tra le prime 450 Università al mondo; questo miglioramento è dovuto alla considerazione dei datori di lavoro, alla qualità della ricerca prodotta e alla rete di collaborazioni scientifiche internazionali. L'Università di Pavia mostra una crescita grazie alla reputazione che gode tra i datori di lavoro e all'impatto della ricerca che produce. Alma Mater Studiorum-Università di Bologna sale al 133esimo posto, il più alto che abbia raggiunto in questa classifica. Il Politecnico di Torino continua a crescere e si colloca ora tra le migliori 250 Università al mondo. Mentre il Politecnico di Milano inizia a intravedere la possibilità di raggiungere l'obiettivo di entrare tra le prime 100 al mondo.
Se è buona e intensa l'attività di ricerca degli Atenei italiani (per 41 su 42), due punti dolenti sono il rapporto docente-studente e la capacità di attrazione di studenti e docenti internazionali. Solo tre delle 42 università classificate appaiono infatti tra le prime 700 al mondo, indicando una dimensione media delle classi troppo elevata come anche solo tre Università italiane appaiono tra le prime 700 al mondo per la proporzione di studenti internazionali e sette per capacità di attirare docenti dal mondo.

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