lunedì 6 novembre 2023
Fallimentare il tavolo per il brand di lingerie, il Mimit:il delegato del fondo Tennor non conosce i problemi dell’azienda. FemcaCisl: «La volontà del fondo è ristrutturare e ridurre il personale»
Il presidio a Bologna delle lavoratrici dello stabilimento de La Perla

Il presidio a Bologna delle lavoratrici dello stabilimento de La Perla - Fotogramma

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Dalle domande dirette da parte delle istituzioni e dei sindacati «è emerso che il consulente delegato dal fondo Tennor non conoscesse gran parte dei problemi dell’azienda e non ha un mandato pieno a operare» si legge in una nota del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), dunque «la riunione è stata interrotta».

In una parola si può definire fallimentare l’esito del tavolo, a Roma, sul rilancio del marchio storico di lingerie, La Perla. Né in collegamento né in presenza ha preso parte all’incontro il finanziere tedesco Lars Windhorst, presidente del fondo anglo-olandese Tennor che è proprietario del marchio La Perla.

Contemporaneamente davanti allo stabilimento di via Mattei, a Bologna, dove la produzione del campionario tessile è stata ridotta ai minimi termini, di fatto, compromettendo anche i possibili profitti del 2024, centinaia di dipendenti hanno manifestato con la preoccupazione non solo che possa scomparire lo storico marchio di lingerie, ma anche il loro posto di lavoro.

«Le istituzioni vogliono che la produzione di un marchio storico come La Perla possa essere garantita e che vada avanti. E lo farà, con questa o senza questa proprietà» ha rassicurato il sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy con delega alle crisi di impresa, Fausta Bergamotto.

Ma la situazione è complessa e al momento in stallo: esattamente come un mese fa il colosso anglo-olandese non ha definito alcuna road map di interventi finanziari chiari e in tempi brevi e ha chiesto tempo fino a marzo per presentare un piano industriale e di sviluppo per far risalire produttività e profitti dell’azienda, i cui conti, va precisato, sono in costante perdita dal 2007. «Al tavolo è stata presentata solo una lettera di intenti per ristrutturare l’azienda, senza entrare nello specifico di come e quando» ha aggiunto la sindacalista Assunta Marseglia, di Femca Bologna.

Si prospettano, dunque, quattro mesi molto faticosi per le 229 dipendenti che salgono a oltre 320 con la rete retail e la sede inglese. Riguardo agli stipendi «ci hanno assicurato che il 10 del mese verranno pagati quelli di ottobre». Ma rimane una grande preoccupazione per il futuro, soprattutto rispetto a quanto affermato dal delegato del fondo Tennor, Brendan Murphy sul numero troppo alto di dipendenti impiegati a Bologna. «La volontà dell’azienda è quella ristrutturare e ridurre il personale – ha spiegato Marseglia –. Sembra essere in cerca di investitori per un’immissione di capitali, senza però dichiarare la vendita del marchio», che a questo punto delle trattative fallimentari, stando a Femca Cisl, sarebbe l’unica soluzione auspicabile per la sopravvivenza de La Perla.

Fondata in un piccolo laboratorio di corsetteria bolognese nel 1954 dalla sarta Ada Masotti, La Perla è stato considerato a lungo un marchio leader, anche a livello nazionale e internazionale, nel settore della lingerie. A partire dagli anni Sessanta, la direzione passò al figlio di Ada, Alberto, che con l’aiuto della moglie Olga creò la prima linea di costumi da bagno. Quella della Perla è una storia tutta bolognese fino al 2008, anno in cui, a causa della crisi finanziaria che colpì l’economia italiana, la famiglia Masotti decise di vendere il marchio al fondo americano private equity Jh Partners, con sede a San Francisco. Il colosso a stelle e strisce, nonostante l’apposito piano per rilanciare l’azienda italiana fu costretto a cedere La Perla 10 anni fa.

In quegli anni, tra il 2008 e il 2014, i dipendenti avevano già iniziato a fare i conti con lunghi periodi di incertezza lavorativa, contraddistinti dal ricorso alla cassa integrazione. Nel 2013 il marchio leader nel settore dell’intimo, con numerosi punti vendita in tutto il mondo, venne acquisito all’asta per 69 milioni di euro dall’imprenditore Silvio Scaglia, tramite la holding Pacific Global Management. Il nuovo piano di sviluppo per consolidare l’identità del marchio prevedeva la riapertura di due dei punti vendita più rappresentativi a Londra e Milano e quest’acquisizione da parte del fondatore di Fastweb riuscì a salvare, in un primo momento, il futuro di molti dipendenti.

Nel 2018, però, dopo che i rumors davano per certa la cessione ai cinesi di Fosun, La Perla passò al fondo anglo-olandese Tennor, attraverso l’allora holding Sapinda. A distanza di cinque anni e a fronte di varie ristrutturazioni che da 1.400 dipendenti hanno fatto diminuire il numero dei lavoratori fino ai 320 di oggi, non è cambiato molto sul piano di profitti e si rischia di dover mettere la parola fine sulla storia di un brand di lusso, fatto soprattutto dal lavoro artigianale e sartoriale di lavoratrici e lavoratori che per quasi 70 anni hanno portato alto il nome di La Perla nel mondo.

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