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L’energia nucleare è la soluzione a zero emissioni di carbonio per alimentare l’intelligenza artificiale? Stiamo assistendo a un’impennata della domanda di centrali nucleari da parte delle big tech americane come Google, Amazon, Meta e Microsoft, che necessitano di grandi quantità di elettricità a basse emissioni di carbonio, 24 ore su 24, per far funzionare i loro data center e, di conseguenza, tutto quello che noi abbiamo sui nostri smartphone e computer, comprese le app di IA.
L’ultima notizia, in ordine cronologico, riguarda il colosso di Mountain View che ha commissionato la produzione di alcuni piccoli reattori nucleari modulari (Small Modular Reactors, Smr) alla start-up americana Kairos Power, in modo da produrre e fornire elettricità a basse emissioni di carbonio ai suoi energivori data center. Google e Kairos hanno fatto sapere che gli Smr avranno una capacità totale di 500 megawatt, ma non hanno chiarito ancora se i mini-reattori alimenteranno la rete elettrica o saranno collegati direttamente ai data center. Quest’accordo è «una pietra miliare per noi di Google nel nostro percorso di 15 anni verso l’energia pulita – ha spiegato Michael Terrell, direttore senior per l’energia e il clima di Google – riteniamo che il nucleare possa svolgere un ruolo importante nell’aiutarci a soddisfare la nostra domanda energetica, in modo pulito e 24 ore su 24».
La parola chiave è “energia pulita”: a luglio scorso erano stati diffusi dei dati sulla crescita delle emissioni del colosso tecnologico: +13% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Ma anche rispetto a cinque anni fa, le emissioni erano aumentate del 48%. E tra le cause di questo aumento c’è sicuramente lo sviluppo dirompente che sta avendo l’intelligenza artificiale (IA) che per poter svolgere calcoli complessi richiede un’enorme quantità di energia. Alcuni esperti sostengono che i data center in rapida espansione necessari per alimentare l’IA minacciano l’intera transizione verso l’elettricità pulita. Questo perché un nuovo data center può ritardare la chiusura di una centrale elettrica che brucia combustibili fossili o spingere a costruirne una nuova. I data center non solo consumano molta energia, ma richiedono anche linee di trasmissione ad alta tensione e necessitano di notevoli quantità di acqua per rimanere freschi. Per tutte queste ragioni hanno un grande impatto sul piano ambientale.
Sul lato degli investimenti, basti sapere che nel 2023, l’investimento di capitale complessivo di Google, Microsoft e Amazon, leader del settore nell’adozione dell’IA e nell’installazione di data center, è stato superiore a quello dell’intero settore petrolifero e del gas degli Stati Uniti, per un totale di circa lo 0,5% del Pil degli Stati Uniti. In parallelo a questa necessità delle big tech è cresciuta l’eccitazione nell’industria nucleare: mentre Cina e Corea del Sud sono state impegnate a costruire reattori nucleari negli ultimi decenni, negli Stati Uniti e in Europa si è registrato un declino di queste infrastrutture, anche a seguito degli incidenti di Three Mile Island nel 1979, di Chernobyl nel 1986 e dello Tsunami che ha colpito la centrale di Fukushima nel 2011 che hanno provocato sfiducia e ostilità nell’opinione pubblica verso questa tecnologia. Il mese scorso, Microsoft ha annunciato che avrebbe riattivato la centrale nucleare dismessa di Three Mile Island, in Pennsylvania, mentre a marzo Amazon aveva pagato 650 milioni di dollari per costruire un data center accanto alla centrale nucleare di Susquehanna Steam Electric, sempre in Pennsylvania. Gli investitori sostengono che i prezzi elevati che le big tech sono disposte a pagare potrebbero innescare un’ondata di investimenti in nuove centrali nucleari. Anche se dietro a tutto questo clamore permangono delle sfide strutturali, tra cui la questione fondamentale di chi sarà disposto a farsi carico dell’elevato rischio dei progetti nucleari, che possono protrarsi per anni oltre la scadenza e superare di miliardi il budget.
Per assicurarsi le forniture Google ha investito sui piccoli reattori, mentre Microsoft e Amazon si agganciano a vecchie centrali
Quello che è certo è che i grandi data center, hyperscale, sempre più comuni, hanno una domanda di potenza di 100 MW o più, con un consumo annuo di elettricità equivalente alla domanda di elettricità di circa 400mila auto elettriche. Secondo l’agenzia internazionale dell’energia (Iea), questi dati vanno messi in prospettiva: le vendite globali di auto elettriche raggiungeranno i 17 milioni nel 2024. Oggi, i data center rappresentano circa l’1,5% del consumo globale di elettricità e il consumo annuale di elettricità dei data center a livello globale è circa la metà del consumo di elettricità degli elettrodomestici, come computer, telefoni e TV. Ma nei prossimi anni è stato previsto dalla Iea un aumento sostanziale del numero e delle dimensioni dei data center: di conseguenza, crescerà fortemente al 2030 la domanda di elettricità, portando a una notevole pressione sulle reti elettriche locali, accentuata dall’enorme discrepanza tra i rapidi tempi di costruzione dei data center e il ritmo spesso lento di espansione e rafforzamento delle infrastrutture energetiche. Se l’aumento del consumo di elettricità dei data center potrebbe rendere più difficile il raggiungimento degli obiettivi climatici dichiarati dalle grandi big tech come Amazon e Microsoft, al tempo stesso, le inadeguatezze o i ritardi dello stesso settore energetico potrebbero finir per rallentare lo sviluppo e l’implementazione dell’IA.