sabato 9 settembre 2023
L'ultimo atto della protesta dei montatori in appalto del colosso dell’arredamento low-cost. Scontri con la polizia
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«Teri awaz meri awaz». La famigliola che arriva da Empoli per comprare la cucina osserva stranita Ahmed. Ha appena detto “la tua voce, la mia voce”, ma in lingua urdu. Chissà quante cucine ha montato a Empoli, questo pakistano. Eppure la famigliola non sa neppure perché quei cinquanta operai assiepati davanti all’ingresso di Mondo Convenienza urlino di sciopero, mafia e caporali. La cucina, questo sa, qui costa meno di seicento euro. Come la cameretta. “La nostra forza è il prezzo” recita lo slogan del mercatone al centro di una lotta sindacale che dura ormai da 104 giorni.

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Una quarantina di facchini e montatori delle società che forniscono questo servizio alla società della famiglia Carosi, guidati dai Cobas, chiedono l’applicazione del contratto nazionale della logistica e denunciano sfruttamento, turni massacranti e violazione delle norme sulla sicurezza. Per fermare la protesta, Mondo Convenienza ha firmato un accordo con i sindacati maggiormente rappresentativi il 31 luglio e il 15 settembre li incontrerà a Roma per formalizzarlo e chiudere la vertenza. A quel tavolo non siederà nessun rappresentante degli scioperanti, ma se si troverà un accordo le forze dell’ordine potrebbero costringerli a cessare ogni forma di protesta. La manifestazione organizzata ieri davanti al centro commerciale di Campi Bisenzio - culminata in tafferugli con la polizia che ha impedito ai manifestanti l’ingresso nel mercatone - è la loro sfida. «Ci diranno che è tutto a posto, ma concluderanno un accordo al ribasso e cercheranno di sgomberare il nostro presidio, ma resisteremo» ha commentato alla fine il segretario provinciale dei Cobas Luca Toscano. Lo scontro è soprattutto con la Cgil fiorentina, che in settimana ha emesso una nota per puntualizzare che «la questione deve essere risolta come questione sindacale e non di ordine pubblico» auspicando «la definitiva messa in pratica» dell’accordo di luglio.

Un accordo cui gli scioperanti guardano con scetticismo. «Ho una moglie e tre bimbi - spiega Ahmed Fiaz, pakistano, licenziato perché protesta - e non campo con 1300 euro. Per mantenermi devo fare lo straordinario ma loro dettano le regole e decidono se e quando devo lavorare, se e quanto mi devono pagare».

«Non siamo né ottimisti né pessimisti sull’incontro del 15, chiediamo agli altri sindacati di esser chiari e chiarezza vuole che solo la reintroduzione del contratto della logistica e un contatore delle ore di lavoro chiuderebbe la stagione dell’illegalità» conferma Toscano, che gestisce il presidio con cui si blocca la partenza dei furgoni delle consegne dal deposito di via Gattinella e ieri ha guidato il corteo dei manifestanti fino al tentativo di entrare nel negozio di via Confini. Sono volati schiaffi e spintoni, ma nessun ferito. «Normale azione di contenimento» hanno detto gli agenti.

La tensione è alta, ma quello di Mondo Convenienza non è il primo sciopero che si celebra in questo pezzo di Toscana dimenticata dalla crisi del capitalismo. A percorrere la pianura che corre tra Osmannoro e Prato, passando appunto per Campi Bisenzio, si ha la sensazione che la mano invisibile di Adam Smith abbia un po’ esagerato. Fabbriche e fabbrichette, i telescopi di Leonardo e il formicaio delle cineserie, carrozzieri e depositi di container arrugginiti. C’è persino un centro ottico che annuncia “prezzi mai visti”. Sulla Livornese che porta alle idrovore di Crucignano cipressi e ville medicee appaiono di rado, rimaste a ricordarci che non siamo a Sesto San Giovanni negli anni Settanta. «Oggi questo è il regno del lavoro povero - raccontava ieri Toscano ai giornalisti - che viene pagato sei euro e ottanta, quando viene pagato, che è costretto a lavorare a mani nude per dodici ore, senza potersi fermare, se non quando l’azienda decide che deve risparmiare».

I Cobas, si sa, le sparano grosse, ma intanto la procura della Repubblica di Bologna ha indagato i dirigenti di Mondo Convenienza per sfruttamento e un’altra inchiesta è in corso a Ivrea. «Questa società si comporta come vent’anni fa - è l’accusa di Toscano -, appaltando tutte le attività a società esterne che non applicano il contratto della logistica e si organizzano con il sistema del caporalato».

Mondo Convenienza rigetta tutte le accuse e si presenterà al tavolo nazionale confermando che imporrà ai propri fornitori il rispetto dell’accordo siglato tra le parti il 31 luglio. Prevede che si applichi un contratto ma non si dice quale. Un tempo per trasporti e montaggio valeva quello della logistica, ma la parte datoriale è poi passata al contratto multiservizi-pulizie per transitare infine alla deregulation dei regolamenti aziendali. Se si tornasse all’antico un facchino percepirebbe 1486 euro lordi al mese contro gli attuali 1180 e un autista passerebbe da 1300 a 1681.

A premere perché il lavoro resti povero, tuttavia, è anche il cliente povero: i prezzi bassi e i salari bassissimi sono al centro di una lotta di classe che si combatte dentro la classe povera e il cui esito non è affatto scontato. Il timore di chi sciopera è che il 15 settembre si applichi nuovamente un contratto low cost che costringerebbe i lavoratori ad accettare ogni condizione pur di rafforzare la busta paga.

In questi cento giorni tra via Gattinella e via dei Confini, si è visto di tutto. Cortei, manifestazioni, blocchi delle consegne, scontri verbali e non, scioperanti portati via di peso, tentativi di contro-manifestazione da parte delle cooperative appaltatrici, clienti spaesati, costole incrinate e braccia rotte. Accuse di tutti i tipi, ovviamente, dall’attività antisindacale al razzismo.

Per la società della famiglia Carosi parla il direttore di Corporate Services, Tina Tempesta, che rivendica la trasparenza del gruppo e ribalta sulla controparte le accuse di violenza, ma esprime anche la disponibilità ad «agevolare il dialogo fra gli appaltatori e i loro lavoratori nella ricerca di una soluzione condivisa». Cgil, Cisl e Uil cercheranno di ottenere anche un protocollo per gli appalti e condizioni di lavoro adeguate e in sicurezza. Meno scontato che siano accolte le altre richieste, a partire dall’applicazione del CCNL della Logistica. E questo è il punto di rottura con chi sciopera e urla «Niente diritti, niente consegna».

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