sabato 8 giugno 2024
Aumenti del 10% nei centri estivi privati secondo due indagini Adoc-Eures e Kruk Italia. Nelle grandi città si va dai 100 euro di Bari ai 218 di Milano
La proposta estiva degli oratori offre costi sostenibili per le famiglie

La proposta estiva degli oratori offre costi sostenibili per le famiglie - Agenzia Romano Siciliani

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Centri estivi costosi come una vacanza al mare o in montagna. I “tempi” della scuola e quelli del lavoro ormai da decenni si trovano disallineati e la fine delle attività scolastiche comporta per le famiglie un esborso consistente per le attività ludico e sportive dei propri figli. Se mantenere un figlio minorenne costa in media 645 ero al mese (in base ai dati di Bankitalia relativi a famiglie con due genitori e uno o più figli) la cifra è destina a crescere ulteriormente durante l’estate. Unico argine al caro-campus sono da sempre gli oratori estivi che partiranno la prossima settimana su tutto il territorio: si tratta di oltre 8200 realtà che ogni anno sono frequentate da due milioni di ragazzi e da 350mila ragazzi più grandi (e adulti) che si offrono come volontari. Una vera e propria “ancora di salvezza” per le famiglie con un prezzo che in una città come Milano, oscilla tra i 40 e i 60 euro a settimana. ​


Discorso completamente diverso quando si parla realtà private. A stimare i rincari un’indagine realizzata da Adoc ed Eures in cinque città: Milano, Bologna, Roma, Napoli e Bari. Si parla di un aumento medio del 10% rispetto allo scorso anno con un costo settimanale di 154 euro per il tempo pieno che scende a 85 euro per quello ridotto. Per otto settimane di iscrizione, da adesso sino alle ferie d’agosto, il costo lievita sino a 1200 euro. Le differenze sono significative a livello geografico: i centri estivi del Nord sono i più cari, 175 euro il costo medio che a Milano raggiunge i 218. Bari tra le grandi città è la più economica con una esborso di 100 euro. In mezzo si collocano Bologna con 148 euro, Roma con 137 e Napoli con 123, sempre per il tempo pieno. Il campus estivo spesso comprende il servizio di refezione (presente nel 75% dei casi), mentre la merenda è inclusa solo nel 44% dei casi. Un centro estivo su quattro offre un servizio di pre e post-campus che consente di allungare l’orario ma ha un costo aggiuntivo. Di famiglie abbandonate e della necessità di un intervento strutturale parla Anna Rea, presidente di Adoc. «Troppo elevati e spesso inaccessibili per la maggior parte dei genitori i costi dei i centri estivi. Tutto ciò è aggravato dal lungo periodo di chiusura delle scuole». Dalle elementari ai licei le scuole resteranno chiuse per oltre dodici settimane rispetto ad una media di sei-otto settimane in Germania, Francia e Regno Unito. Un problema che si ripropone ogni anno e che pesa sui nuclei più poveri, in particolare sui genitori immigrati che non possono ad esempio contare sull’aiuto dei nonni. Oltre al senso di abbandono avvertito dai genitori, a rischio sono l’apprendimento e le competenze acquisite durante l’anno dai bambini e dai ragazzi e l’amplificarsi delle disuguaglianze sociali. Non tutti, infatti, possono permettersi attività, campus sportivi o vacanze studio all’estero. I più fragili restano parcheggiati sul divano davanti a tablet e cellulari.

Ad indagare il fenomeno del caro campus anche Kruk Italia, società polacca quotata in Borsa esperta del debito, che ha sedi in sette Paesi, Italia compresa. La stima è di una spesa media di 200 euro a settimana per il 41% delle famiglie con il 31% che usufruirà dei centri estivi per tre o quattro settimane. Una quota neanche tanto ristretta (il 17%) spenderà più di mille euro nel corso dell’estate. Cifre consistenti se si considera che gli stipendi sono fermi da decenni. C’è da dire che, quando si parla dei propri figli, i genitori non guardano soltanto al “costo” che infatti è solo la terza voce nelle valutazioni di scelta (indicata dal 17% del campione). Al primo posto la varietà delle attività proposte, dallo sport alla cultura allo studio delle lingue (indicato dal 38% delle famiglie) al secondo la vicinanza al campo da casa (28%). Un tema molto sentito dalle famiglie: soltanto il 10% afferma infatti di non usufruire dei campi estivi e il 21% afferma che per le attività in città si arriva a pagare la stessa cifra che si spenderebbe in una località di vacanza, ma purtroppo dovendo lavorare, non è possibile. «Ogni anno questo periodo è un salasso per le famiglie con i bambini la spesa per le attività dedicate a loro nei mesi senza scuola incide notevolmente sul bilancio familiare» sottolinea Giusy Minutoli, regional manager di Kruk Italia. «Dalla nostra indagine abbiamo appreso che il 62% degli intervistati pianifica la spesa ma il 34% ha ammesso di non riuscire a rispettare il budget prefissato». C’è un altro punto su cui gli intervistati sono quasi completamente d’accordo: i rincari rispetto allo scorso anno, percepiti dal 59% del campione.

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