martedì 22 ottobre 2024
Secondo il World Economic Outlook del Fmi, l’economia mondiale salirà del 3,2% nel 2024 e 2025: «Elevato il livello di incertezza sulle prospettive, no a misure protezionistiche»
La direttrice del Fmi Kristalina Georgieva

La direttrice del Fmi Kristalina Georgieva - Ansa

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Dalla volatilità dei mercati ai fronti di guerra aperti, dalla guerra in Medio Oriente all’influenza delle elezioni sulle politiche commerciali degli Stati: «Il livello di incertezza che circonda le prospettive è elevato», è il monito che arriva dal “World Economic Outlook” diffuso a Washington dal Fondo monetario internazionale. Un documento che, per l’Italia, conferma la stima di una crescita allo 0,7% per quest’anno e che lima invece al ribasso dello 0,1%, scendendo allo 0,8% quella per il 2025 rispetto alle previsioni di luglio.

L’economia mondiale crescerà del 3,2% nel 2024 e nel 2025, mentre quella dell’eurozona di un modesto 0,8% quest’anno e dell’1,2% il prossimo. La «buona notizia è che sembra che la battaglia globale contro l’inflazione sia stata vinta, anche se la pressione sui prezzi persiste in alcuni Paesi», spiega il rapporto del Fmi, secondo cui l’economia è rimasta «resiliente durante il processo disinflazionistico. Il calo dell’inflazione senza una recessione globale è un grande risultato». Ciononostante, «i rischi al ribasso sono aumentati e ora dominano l’outlook». «Circa la metà della popolazione mondiale si è recata o si recherà alle urne nel 2024 e i nuovi governi eletti – si legge nel documento – potrebbero introdurre cambiamenti significativi nella politica commerciale e fiscale».

Inoltre, «il ritorno della volatilità dei mercati finanziari durante l’estate ha risvegliato vecchi timori su vulnerabilità nascoste», fattore che «ha accresciuto l’ansia circa il giusto orientamento della politica monetaria, soprattutto nei Paesi in cui l’inflazione è persistente e stanno emergendo segnali di rallentamento».

A questo, spiega il Fmi, si aggiunge l’eventualità di «un’ulteriore intensificazione delle fratture geopolitiche», che «potrebbe pesare sul commercio, sugli investimenti e sul libero flusso di idee», influendo di riflesso «sulla crescita a lungo termine, minacciare la resilienza delle catene di approvvigionamento e creare difficili compromessi per le banche centrali». Nei confronti di Usa e Cina il monito a risolvere le loro dispute commerciali: i dazi «dovrebbero essere evitati».

Nell’eurozona, molto male la Germania, per la quale è stimata una crescita zero (-0,2 punti percentuali rispetto a luglio). Per il 2025 il Fondo stima una crescita tedesca allo 0,8% (-0,5 punti percentuali). «Una persistente debolezza della manifattura pesa sulla crescita di Paesi come la Germania e l’Italia». Quest’ultima comunque – si spiega – dovrebbe beneficiare della domanda interna per il Pnrr. A livello globale, l’inflazione salirà del 5,3% nel 2024 e del 3,5% nel 2025.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, crescono tre volte più dell’area euro nel 2024: il pil statunitense è atteso in crescita del 2,8% quest’anno (+0,2 punti percentuali sulle previsioni di luglio). Le proiezioni stimano che la Fed deciderà altri due tagli dei tassi d'interesse quest'anno e proseguirà con ulteriori sforbiciate nel 2025.

Al ribasso le previsioni di crescita per la Cina, al 4,8%: per gli esperti di Washington, i recenti stimoli varati dal governo di Pechino possono stimolare la crescita solo «a corto raggio». Al rialzo la stima sulla crescita della Russia, prevista per il 2024 al 3,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto alle stime di luglio. Il prossimo anno il Pil russo crescerà invece dell’1,3%, ovvero 0,2 punti percentuali in meno in confronto alle precedenti stime.

Per quanto riguarda le banche centrali, per gli analisti del Fmi dovrebbero adottare comunicazioni chiare sul percorso della politica monetaria per ridurre l'incertezza. Nel caso la crescita economica dovesse proseguire e il raffreddamento dell'inflazione continuare, gli istituti centrali dovrebbero allentare gradualmente la politica monetaria verso una posizione più neutrale.

Molti Paesi di economie avanzate ed emergenti registrano livelli di debito sovrano superiori ai livelli pre-pandemia. Per questo, evidenzia il Fmi, «gli aggiustamenti fiscali dovrebbero concentrarsi principalmente sulla ricostruzione credibile di buffer per mantenere ragionevoli i costi di finanziamento e aiutare ad ancorare le aspettative di inflazione a medio termine».

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