martedì 30 luglio 2024
Molte aziende cinesi hanno lanciato sul mercato modelli in grado di rivaleggiare con i sistemi americani: il gap che si era creato nel 2022 con il lancio di OpenAI è stato colmato
Così la Cina sta insidiando il primato degli Usa sull’IA
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Quando OpenAI ha dato il via al boom dell’intelligenza artificiale alla fine del 2022 con il lancio del chatbot online ChatGPT, la Cina aveva fatto fatica a competere con le tecnologie di aziende americane come OpenAI e Google, invece, oggi il divario con gli Stati Uniti si sta colmando: alcuni segnali sono arrivati dalla World Artificial Intelligence Conference di Shanghai dopo la quale diverse aziende tecnologiche cinesi hanno presentato modelli di IA in grado di rivaleggiare con i sistemi americani e già disponibili per i consumatori e gli sviluppatori di software. Kuaishou ha rilasciato il suo generatore video, Kling, prima in Cina e poi per gli utenti di tutto il mondo. Poco prima dell’arrivo di Kling, anche 01.AI, una start-up co-fondata da Kai-Fu Lee, tecnologo che ha contribuito a costruire uffici cinesi per Google e per Microsoft, aveva rilasciato una tecnologia chatbot che ha ottenuto punteggi simili a quelli delle principali tecnologie americane. Anche la nuova tecnologia del gigante tecnologico cinese Alibaba è balzata in cima a una classifica che valuta i sistemi di intelligenza artificiale open source. «Abbiamo sfatato la credenza comune che la Cina non abbia il talento o la tecnologia per competere con gli Stati Uniti», ha affermato Kai-Fu Lee.

Se molte aziende americane sono preoccupate che le tecnologie IA possano accelerare la diffusione della disinformazione o causare altri gravi danni, al contrario le aziende cinesi sembrano più disposte a rilasciare le loro tecnologie ai consumatori o persino a condividere il codice software sottostante con altre aziende e sviluppatori di software. Questo tipo di condivisione del codice informatico, l’open source, permette ad altri di creare e distribuire più rapidamente i propri prodotti utilizzando le stesse tecnologie: alla base vi è l’idea che la tecnologia progredisca più velocemente quando il suo codice informatico è liberamente disponibile affinché chiunque possa esaminarlo, utilizzarlo e migliorarlo. Come in altri Paesi, anche in Cina è presente un acceso dibattito sull’accessibilità a chiunque degli ultimi progressi tecnologici sull’IA. E non tutti sono d’accordo con la logica open source, ad esempio, Robin Li, l’amministratore delegato di Baidu, una delle poche aziende in Cina che ha costruito la propria tecnologia IA interamente da zero, è convinto che la tecnologia sia più redditizia e sicura nelle mani di pochi eletti.

Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, a livello legislativo si ragiona su come limitare il progresso delle tecnologie open source che hanno contribuito ad alimentare l’ascesa di sistemi simili in Cina: la Casa Bianca, intanto, ha voluto istituire un embargo commerciale progettato per impedire alle aziende cinesi di utilizzare le versioni più potenti dei chip per computer, essenziali per la creazione di intelligenza artificiale. Nonostante le restrizioni, specialisti ed esperti del settore tecnologico cinese non solo credono che la tecnologia open source possa aiutarli a crescere, ma sono anche convinti che se i regolatori statunitensi soffocassero il progresso dei progetti open source americani (cosa sui cui i legislatori stanno discutendo, ndr), la Cina ne otterrebbe un significativo vantaggio e gli sviluppatori statunitensi potrebbero paradossalmente finire a costruire i loro sistemi IA basandosi sulle tecnologie cinesi open source e accessibili a tutti.


Il Partito comunista già esercita revisioni e verifiche su dati e questioni “sensibili”
I cinesi puntano sulla logica open source, che rende accessibili i software. Gli Stati Uniti sono contrari, ma rischiano di sviluppare i loro sistemi basandosi sulla tecnologia di Pechino

È indubbio che i sistemi di intelligenza artificiale richiedano risorse enormi: talento, dati e potenza di calcolo. Ma per le aziende tecnologiche cinesi c’è un ostacolo in più da affrontare per lo sviluppo di modelli IA: si tratta del rigido regime di censura di Pechino, che si estende anche alle tecnologie di intelligenza artificiale generativa.

Due decenni dopo aver introdotto un grande firewall per bloccare i siti web stranieri e altre informazioni ritenute dannose dal partito comunista al potere, la Cina sta replicando, mettendo in atto il regime normativo più severo al mondo per disciplinare l’intelligenza artificiale e i contenuti da essa generati. La Cyberspace Administration of China (CAC), un potente ente di controllo di Internet, ha costretto grandi aziende tecnologiche e start-up di IA, tra cui ByteDance, Alibaba, Moonshot e 01.AI, a sottoporre i loro modelli di intelligenza artificiale a una revisione governativa obbligatoria. Il processo prevede la verifica delle risposte dei modelli di intelligenza artificiale, gli LLM, a una serie di domande, molte delle quali sono legate alla sensibilità politica della Cina e del suo presidente Xi Jinping. Il lavoro è svolto dai funzionari delle sezioni locali del CAC in tutto il Paese e comprende anche una revisione dei dati di addestramento del modello e di altri processi di sicurezza.

Nelle linee guida operative della Cina per le aziende di intelligenza artificiale pubblicate a febbraio si legge che i gruppi di intelligenza artificiale devono raccogliere migliaia di parole chiave e domande sensibili che violano i «valori socialisti fondamentali», come «incitare la sovversione del potere statale» o «minare l'unità nazionale». Le domande su argomenti sensibili come cosa è successo il 4 giugno 1989, la data del massacro di piazza Tienanmen, o se Xi assomiglia a Winnie the Pooh, un meme che circola molto in Rete, vengono rifiutate dalla maggior parte dei chatbot cinesi. Il chatbot Ernie di Baidu dice agli utenti di «provare una domanda diversa», mentre Tongyi Qianwen di Alibaba risponde: «Non ho ancora imparato a rispondere a questa domanda. Continuerò a studiare per servirvi meglio».


3%
è la percentuale di unicorni mondiali dell’IA che proviene dall’Unione Europea

38mila
i brevetti basati sull’IA, depositati in Cina contro i 6.276 depositati dagli Usa

1.500
i miliardi di dollari che il mercato globale dell’IA raggiungerà entro il 2030

A livello governativo, infine, Pechino ha già lanciato un chatbot di intelligenza artificiale basato sulla documentazione ufficiale fornita dalla Cyberspace Administration of China, arrivando a un nuovo large language model che racchiude il «Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» e più in generale tutta la filosofia politica del presidente cinese.

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