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L'ultima "sorpresa" amara arriva per la gran massa dei lavoratori rimasti, dopo la chiusura delle fabbriche il 21 marzo, senza lavoro e in attesa di un sussidio: i pagamenti degli ammortizzatori sociali (Cig e cassa in deroga) non potranno arrivare il 15 aprile, le banche non sono pronte per anticipare il pagamento della cassa integrazione rispetto alla procedura ordinaria. A sostenerlo è un sondaggio svolto tra quasi 4.500 consulenti del lavoro: loro convinzione è che i soldi nei conti correnti degli interessati arriveranno non prima di maggio.
È solo l'ultimo anello del cammino frastagliato degli aiuti economici decisi dal governo. La cronaca di più di un mese (dai primi strumenti annunciati l'11 marzo) senza denaro "fresco" per tanti, troppi italiani. L'emergenza è concreta. Le norme sono state varate, forse anche troppe in una girandola di Dpcm, decreti-legge, ordinanze e regolamenti. I fondi, tecnicamente, sono stati stanziati. A mancare all'appello, alla fine, sono soltanto loro: i soldi, l'argent, per i diretti interessati. Il "rubinetto" dell'erogazione è rimasto chiuso. E lo sarà almeno fino al 20 aprile, anche per il "famoso" bonus di 600 euro per i lavoratori autonomi che, salvo sprint dell'ultim'ora, non riuscirà a rispettare la scadenza del 15 indicata da Giuseppe Conte. Il premier ieri sera si è detto «dispiaciuto» per questi ritardi. Malgrado la gran mole di lavoro soprattutto dell'Inps che, se non altro, è riuscito a pagare la Cassa ordinaria per circa 1,8 milioni d'italiani. E l'assegno del Fondo di integrazione salariale è arrivato a 747mila persone.
L'intreccio della Cig in deroga. Il vero scoglio è sulla cassa integrazione in deroga, prevista per ora per 9 settimane, che dovrebbe riguardare la gran massa dei circa 5,6 milioni di dipendenti oggi "fermi". Qui la difficoltà è doppia: in primo luogo c'è un iter reso più farraginoso dalla burocrazia, con una triangolazione fra Inps, aziende e Regioni che devono mandare prima all'istituto le liste dei beneficiari. Non tutte lo hanno fatto, tanto che qualcuna - come il Veneto - si sta attrezzando, siglando un accordo con le banche locali per un pagamento immediato. Proprio l'Abi (l'associazione bancaria) ha stipulato con il governo una convenzione nazionale per anticipare agli interessati un massimo di 1.400 euro netti (700 per due mensilità) e ieri ha fatto sapere che sta lavorando sul collegamento diretto dei sistemi informatici fra istituti di credito e Inps. Ma difficilmente i soldi arriveranno prima del 20 aprile. I consulenti segnalano inoltre il limite prodotto dal non aver previsto un codice unico "Covid-19" per la Cig, che avrebbe semplificato di molto.
Autonomi, la lunga attesa del bonus. Anche i 600 euro di marzo, che dovrebbero salire poi a 800, interessano oltre 5 milioni d'italiani (a ieri all'Inps sono arrivati quasi 4 milioni di domande): è il popolo delle partite Iva, oltre a stagionali del turismo e addetti dello spettacolo. Ma pure qui bisogna attendere ancora. In più, l'altroieri si è aggiunta la beffa: qualcuno che lo attendeva non lo avrà. Il testo finale del "decreto imprese" ha cambiato i criteri: possono accedervi solo i professionisti che svolgono un'attività "esclusiva", chi versa contributi anche all'Inps o ha una pensione è tagliato fuori e dovrà puntare al "reddito di ultima istanza", che è ancor più in alto mare (manca il decreto attuativo). E dire che, a esempio, l'Enpam (medici e dentisti) ha reso noto di aver bloccato in corsa 25.262 assegni, già pronti.
Anche per baby-sitter soldi in arrivo a metà maggio. Nè va meglio per i buoni, sempre da 600 euro, destinati (a determinate condizioni) alle famiglie con figli che hanno uno o entrambi i genitori a lavoro, fuori o in casa. Le domande giunte all'Inps dal 1° aprile sono a quota 43.608, ma i richiedenti dovranno tener conto che i soldi saranno caricati sul borsellino virtuale del proprio "libretto famiglia" solo il 15 maggio.
Alla fine, quindi, a dare un esito immediato sono soprattutto i 400 milioni stanziati il 28 marzo per l'emergenza alimentare, per i quali - non a caso - il governo si è affidato a una procedura a parte, assegnandoli alla Protezione civile: sono già arrivati ai Comuni che, in molti casi, li hanno già tradotti in buoni-spesa finiti nelle tasche dei cittadini. E poi c'è la gran partita dei miliardi per la liquidità alle imprese, oggetto dell'ultimo decreto: ma pure qui ci vorranno almeno 2-3 settimane perché un'azienda possa accedere al prestito bancario. Nella migliore delle ipotesi. Senza contare un'altra beffa: è confermato che la garanzia al 100%, senza valutazione, è solo per i prestiti più piccoli, fino a 25mila euro, ma il testo precisa che non si può chiedere più del 25% dei ricavi. Quindi, chi ha ricavi sotto i 100mila euro riceverà, ma in proporzione di meno.