Continua la difficoltà a trovare manodopera - Archivio
Confartigianato lancia un "sos assunzioni" - secondo un rapporto presentato dalla Confederazione di artigiani e piccole imprese (elaborazione dell'Ufficio studi su dati Unioncamere-Anpal) - da cui emerge che «per le imprese italiane è sempre più difficile trovare manodopera. Nell'ultimo anno la quota di lavoratori introvabili sul totale delle assunzioni previste è passata dal 40,3% di luglio 2022 al 47,9% di luglio 2023». È «allarme» per «un fenomeno diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali alle attività digitali e hi tech», una «emergenza in crescita ovunque: nell'ultimo anno la quota di lavoratori difficili da trovare è salita di 9,1 punti nel Mezzogiorno, 6,9 punti nel Centro, 7,4 punti nel Nord Ovest, 6,5 punti nel Nord Est». Il maggior numero di «lavoratori introvabili», per le imprese che cercano manodopera da assumere, è in Trentino-Alto Adige «con il 61,6% del personale di difficile reperimento». È nel Lazio la percentuale più bassa: il 40,8%. La scarsità di manodopera è una emergenza «in crescita ovunque», con i maggiori aumenti (a luglio, rispetto al luglio del 2022) in Abruzzo (+11,5%), in Calabria (+10,9%), in Liguria (+10,8%), in Puglia (+10,5%. Dal rapporto di Confartigianato emerge inoltre che, tra le cause di difficile reperimento, per il 32,4% dei lavoratori è dovuto alla mancanza di candidati ed il 10,8% all'inadeguata preparazione dei candidati. Per questo, le piccole imprese reagiscono intensificando le collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, l'utilizzo di stage, tirocini, percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento. Inoltre, all'aumento delle retribuzioni, affiancano l'offerta di pacchetti di welfare aziendale, flessibilità dell'orario di lavoro, l'utilizzo dello smart working, interventi per migliorare il clima aziendale e il comfort dei luoghi di lavoro. «La carenza di manodopera - spiega il presidente di Confartigianato Marco Granelli - è diventato uno dei maggiori problemi per le nostre imprese. Siamo al paradosso: il lavoro c'è, mancano i lavoratori. E, nel frattempo, 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma, non cerca occupazione. Di questo passo, ci giochiamo il futuro del made in Italy. Ecco perchè il dibattito su salario minimo e lavoro povero deve allargarsi ad affrontare con urgenza il vero problema del Paese: la creazione di lavoro di qualità. Serve un'operazione di politica economica e culturale che avvicini la scuola al mondo del lavoro, per formare i giovani con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli Istituti professionali e gli Istituti tecnici, investa sulle competenze a cominciare da quelle digitali e punti sull'alternanza scuola lavoro e sull'apprendistato duale e professionalizzante. Bisogna insegnare ai giovani che nell'impresa ci sono opportunità, adeguatamente retribuite, per realizzare il proprio talento, le proprie ambizioni, per costruirsi il futuro».