IMAGOECONOMICA
Le imprese italiane si sono dimostrate resilienti agli choc provocati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, grazie a un sistema produttivo che si è rafforzato dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 e quella del debito del 2012 e che può contare su un 37% di imprese italiane in salute. Al tempo stesso se la Banca centrale europea non dovesse rivedere la sua stringente politica monetaria, abbassando i tassi, nei prossimi mesi l’Italia vedrebbe quasi un quarto delle proprie imprese a rischio. Sono alcune delle indicazioni dell’Istat contenute nel suo rapporto sulla competitività dei settori produttivi: nello specifico, un esercizio di simulazione ha rilevato a seguito del rialzo dei tassi d’interesse nel 2022-2023 che il 24,7% delle imprese considerate in salute o fragili potrebbe divenire a rischio o fortemente a rischio, soprattutto nel settore terziario. Già nel 2022 quasi il 20% presentava una struttura patrimoniale non sostenibile.
IL RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEI SETTORI PRODUTTIVI
A chiudere sono state finora soprattutto le piccole imprese. Tra il 2019 e il 2022 nell’industria è diminuito il numero di unità (-7mila con almeno un dipendente), ma sono aumentati gli addetti (circa +78mila unità, +2,0%) e il valore aggiunto (+19,8%); al netto del forte incremento dei prezzi, emerge un processo di ricomposizione delle risorse a favore di unità di dimensioni più grandi e più produttive. Il ruolo di traino delle imprese di media e grande dimensione emerge anche nella creazione di occupazione: a queste classi si deve il 66,4% dei circa 660mila addetti aggiuntivi del periodo considerato (41,5 nelle Costruzioni, 14,6% nell’Industria 6,7% nei servizi di mercato, 3,6% in quelli alla persona).
Lo scenario economico internazionale ha fatto sì che il 2023 continuasse a essere caratterizzato da una forte incertezza, alimentata da tensioni geopolitiche e dagli effetti restrittivi della politica monetaria. Questo ha provocato un rallentamento della crescita globale più evidente in Europa: in particolare è stata la recessione in Germania, da cui il nostro Paese ha sempre avuto una forte dipendenza economica almeno fino al 2020, a condizionare pesantemente la competitività italiana. Secondo il modello macroeconomico dell’Istat, nel 2023 la decelerazione del commercio mondiale avrebbe ridotto di 3,7 punti percentuali la crescita delle esportazioni di beni italiani in volume, di 1,5 punti quella delle importazioni e di 0,8 punti quella del Pil. E gli effetti imputabili alla sola recessione tedesca sarebbero pari a 1 punto di export, 0,3 punti di import e 0,2 punti di Pil.
Gli effetti della contrazione della domanda tedesca hanno impattato sulle manifatture italiane con una contrazione di 1,4 miliardi di euro del valore aggiunto, ma hanno investito anche le imprese medie nei settori della chimica e della farmaceutica, oltre alle multinazionali a controllo italiano nel comparto degli apparecchi elettrici. Del resto, come viene mostrato nei dati dell’Istat, nel 2023 la Germania rappresentava il principale mercato di destinazione per le quantità esportate di questi settori.
Più nel dettaglio il fatturato dell’industria nel 2023, nonostante la forte spinta dal lato dei prezzi, ha registrato in media d’anno un decremento in valore (-1%), di fatto registrando una crescita nulla; non è andata bene nemmeno per le industrie manifatturiere, il cui fatturato è diminuito lo scorso anno dell’1% in valore e del 2,5% in volume, con un’evidente eterogeneità settoriale: forti incrementi in valore per i settori di mobili e altri mezzi di trasporto (rispettivamente +19,1 e +16,8%) con variazioni più ampie sul mercato interno rispetto a quello estero. Brusche flessioni per i prodotti in metallo (-17,4%), la chimica (-16,5%), la farmaceutica (-14,7%) e la Carta (-14,8%). Per il settore degli autoveicoli e della gomma e della plastica la performance sui mercati internazionali è stata migliore di quella interna (rispettivamente +8,0 contro -0,6% e +8,1 contro +5,7%). A essere cresciuto, invece, nel 2023 è stato il terziario: l’indice del fatturato (+3,9%) è aumentato in tutti i settori, con dinamiche diverse: in rallentamento nei servizi legati al turismo (+14,2% per Alloggio e ristorazione, +3,3% per Agenzie viaggio, stabile nelle attività professionali (+6,0%), più debole per Commercio all’ingrosso (+3,3%, nonostante il +22,4% del commercio di autoveicoli) e Trasporto e magazzinaggio (+1,0%).