Più investimenti delle aziende in intelligenza artificiale - Archivio
Le imprese italiane aumentano il loro valore e i loro dipendenti, ma diminuiscono di numero. Inoltre restano saldamente in mano alle famiglie proprietarie e puntano a maggiori investimenti nei prossimi tre anni nell'intelligenza artificiale. In termini assoluti, in Europa il nostro Paese ha un numero di imprese inferiore solo alla Francia. Considerando solo quelle con almeno dieci dipendenti, ovvero escludendo le micro, il nostro Paese è invece secondo solo alla Germania, che registra però una percentuale di pmi sul totale molto superiore a quella italiana. Questo è in linea con gli addetti per impresa: l'Italia ha una media per impresa di 3,9 addetti, contro quella dell'Ue a 5,1 e della Germania a 12,1. La buona notizia è che l'occupazione cresce ancora e a ottobre mette a segno un nuovo record storico: 23,7 milioni di lavoratori. Con un tasso di occupazione che sale al 61,8%. Si contano 27mila occupati in più rispetto al mese precedente e 458mila in più rispetto a ottobre 2022. L'aumento è legato ancora ai dipendenti stabili (+77mila sul mese e +455mila sull'anno), mentre calano i dipendenti a termine (-20mila e -64mila) e in parte gli autonomi. Allo stesso tempo sale anche il tasso di disoccupazione al 7,8%, quello giovanile al 24,7%. Ma diminuiscono gli inattivi, ovvero coloro che non hanno e non cercano un posto. Rientrando nel mercato del lavoro, contribuiscono ad allargare le fila di chi punta a trovare un impiego. Mentre tra il 2018 e il 2021 le imprese italiane sono diminuite dell'1,2% (-12mila), sono aumentati del 3,8% gli addetti (+480 mila) e dell'11,6% il valore aggiunto. È quanto emerge dalla seconda edizione della Rilevazione multiscopo, che è parte del censimento permanente delle imprese dell'Istat. In questi tre anni sono diminuite le imprese di piccole dimensioni, l'aumento del numero degli addetti è invece dovuto alle assunzioni fatte dalle imprese medio grandi. Rispetto al 2011, le imprese con tre e più addetti diminuiscono del 2,5% a fronte di un aumento del 5,1% del personale. Il numero delle microimprese (con 3-9 addetti) e della relativa occupazione, sono in diminuzione. Nel 2011 le microimprese pesavano sul totale per il 79,9% e in termini occupazionali del 30,5%, nel 2018 si scende, rispettivamente, al 79,5% e al 29,5% e nel 2021 al 78,9% e al 28,1%. Le piccole imprese (con 10-49 addetti) registrano un leggero aumento (+3mila unità in valore assoluto tra il 2011 e il 2021), ma diminuisce il loro peso occupazionale (26,4% nel 2011; 26,1% nel 2018; 25,7% nel 2021). Contestualmente, aumenta il peso occupazionale delle imprese di medie (50-249 addetti) e grandi dimensioni (con 250 e più addetti). Nel 2022 si conferma tra le imprese italiane la forte presenza di unità controllate da una persona fisica o una famiglia (più di 820mila unità), ovvero l'80,9% del totale delle imprese con almeno 3 addetti (nel 2018 era il 75,2%). Il fenomeno è particolarmente diffuso tra le microimprese (83,3% dei casi) e meno frequente tra le piccole (74,5%), le medie (58,8%) e ancor meno tra le grandi unità (41,6%). La gestione dell'impresa è affidata nella maggior parte dei casi all'imprenditore stesso o a un membro della famiglia proprietaria tuttavia si ricorre a un manager interno o esterno all'impresa soprattutto nelle imprese di medie (10,4% delle unità considerate) e grandi dimensioni (21,3%). Infine, sembra arrestarsi il fenomeno della terziarizzazione che nel 2018 erano per la stragrande maggioranza (70, 4%) imprese di servizi (compreso il commercio), nel 2021 la percentuale è scesa a 69,6. Invece le imprese che operano nell'industria sono aumentate dell'1,3% e del 5,5% in termini di addetti. Tale dinamica è attribuibile principalmente al comparto delle costruzioni, che grazie al superbonus, tra il 2018 e il 2021 ha visto una crescita importante del numero di unità (+10,2% a fronte del -3,8% registrato dall'industria in senso stretto) e dei relativi occupati (+18,8% rispetto al +2,4% dell'industria in senso stretto), arrivando a rappresentare il 12,0% delle imprese e il 7,8% degli addetti. Le imprese con meno di 250 dipendenti sono la quasi totalità delle aziende italiane e gli occupati nelle pmi, comprese le micro, sono circa il 76,5% del totale e assicurano quasi il 65% del valore aggiunto al costo dei fattori (64,4%). Sono alcuni dei principali dati emersi dal Forum della piccola industria di Confindustria. Anche all'interno di Confindustria le micro, piccole e medie imprese sono la maggioranza delle imprese associate, ma la loro dimensione media è maggiore rispetto a quella italiana, poiché in termini relativi ci sono meno micro e più piccole e medie imprese rispetto alla media nazionale. Dal 2012, nel 2021 il numero delle imprese è leggermente cresciuto, evidenziano i dati del Forum. Considerando le Pmi, spiccano le performance delle medie imprese (+13,5% dal 2012) e delle piccole imprese (+5,0), a fronte di un aumento totale nel numero delle imprese del +2%. Considerando la sola manifattura, sono però in terreno positivo solo le medie imprese. Positivo invece l'andamento del fatturato e del valore aggiunto prodotto: sia le piccole sia le medie imprese hanno saputo migliorare le proprie performance, registrando un andamento positivo anche superiore a quello delle grandi.
Gli investimenti nei prossimi tre anni
Le imprese italiane puntano a maggiori investimenti nei prossimi tre anni. In particolare si attrezzano per cogliere le opportunità dell'Ia-Intelligenza artificiale: oltre il 40% aumenterà gli investimenti e la maggioranza (59%) già oggi utilizza soluzioni di intelligenza artificiale. Sono alcune delle evidenze di una ricerca di Deloitte. Tra le soluzioni più utilizzate dalle imprese ci sono quelle per l'automazione, l'ottimizzazione e la gestione di processi (38%), l'analisi dei dati (16%), l'analisi e la gestione dei rischi (15%). Meno frequenti l'uso di chatbot (13%), l'impiego per la formazione dei dipendenti (8%) e per la produzione di testo o immagini (3%). Solo nel 41% dei casi le aziende non hanno mai fatto alcun utilizzo di applicazioni di Ia. Quanto agli investimenti futuri, i principali settori sono efficientamento del data management, sviluppo prodotti e servizi e dei sistemi software. Il 45% delle aziende si aspetta dall'Ia una maggiore efficienza e produttività, il 40% pensa a una riduzione dei costi dell'azienda. Le barriere che ne ostacolano l'implementazione sono la mancanza di conoscenze e competenze tecniche (40%), l'incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%) e la carenza di risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%. A ogni modo, mentre il 35% è già pronta alla implementazione dell'AI, il 53% guarda al medio periodo, confidando nella riduzione dei costi di questa tecnologia, che oggi risultano ancora proibitivi per la maggioranza (66%) delle imprese italiane. In termini di sostenibilità ambientale, le aziende dimostrano maggiore interesse per le soluzioni che riguardano efficienza energetica (70%), riduzione dell'inquinamento (57%), economia circolare (41%) e prevenzione delle calamità naturali tramite strumenti predittivi (22%). Per il 20% l'Ia potrebbe servire allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, l'8% ne sottolinea il potenziale nella protezione della biodiversità. Nonostante le numerose incertezze che ancora riguardano gli sviluppi dell'Ia e la sua regolamentazione, oltre il 40% delle aziende italiane dichiara che aumenterà gli investimenti nei prossimi tre anni, puntando sull'efficientamento del data management (49%), dello sviluppo prodotti e servizi (45%) e dei sistemi software (41%). Un 10% degli investimenti, invece, potrebbe servire per adeguare il capitale umano, mentre il 5% potrebbe portare a operazione di M&A quali acquisizioni, joint-venture, partnership e alleanze strategiche. Quali sono i benefici che le aziende puntano a ottenere con l'Ia? Il 45% si aspetta una maggiore efficienza e produttività, mentre il 40% pensa a una riduzione dei costi dell'azienda. Quote inferiori ma significative puntano all'abilitazione dei nuovi modelli di business (23%) e alla capacità di guadagnare reattività rispetto ai cambiamenti esterni (20%), nonché maggiore controllo ed efficacia nel controllo dei rischi (20%). Tra le aree aziendali che potrebbero ricavare il maggiore valore aggiunto ci sono le operations (49%), l'amministrazione e il controllo di gestione (34%), le infrastrutture e sistemi It (30%), il settore sales (17%) e il comparto R&D e innovazione (13%). Secondo le imprese intervistate, le barriere che ostacolano l'implementazione aziendale di tecnologie sono la mancanza di conoscenze e competenze tecniche (40%), l'incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%) e la carenza di adeguate risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%. Altri ostacoli che vengono segnalati dalle aziende sono la difficoltà nella raccolta e gestione dei dati (27%) e il grado di maturità del mercato/settore di riferimento (17%).